Akushon! – I registi di JFS: Miike Takashi parte 2

Ben ritrovati con il consueto appuntamento con Akushon, la rubrica dei registi di JFS! Riprendiamo il filo parlando di 4 pellicole della variegata produzione di… Miike Takashi!

In Big Bang Love, Juvenile A, opera del 2006, si mette in luce la capacità di Miike di costruire il set cinematografico e di renderlo iconico. Il giallo e il nero dominano, la prigione in cui si svolge la trama è scarna, dura e rude come chi tra quelle sbarre è condannato a risiedervi per un tempo indefinito. Per motivi diversi giungono in quel luogo due giovani, Jun e Shiro, accomunati dall’accusa di omicidio. I due instaureranno un legame stretto e ambiguo, che li renderà apparentemente distanti ma inseparabili nel difficile ambiente del carcere. Nel racconto di Miike lo spazio e il tempo corrono intrecciati, confondendosi, ripetendosi, in una circolarità esasperata che porta lo spettatore nel mondo interiore dei personaggi. Esso infatti assume concrete immagini esteriori: navicelle spaziali, piramidi e arcobaleni, che tratteggiano le tensioni, le aspirazioni e i destini dei due protagonisti. 

Nonostante il periodo di splendore dello “spaghetti western” sia ormai terminato, Miike realizza un film che è sostanzialmente un tributo a Sergio Leone con una fortissima impronta autoriale: Sukiyaki Western Django. La storia che racconta è un forte richiamo a Per un pugno di dollari del regista italiano e a Yojinbo di Akira Kurosawa: uno straniero, interpretato da Hideaki Itō, arriva nelle terre del west e si ritrova nel bel mezzo di uno scontro tra due famiglie che si contendono un tesoro probabilmente sepolto nel villaggio. Le due famiglie sono però il clan Heike e il clan Genji, si viene quindi a creare una sorta di seguito della rinomata guerra Genpei del tardo periodo Heian, sebbene in stile western. Il fatto che il film sia recitato in inglese mette poi in evidenza come il regista riesca a spaziare e mescolare i generi con cui è cresciuto, con un risultato veramente particolare. 

Samurai, clan nobiliari, seppuku. In altre parole, passato: con esso si confronta Miike nel film Ichimei, ripresa del passato storico e cinematografico giapponese. Difatti, il film si rifà ad una pellicola del 1962 di Kobayashi Masaki che trattava il medesimo intreccio: il rōnin Hanshiro, un samurai decaduto, vuole commettere il suicidio rituale, come vuole la rigida tradizione del bushidō. Interpella per questo gli esponenti del casato nobiliare degli Iyi, affinché, secondo il rituale del codice samuraico, possa compiere il gesto estremo nel giardino della loro dimora. Similmente, con alcune variazioni sul tema, si snoda la trama del remake di Miike: si aggiungono un’attenzione quasi maniacale alla fotografia; l’egregia interpretazione di Ichikawa Ebizō, attore di kabuki che impersona il protagonista; e la vividezza delle musiche del compositore Sakamoto Ryūichi. Il risultato è un film dove il melodramma raggiunge notevoli picchi di umanità, conservando il messaggio sociale e politico sull’anacronismo del codice samuraico che il predecessore Kobayashi aveva ben impresso alla sua opera.

Tra film d’autore e western, il cineasta ci propone anche As the Gods will, che è l’adattamento cinematografico dell’omonimo manga scritto e illustrato dalla coppia Fujimura – Kaneshiro. Miike, con la peculiare esagerazione della violenza tipica del suo stile, mette su pellicola la storia di Shun Takahata, interpretato da Sōta Fukushi, studente delle superiori che vorrebbe una vita alla larga dalla noia, la quale invece lo travolge nella monotonia della quotidianità. Un giorno Shun verrà accontentato in una maniera molto particolare, ritrovandosi in un gioco mortale architettato da una divinità sconosciuta con altri studenti, che da ora in poi verranno considerati “神の子” (kami no ko), ovvero figli di dio. Il povero Shun sarà costretto a veder morire molti suoi compagni e cercherà di sfuggire alla sua stessa morte, pagando però un prezzo molto alto. 

