JFS: THE MAGIC HOUR 11/2/2020

 

PROMOZIONE JFS: ingresso 3 euro

 

The Magic Hour  ザ・マジックアワー

(Giappone, 2008)
Regia: Mitani Kōki
Cast: Tsumabuki Satoshi, Satō Kōichi, Fukatsu Eri, Nishida Toshiyuki
Durata: 136 minuti

Lingua giapponese con sottotitoli professionali in italiano Takamori.

 

Protagonisti sono Bingo, uno scagnozzo del boss, e Murata, attore sfortunato senza successo. Bingo e la donna del boss, Mari, vengono beccati in un momento di intimità e per loro pare essere giunta la fine. Con un ultimo azzardo, Bingo si offre di portare al boss il leggendario killer Togashi Della di cui nessuno conosce la vera indentità, Bingo compreso. Da qui la brillante idea di ingaggiare Murata, a cui far impersonare il killer per salvarsi la pelle. Ma ci saranno degli imprevisti…

 

Dove: Cinema Rialto, Via Rialto, 19, 40126 Bologna
Quando: ore 21:00

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Number Girl

I Number Girl sono una band formata nell’estate del 1995 a Fukuoka dal cantante e chitarrista Shutoku Mukai, a cui si sono uniti Hisako Tabuchi alla chitarra, Kentarō Nakao al basso e Ahito Inazawa alla batteria. Nel 1997 uscì il primo album School Girl Bye Bye, a cui un anno dopo seguì lo spostamento a Tokyo e vari concerti soprattutto nell’area di Shimokitazawa, quartiere famoso per i live club e la musica dal vivo.

Nel 1999 vi è il passaggio ad un’etichetta discografica maggiore, la Toshiba EMI, con il loro secondo album School Girl Distortional Addict, che rappresenterà la loro affermazione nel panorama dell’indie rock nazionale. Il sound di questo album, caratterizzato da un post-hardcore/noise rock che deve molto a gruppi come i Pixies e gli Hüsker Dü (così come si può evincere dal titolo della canzone Pixie Du), diventerà una pietra miliare del rock giapponese. L’album riesce a cogliere perfettamente l’atmosfera di fine secolo e tradurla in un’alternanza di noise rock e sonorità più melodiche ben studiata, risultato soprattutto della versatilità di Tabuchi alla chitarra e la voce cruda e grezza di Mukai. La vera evoluzione rispetto all’album precedente è la capacità di non adattarsi ad uno stile ma creare un suono proprio, con chiari echi non solo di band occidentali ma anche giapponesi di quel periodo, come Eastern Youth e Bloodthirsty Butchers, declinando il tutto in un album dal suono grezzo, dal ritmo veloce, con continui cambi di tempo e power chords. Anche i testi di Mukai, che spesso esprimono il disagio giovanile in uno stile unico, hanno contribuito al successo della band. Nel primo singolo estratto dall’album dal titolo 透明少女 (Tōmei Shōjo), il protagonista osserva la città che, colpita dai raggi del sole estivo, sembra quasi impazzire nella propria immaginazione, dove il paesaggio e i ricordi si accavallano dando all’ascoltatore un particolare senso di straniamento.

