28 Luglio 2021 | Film e Serie TV
Il film che vi presentiamo oggi è Gohatto, un film del 1999 diretto da Ōshima Nagisa e tratto dai racconti di Shiba Ryōtarō.
Il film è ambientato nella Kyōto del bakumatsu, nel 1865, gli ultimi giorni del dominio samuraico. Minacciati da nuovi stili di combattimento e dell’apertura ai paesi europei, gli uomini della Shinsegumi, una milizia di samurai scelti dallo shōgun, stilano una serie di regole da rispettare in maniera ferrea, punendo anche con la morte eventuali violazioni.
A dare inizio alle vicende è l’arruolamento di Sōzaburō Kanō, figlio di un ricco mercante intenzionato a intraprendere, però, la carriera militare. È un guerriero molto capace ma il suo aspetto attrarrà molti membri del gruppo, studenti e superiori, creando tensioni fra gli uomini che inizieranno a gareggiare per avere le sue attenzioni
Il film fu presentato in concorso al 53° Festival di Cannes. Fra i vari premi ricordiamo quelli per miglior film e miglior regista ai Blue Ribbon Awards e agli Hochi Film Awards.
Il film ritrae la crisi del sistema shogunale al termine dell’epoca Edo e con esso anche del codice di valori che i samurai si erano imposti portando allo sgretolamento della società Tokugawa e all’apertura al mondo oltreoceano.
Se anche voi volete sapere cosa accadrà all’interno della shisengumi vi invitiamo a guardare il nostro video cliccando qui.
25 Luglio 2021 | Film e Serie TV
Titolo originale: 湯を沸かすほどの熱い愛
Anno d’uscita: 2016
Regia: Nakano Ryōta
Cast: Miyazawa Rie, Sugisaki Hana, Odagiri Joe
Genere: drammatico
Durata: 125 minuti
Her Love Boils Bathwater è un film del 2016 diretto da Nakano Ryōta. La pellicola è stata selezionata per essere presentata alla 90ª edizione degli Academy Awards, concorrendo per il premio al Miglior Film Internazionale, senza poi ricevere la nomina.
La storia segue la vicenda di Futaba che, insieme alla figlia Azumi, vengono abbandonate dal marito, Kazuhiro. La depressione e il disorientamento in seguito alla separazione la portano a chiudere l’impresa di famiglia, un bagno pubblico.
Passa un anno, alla donna viene diagnosticato un cancro in fase avanzata, per cui le rimangono soltanto pochi mesi di vita. Invece di cadere in una spirale depressiva, Futaba decide di usare il poco tempo che le resta al massimo delle sue possibilità. Ritrova Kazuhiro, a sua volta rimasto solo con una bambina di nove anni, Ayuko, da accudire, e insieme riaprono il bagno di famiglia. Allo stesso tempo, la donna deve far fronte alle difficoltà di Azumi nel farsi valere a scuola, dove è vittima dello scherno dei suoi compagni, e rivelarle la verità su sua madre.
Nel corso del film, la protagonista incontra vari personaggi, tra cui Takimoto, un investigatore privato rimasto vedovo insieme alla figlia Mayu, e Takumi, un giovane figlio di un ricco imprenditore e insoddisfatto della propria vita, alla ricerca di un obiettivo da raggiungere. Futaba riesce a comprendere i bisogni e le sofferenze di chiunque lei incontri, e da buona madre se ne prende cura con amorevolezza.
Her Love Boils Bathwater è una meravigliosa storia d’amore materno, in cui i rapporti si intrecciano attorno alla figura di Futaba, che riesce a colmare quel vuoto d’affetto che tutti i personaggi, in un modo o nell’altro, sembrano condividere. Dal non essere madre di nessuno, a sua volta abbandonata dalla sua stessa madre, diventa madre di tutti, figura in grado di accendere il fuoco della passione nelle persone. Nonostante la morte appaia come tema centrale nell’opera, continuamente reiterato dall’aggravarsi delle condizioni di Futaba, il film si presenta come un inno alla vita, in grado di lasciare una traccia indelebile nella memoria dello spettatore.
Le straordinarie performance di Miyazawa Rie e Sugisaki Hana nei ruoli di madre e figlia hanno vinto il premio come Miglior Attrice e Miglior Attrice non Protagonista, al 40° Japan Academy Prize, al 26° Japanese Movie Critics Awards e al 59° Blue Ribbon Awards.
—recensione di Matteo Aliffi.
21 Luglio 2021 | Registi
Siamo di nuovo qui per parlarvi dei film di Kurosawa Kiyoshi con la nostra rubrica Akushon, i registi di JFS! Partiamo da un classico della cinematografia di questo autore: Tokyo Sonata!