Qui vi abbiamo presentato alcuni lungometraggi di Miike Takashi, ma la sua carriera cinematografica composta da più di 100 opere è molto più vasta e varia, difficilmente riassumibile in una manciata di film. Per guardare il nostro video cliccate qui. Vi invitiamo quindi ad approfondire la produzione di questo regista a tutto tondo, inoltre potete continuare a seguirci qui su YouTube e sui nostri profili social per approfondire la carriera di molti altri registi giapponesi!
Alla prossima!

Yoshino’s Barber Shop (2004)

L’insostenibile fardello della tradizione – Yoshino’s Barber Shop

Nella campagna giapponese, la tradizione è ancora fortemente radicata. Un ragazzino venuto dalla città riuscirà tuttavia a scuotere la torpida realtà del villaggio, disegnando nuovi equilibri.

(Japan, 2004)

Titolo: Yoshino’s Barber Shop

Titolo originale: バーバー吉野

Regista: Ogigami Naoko

Uscita al cinema: 10 aprile 2004

Durata: 96 Min.

Dalle prime immagini del film ci ritroviamo immersi nel Giappone rurale, quello di un piccolo villaggio che risponde al nome di Kaminoe. In questo luogo le tradizioni sono sacre e la cittadina trae linfa vitale per la propria identità da esse: il Giorno della Montagna è una di queste celebrazioni in cui la popolazione riunita prega la divinità che abita le alture limitrofe. Questa tradizione ha tuttavia bisogno di un guardiano, impersonato da Yoshiko, l’acconciatrice del luogo, alle cui forbici nessun maschio si può sottrarre. Difatti, l’altra grande tradizione in paese riguarda un certo taglio di capelli: a scodella, omologante, ridicolo. D’altronde, pare che questo stesso stile affondi le proprie radici nel mito locale, ove una perfida figura del folklore, il tengu dal naso rosso e dalle fattezze di metà uomo e metà volatile, minaccia i maschi stessi del villaggio, che possono confonderlo unicamente assumendo lo stesso taglio di capelli. Yoshiko, madre di due ragazzini del villaggio, è fiera conservatrice di questi usi e si batte strenuamente perché vengano rispettati.

Il presupposto equilibrio di questo luogo si rompe quando giunge in città un ragazzino, coetaneo dei suoi figli, dalla lontana capitale. La metropoli è un luogo distante, fisicamente e mentalmente, e ciò è dimostrato dall’atteggiamento del nuovo arrivato Yosuke, a cui stanno senza dubbio stretti i costumi locali. Il suo taglio di capelli assurge a simbolo di ribellione, di anticonformismo, persino di un’altra realtà possibile oltre all’unica nota agli abitanti, in particolari a quelli piccoli: pur faticando a trovarsi degli amici, egli mostrerà loro ciò che esiste al di fuori della tradizione, dalle capigliature in controtendenza alle riviste pornografiche. I coetanei-amici che lo seguono sono in cerca di una loro identità, che non sia stata confezionata su misura per loro da qualcun altro (o da qualcosa d’altro, come la tradizione) e trovano in lui una sorta di pragmatica guida per rompere con le abitudini del luogo.

Lo scontro tra vecchie e nuove ideologie raggiunge un’acme che, come spesso la narrazione vuole, delinea un nuovo, differente equilibrio. In esso, non necessariamente le une prevalgono sulle altre o viceversa, ma si comprende invece come le nuove generazioni possano convivere con un piede dentro e uno fuori dal solco della tradizione.

 

—- recensione di Antongiorgio Tognoli

Studiare giapponese all’estero: un’esperienza positiva ad ogni età

Che cosa spinge uno studente a partire per andare alla scoperta delle lingue del mondo? Magari è proprio una ricerca di libertà: per trovarla è necessario evadere dalla confort zone delle proprie abitudini e introdursi in altre culture, e per farlo bisogna conoscere la lingua parlata da chi quelle culture le ha create e vissute.