Gli anni successivi vedranno la collaborazione con il produttore discografico statunitense Dave Fridmann, conosciuto per il suo lavoro con gruppi importanti, tra cui The Flaming Lips. Costui sarà importante nella crescita artistica della band poiché la porterà a sperimentare elementi diversi all’interno dei loro album. Questo processo risulta evidente nell’ultimo album Num Heavymetallic, dove si nota un importante cambiamento nelle atmosfere sempre più dominate da una fusione del’indie rock con elementi discordanti provenienti dalla cultura giapponese classica. Vi è anche l’utilizzo di diversi effetti tra cui il delay e diversi stili di cantato, come si può notare nella canzone Num-Ami-Dabutz dove vi è l’utilizzo di un cantato sostenuto, quasi rappato. Quest’album può essere considerato un’anticipazione dei successivi lavori di Mukai dopo lo scioglimento dei Number Girl, che avverrà nel 2002 dopo l’abbandono della band da parte del bassista Nakao. L’ultimo concerto, tenutosi a Sapporo il 30 Novembre, è stato leggendario, con un esibizione finale di Omoide in my head rimasta nel cuore di tutti i fan. I membri della band prenderanno strade diverse ma resteranno sempre importanti nel panorama del rock underground giapponese. Mukai continuerà le sue sperimentazioni fondando i Zazen Boys, invece Tabuchi enterà a far parte dei Bloodthirsty Butchers. Come sottolineato dal giornalista esperto in musica giapponese Ian Martin nel suo libro “Quit your band!”, i Number Girl non sono stati la band con il successo maggiore a livello di pubblico, però la loro influenza si è propagata in tutto l’ambiente indie rock dell’epoca. Tra le band influenzate, le più famose sono probabilmente gli Asian Kung Fu Generation ed i ART SCHOOL.

Nel febbraio 2019 la band ha annunciato la propria presenza al Rising Sun Rock Festival in Hokkaido dopo 17 anni di inattività. La prima data del tour, in realtà, è stata il 18 agosto all’Hibiya Park di Tokyo. Successivamente, è stato annunciato un nuovo tour in tutto il Giappone in questo inverno.

ー recensione di Simone Lolli

 


Guarda anche:

A Long Goodbye ー Nakano Ryōta

長いお別れ

A Long Goodbye

(Giappone, 2019)

Regia: Nakano Ryōta

Cast: Aoi Yū, Takeuchi Yūko, Matsubara Chieko, Yamazaki Tsutomu

Genere: family, drammatico, medical

Durata: 127 minuti

A Long Goodbye (長いお別れ) esce nelle sale giapponesi il 31 maggio 2019 e viene diretto dal noto Nakano Ryōta, regista delle pellicole Capturing Dad e Her Love Boils Bathwater.  Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Nakajima Kyōko, il quale si aggiudica il prestigioso premio letterario Chūōkōron (中央公論文芸賞) e il premio Iryōshōsetsu (日本医療小説大賞), specializzato in medical fiction.

La trama

La storia raccontata è quella della famiglia Higashi: i coniugi Shōhei e Yōko vivono da soli a Shizuoka, mentre le figlie ormai adulte conducono le proprie vite. In occasione del settantesimo compleanno del capofamiglia, le due sorelle vengono invitate dalla madre a far visita ai genitori, e qui scoprono il reale motivo della chiamata. Infatti, da almeno sei mesi il padre comincia a mostrare i primi segni di demenza, che poi si rivelerà essere un vero e proprio principio di Alzheimer. Da qui la tacita richiesta della madre di starle accanto durante un momento così difficile, e le conseguenti scelte delle due figlie, che andranno a incidere sulla loro vita privata. Se la maggiore, Mari, fatica a essere presente a causa del marito e del figlio Takashi, con i quali vive in America, la giovane Fumi cerca di conciliare il sogno di lavorare nella ristorazione a Tokyo con questo nuovo aspetto della sua vita. La famiglia Higashi riscoprirà giorno dopo giorno un uomo nuovo: non più l’austero preside scolastico, non più il padre severo, non più il marito coraggioso. Al suo posto, troveranno un uomo che tenta di esprimersi diversamente e che, nei suoi frequenti silenzi, riuscirà a comunicare come non aveva mai fatto prima. Attraverso i suoi ricordi più dolci, la famiglia cercherà di costruirne di nuovi, rendendo questo “lungo addio“, l’occasione per riunirsi e fortificare i legami più importanti.

L’Alzheimer attraverso gli occhi di un maestro

Higashi Shōhei, noto preside e insegnante di scuola, comincia ad avvertire i primi segnali dell’Alzheimer all’età di settant’anni. Sebbene inizialmente si manifesti con difficoltà di orientamento e leggeri vuoti di memoria, l’uomo vedrà presto scomparire anche le identità delle persone a lui più care. Eppure, nonostante non riconosca quasi più i membri della sua famiglia, il suo amore per la cultura sembra accompagnarlo fino ai suoi ultimi istanti. Per tutta la durata del film lo vediamo leggere vari volumi – un libro fra tutti, Kokoro di Natsume Sōseki – e fare esercizi di scrittura di kanji molto complessi. Da questa sua caratteristica, il nipote Takashi comincerà a chiamarlo “kanji master”, provando una grandissima ammirazione nei confronti del nonno.