È ben difficile, in geografia come in morale, capire il mondo senza uscire di casa propria. (Voltaire)

Una vacanza da turista non è abbastanza. Prendere i mezzi pubblici, andare al supermercato o comunicare con la famiglia ospitante sono azioni che mettono alla prova e danno la sensazione di vivere come una persona del luogo, al contrario di quando si è un semplice turista. Ci vuole sicuramente coraggio e non è sempre facile partire. Le abitudini, gli impegni, la mancanza di tempo, le aspettative o l’impossibilità di lasciare tutto per mesi possono sembrare ostacoli insuperabili, ma non è necessario partire per periodi lunghissimi. Anche un paio di settimane sono sufficienti per immergersi in un nuovo mondo. È inoltre bene sapere che la vacanza studio è un’esperienza utile e possibile ad ogni età, basta essere maggiorenni. Andare a vivere in un nuovo Paese significa mettere in pratica lo scopo più importante per cui si è intrapreso il percorso di apprendimento di una lingua: comunicare.

Oltre l’est l’alba, oltre l’ovest il mare, e tra l’est e l’ovest la sete del viaggiatore che non mi dà pace. (Gerald Gould)

L’associazione che ti porta in Giappone

Ochacaffè è un’associazione di amicizia tra Italia e Giappone che ogni anno porta moltissimi studenti in Giappone. Le vacanze studio sono organizzate in collaborazione con l’istituto linguistico Il Mulino. Sia Il Mulino che la sede italiana di Ochacaffè si trovano vicino a Padova: presso l’istituto Il Mulino si svolgono corsi di moltissime lingue, tra cui ovviamente i corsi di giapponese. Sono già numerosi gli studenti di lingua giapponese che sono partiti per una vacanza studio nelle scuole partner di Ochacaffè a Tokyo, Kyoto e altre città.

Se sei appassionato del Giappone e della sua lingua non farti mancare questa esperienza unica. Lo staff di Ochacaffè ha visitato personalmente le scuole partner, per assicurarsi che ai propri studenti venga offerto il meglio a livello di didattica ma anche come esperienze extra (gite ed eventi culturali sono organizzati spessissimo durante la permanenza, soprattutto nel periodo estivo).  Nel sito di Ochacaffè si possono trovare tutte le informazioni che servono.

L’offerta di vacanza studio in Giappone con Ochacaffè comprende:

  • Una prima presentazione gratuita e senza impegno presso la nostra sede;
  • Supporto nell’iscrizione e nella compilazione dei documenti per il visto (nel caso di soggiorni superiori a 90 giorni);
  • Aiuto ed agevolazioni prima e dopo la partenza.
  • Traduzioni di tutti i documenti necessari

Il tutto gratuitamente, senza alcun costo aggiuntivo rispetto a quanto paghereste iscrivendovi direttamente alla scuola giapponese.

Per l’iscrizione al corso in una scuola giapponese il prezzo è infatti quello ufficiale della scuola, come da loro sito, senza costi extra.

Per maggiori informazioni inviare una e-mail a: ochacaffe@yahoo.it o visitare il loro sito http://www.cultura-giapponese.it

Akushon! – I registi di JFS: Miike Takashi

Siamo di nuovo qui per raccontarvi le opere dei registi di Akushon, una rubrica di JFS! Oggi parliamo di Miike Takashi!

Miike nasce in un’area difficile di Ōsaka, la zona di Yao, all’inizio degli anni Sessanta. La famiglia è di origine nikkei, ovvero le due generazioni che l’hanno preceduto, nonno e padre, hanno vissuto l’uno in Cina e l’altro in Corea, per poi tornare in patria. La passione di gioventù è la moto e per breve tempo Miike accarezza il sogno di poter correre professionalmente. Poi a 18 anni decide di recarsi a Yokohama, per studiare alla Film School fondata dal noto Imamura Shōhei, di cui sarà poi anche assistente alla regia. Nonostante il regista affermi di non aver frequentato a lungo i corsi della scuola, si diploma presso di essa e comincia così la sua brillante ed eccentrica carriera.

Miike Takashi, come alcuni suoi colleghi della nuova scuola del cinema giapponese, inizia la sua carriera nell’ambito del V-Cinema, ovvero con la produzione di lungometraggi in video destinati ad un pubblico casalingo e non alle sale. Esordirà sul grande schermo nel 1995 con Shinjuku Triad Society, avendo però già realizzato 12 opere per il piccolo schermo. Nella sua carriera possiamo contare più di 100 lungometraggi di grande varietà, che spaziano da adattamenti di manga fino a vere e proprie opere di genere.
Tra le tantissime pellicole realizzate possiamo citare Ichimei (2011), una storia di onore, vendetta e disgrazia che coinvolge un samurai decaduto e il destino del suo figliastro, oppure Sukiyaki western Django (2007), un eccentrico omaggio agli spaghetti western in stile Miike.
Gira inoltre Big bang Love (2006), che da centralità alla fotografia e ai suoni tramite la storia di due carcerati in un futuro sconosciuto, e As the Gods Will (2014), vincitore dell’Academy giapponese del 2015.

La peculiarità del regista è l’eccesso che conduce i fili della sua poliedrica carriera. Infatti, Miike non si è mai limitato ad un solo genere, ma ha realizzato nella sua carriera lungometraggi che tra loro sono del tutto slegati, se non per la sua capacità registica che lo vedrà emergere come uno dei principali cineasti giapponesi moderni, oltre che dei migliori registi contemporanei agli occhi, ad esempio, di Quentin Tarantino.

Potete guardare il nostro video qui! E se volete approfondire meglio temi e opere di Miike Takashi, ci vediamo mercoledì prossimo con un nuovo video! Intanto, seguiteci sui nostri canali social. A presto!

Yorushika – Makeinuni encore wa iranai (2018)

Yorushika (ヨルシカ) è un un gruppo musicale giapponese nato nell’aprile 2017 composto dal chitarrista, dal compositoren-buna e dalla cantante Suis. Fin da subito hanno creato scalpore in Giappone, comparendo spesso tra i migliori nuovi 5 artisti del paese. Il loro genere è il pop-rock e fino ad oggi hanno pubblicato 3 album e 2 mini-album:

-Natsuzuka ya jama o suru, 2017 (Mini LP)

-Makeinuni encore wa iranai, 2018 (Mini LP)

-Dakara boku wa ongaku o yameta, 2019

-Elma, 2019

-Tōsaku, 2020

Oggi parleremo del Mini LP intitolato Makeinuni encore wa iranai (負け犬にアンコールはいらない), rilasciato il 5 maggio 2018. L’album rimane coerente con il loro genere musicale principale: il pop-rock. Sei delle nove tracce presenti sono molto vivaci e ascoltandole è facile riuscire a ricrearle come immagini nella nostra mente. Le altre tre tracce, invece, sono brevi pezzi strumentali della durata di circa un minuto e le possiamo trovare all’inizio, in mezzo e in chiusura dell’album.

Titolo: Makeeinuni encore wa iranai (負け犬にアンコールはいらない

Anno di rilascio: 2018
Tracce: 9
Durata: 28 min. 45 sec.

Tracklist:

  1. Past Life (前世)
  2. A Loser Doesn’t Need an Encore (負け犬にアンコールはいらない)
  3. Compulsive Bomber (爆弾魔)
  4. Hitchcock (ヒッチコック)
  5. Falling (落下)
  6. Semi-Transparent Boy (準透明少年)
  7. Just a Sunny Day for You (ただ君に晴れ)
  8. Hibernation (冬眠)
  9. Summer, Bus Stop, Waiting for You (夏、バス停、君を待つ)

 

Come già accennato, l’album si apre con una traccia strumentale: Past Life (前世), la quale è molto delicata e mette l’ascoltatore a proprio agio. Dopodichè si salta subito in delle tracce pop-rock particolari e suggestive, infatti in A Loser Doesn’t Need an Encore (負け犬にアンコールはいらない), la seconda traccia, si sentono dei versi di animali che ricreano un’atmosfera unica. Tuttavia, ad affascinare l’ascoltatore è anche la voce molto fine e calmante di Suis, la cantante, la quale emerge particolarmente nel brano Hitchcock (ヒッチコック).

 

—- recensione di Marta Bonfiglio