Shōhei ci fa quindi capire che la passione può talvolta superare la malattia, facendo sì che la demenza non impedisca di compiere azioni come leggere, scrivere, suonare uno strumento. Allo stesso modo, l’uomo non dimentica l’amore che prova verso la moglie e le figlie, e ne diventa “maestro”. Per la prima volta riesce ad aiutarle nel momento del bisogno e prova emozioni nuove, quali gratitudine, orgoglio e commozione.

Super-aging: l’invecchiamento nella società giapponese

Dal 2006 il Giappone è al primo posto fra le super-aging societies, ovvero gli stati in cui la popolazione “anziana” è molto alta rispetto a quella dei giovani. In particolare, in una decina di anni il Giappone ha portato la popolazione sopra i 65 anni a oltre un quarto di quella totale, con la previsione che entro il 2050 possa raggiungere un terzo – ricordiamo che l’Italia è in seconda posizione con più di un quinto. In una situazione del genere, l’invecchiamento della popolazione è diventato un argomento molto discusso in Giappone, rendendo molto più frequenti anche gli accenni alle varie forme di demenza che ne conseguono.

Tuttavia, se è vero che per il 2025 la demenza colpirà un anziano su cinque, il Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare sta mettendo in atto piani specializzati per la normalizzazione della malattia. L’obiettivo è infatti quello di creare delle comunità in cui le persone possano vivere insieme e non sentirsi escluse dalla società. Qui possono essere seguite anche nello sviluppo della demenza, cercando di utilizzare esercizi e attività che aiutino i pazienti al recupero della memoria. Dato per certo che attualmente non ci sia una vera e propria cura per questa malattia, è rilevante l’impatto che un trattamento del genere possa avere su un anziano con demenza. L’amore familiare, il continuo allenamento della memoria e un ambiente del tutto inclusivo, possono ridare dignità a chi pensava di averla perduta per sempre.

Nonostante il romanzo trattasse di un padre con l’Alzheimer, mi ha fatto ridere e dato conforto.

Il film che volevo realizzare doveva essere esattamente così.

Nakano Ryōta

A Long Goodbye è un film dolce e malinconico, e ci mette di fronte alla paura di perdere una persona cara. Attraverso le piccole azioni quotidiane della famiglia Higashi, partiremo per un viaggio alla riscoperta dei ricordi più profondi, delle parole mai dette e delle emozioni più intime. Aggrappatevi alla giostra!

 

ー recensione di Laura Arca


Guarda anche:

Il rovescio del broccato

Autore: Tanishi Kingyo, Santō Kyōden, Umebori Kokuga

Titolo: Il rovescio del broccato

Editore: Atmosphere libri

Traduzione: Cristian Pallone

Edizione: 2019

Pagine: 273

Atmosphere propone in traduzione italiana quattro racconti ambientati nel quartiere di piacere di Yoshiwara, nell’antica Edo (attuale Tokyo) verso la fine del XVIII secolo. La diffusione dei quartieri di piacere risale al 1617 sotto lo shogunato Tokugawa. Erano presenti in tutto il Giappone ma, con la crescente importanza della capitale Edo, molti tenutari di case private decisero di spostarvi la loro attività. Venne loro data una porzione di terreno e, così, nacque il quartiere di Yoshiwara. Vi erano vari livelli di cortigiane, il primo era rappresentato dalle oiran. Vi erano anche le geisha, per cui è più corretta la definizione di intrattrenitrici. Esse infatti non si prostituivano: quella che le identifica con prostitute è una visione occidentale nata verso la fine del XIX secolo dovuta ad una generalizzazione compiuta dai viaggiatori che definivano con questo termine le donne dedite ad ogni forma di intrattenimento, senza differenziare.

Edo umare uwaki no kabayaki (1785) di Santō Kyōden

Quando si parla delle opere del Gesaku, è molto interessante notare come difficilmente si tratti di letteratura come noi la intendiamo: il testo veniva prodotto in xilografia e la parte visiva era particolarmente importante. La collaborazione tra scrittore e disegnatore era fondamentale ed alcuni scrittori, tra cui lo stesso Santō Kyōden, creavano le illustrazioni delle proprie opere.  In queste si racconta di un mondo elegante, dove citazioni colte e un aspetto nobile sono necessarie per entrare nelle grazie di una cortigiana, dominato da regole di etichetta e, in fin dei conti, dal denaro. Questo molte volte muove la narrazione: clienti poveri innamorati delle cortigiane che provano in ogni modo a ritornare dall’amata, oppure storie di amori impossibili che, il più delle volte, si risolvono in un doppio suicidio, leitmotiv della letteratura giapponese. Sovente è presente anche l’elemento sovrannaturale che si presenta sottoforma di fantasmi e maledizioni. Questo ci dice molto sul bagaglio culturale degli autori di queste storie: molti di questi sono infatti uomini estremamente colti e fanno un uso sapiente di elementi lontani da una semplice storia di intrattenimento.

L’autore della prima storia, Tanishi Kingyo, era un medico. Lo stesso Santō Kyōden, autore importante e molto noto nell’Edo dell’epoca, non era soltanto dedito alla scrittura e all’illustrazione dei suoi libri: era anche un poeta molto attivo nei circoli degli intellettuali del periodo, definiti bunjin, ovvero “uomini di lettere”. Queste erano opere scritte per il divertimento proprio e dei chōnin, gli abitanti della città. In quanto divertissement, non era ben vista nella società questa attività di scrittori e molti, tra cui gli autori già citati, si firmavano con pseudonimi. Era anche molto attiva la censura nei confronti di queste opere: lo stesso Santō Kyōden vi incapperà proprio con il racconto Il rovescio del broccato. Quest’opera è ambientata nel quartiere di piacere di giorno, e rappresenta quello stesso mondo capovolto. La storia dei due amanti fa solo da cornice al vero protagonista: il quartiere di Yoshiwara, in questo caso mostrato nella sua nudità e nel momento in cui, solitamente, è spento. La sua capacità di intrecciare elementi del racconto licenzioso, come la parodia dei classici e la satira sociale, ad una trama sentimentale, lo rende un autore importante nel panorama della Edo dell’epoca. Questo cambiamento è presente anche nell’ultima storia qui proposta, Un bivio lungo la strada verso la conquista della cortigiana scritto da Umebori Kokuga. Questo denota la nascita di una nuova sensibilità all’alba del XIX secolo in Giappone, così come l’obsolescenza in cui era incappato il racconto licenzioso e la necessità, in qualche modo, di reinventarsi.

 

– di Simone Lolli


Guarda anche:

JFS: STILL THE WATER 21/1/2020

 

PROMOZIONE JFS: ingresso 3 euro

Still the Water ・2つ目の窓

(Giappone, 2014)
Regia: Kawase Naomi
Cast: Watanabe Makiko, Sakaki Hideo, Murakami Jun
Durata: 110 minuti

Lingua giapponese con sottotitoli professionali in italiano Takamori.

Ad Amami Ōshima, isola del Giappone subtropicale, le tradizioni collegate alla natura sono rimaste inalterate e come ogni anno nel mese di agosto si celebrano le danze della luna piena. Durante i festeggiamenti, il quattordicenne Kaito scopre un cadavere che galleggia in mare. La fidanzata Kyōko tenterà di aiutarlo a svelare cosa vi sia dietro al misterioso e macabro ritrovamento e i due impareranno insieme a crescere, sperimentando i cicli intrecciati di vita, morte e amore.

 

Dove: Cinema Rialto, Via Rialto, 19, 40126 Bologna
Quando: ore 21:00

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