Fin dai primi minuti del film, il regista ci mostra che in questa storia non c’è spazio per la spensieratezza, perché si comprende subito come la famiglia Sasaki, dopo il licenziamento del padre Ryuhei dalla sua azienda, sia destinata a sprofondare in un limbo. Una impasse quasi autoimposta, che deriva anche dalle presunte dinamiche familiari imposte dalla società, e che mette in moto un lento processo di degrado degli eventi che riguarderà tutti e quattro i componenti. L’opera sottolinea per tutta la sua durata come l’ipocrisia dei due genitori e i loro comportamenti quasi folli portino i figli ad allontanarsi sempre di più dalla figura genitoriale, generando situazioni crude e spiacevoli. Anche grazie alla particolare attenzione alla fotografia e alla regia, Kurosawa fa sorgere sin dal principio una domanda in chi guarda: come farà la famiglia Sasaki ad uscire da questo ciclo di emozioni distruttive e ipocrisia?
Nel 2015, Kurosawa gira il film drammatico Kishibe no tabi, noto con il titolo di Journey to the shore. Nonostante la fama acquisita come regista horror, il regista si mette qui alla prova nel genere drammatico, portando in scena la storia di una coppia particolare costituita da una giovane insegnante di pianoforte, Mizuki, e dal marito defunto, il dentista Yusuke. I due viaggiano attraverso luoghi significativi della vita di lui, posti che l’hanno ospitato nei periodi precedenti la sua morte, regalando agli sposi una seconda, inusuale luna di miele. I protagonisti incontrano nel percorso una serie di personaggi: un indefesso venditore di giornali, una coppia che gestisce un ristorante di gyoza, un anziano contadino e la sua giovane nuora. Queste persone hanno aiutato Yusuke in vita e ora si mostrano ai protagonisti nei loro lati più intimi, le cui ferite derivano da un passato carico di sensi di colpa e del rimpianto nei confronti dei propri cari. Si crea in tutte queste storie, incastonate nella narrazione principale, un peculiare dialogo tra vita e morte, colpa e catarsi, distacco e unione, che descrivono con grazia il rapporto che la cultura giapponese dei vivi nutre con l’aldilà e i suoi abitanti.
E’ il 2016 l’anno in cui Kurosawa torna a cimentarsi nel ramo di cui è uno dei cardini: il J-horror. La storia ruota attorno alla nuova vita della coppia protagonista, il detective e professore di criminologia Koichi Takakura e la moglie Yasuko. Dopo l’incidente avvenuto in commissariato durante un interrogatorio, Koichi decide di portare il suo bagaglio criminologico nelle aule universitarie, anche per ritrovare una dimensione di vita più tranquilla con la consorte. I due traslocano in una nuova zona della città, tuttavia l’accoglienza dei vicini delle case accanto non risulta calorosa né gradevole. La tensione tende a nascondersi all’occhio dello spettatore per gran parte del film e riemerge prepotentemente solo nelle scene finali, contribuendo così a una lenta e progressiva costruzione dell’atmosfera, abilità di cui Kurosawa è maestro. Nonostante la direzione dell’intreccio narrativo sia intuibile già nella prima metà dell’opera, la capacità registica, la fotografia e l’attenzione maniacale ai dettagli più “inquietanti” rendono godibili le due ore abbondanti di film, senza intaccarne la tenace presa sull’attenzione degli spettatori. Concludiamo con due parole su Supai no tsuma.
Ci troviamo nel Giappone degli anni ‘40 e Yusaku è il direttore di una azienda di commercio internazionale che si diletta nel registrare piccoli cortometraggi con la moglie Satoko, la vera protagonista di questa storia. Dopo un viaggio di lavoro in Manciuria, Yusaku scopre un terribile crimine perpetrato dalla sua nazione e cercherà insieme alla moglie di svelarne le trame per incastrare il suo stesso paese. Kurosawa però non tratta l’opera esclusivamente come film di guerra o di resistenza, ma con grande delicatezza accompagna lo spettatore in situazioni di tradimenti e separazioni, mostrando così uno squarcio originale di quella che poteva essere la vita di un cosmopolita in quegli anni. Anche in questo caso però, il regista non si esime dal narrare le crudeltà vissute in quel periodo storico, rendendo in tal modo questo film un’opera polivalente.
Con questo terminiamo il nostro breve viaggio tra le opere di Kurosawa Kiyoshi. Vi aspettiamo al prossimo appuntamento per conoscere nuovi autori del panorama del cinema giapponese, nel frattempo, seguiteci sui nostri profili social! Potete guardare il nostro video cliccando qui. A presto!
18 Luglio 2021 | Musica
BAND-MAID è una rock band femminile giapponese formatasi a Tokyo, Giappone, nel 2013. La band intreccia il tipico sound rock ‘n’ roll con uno stile del tutto personale che richiama all’immagine dei maid café. Caratteristica fondamentale di un maid café è la maid, una ragazza in un particolare divisa da cameriera, riccamente decorata con pizzi e un grembiule. Ognuna delle ragazze del gruppo, infatti, si esibisce indossando un abito molto simile, ma pur sempre adattato in modo particolare in base alla personalità o ai gusti dei membri del gruppo.
L’idea di base viene dalla fondatrice del gruppo, Miku Kobato, che negli anni precedenti aveva lavorato come cameriera in un maid café a Akihabara.
L’apparenza docile e sottomessa delle ragazze è voluta per fornire un contrasto alla loro musica aggressiva e pungente, grazie anche alla voce delle due cantanti, scelte per la loro ampia varietà vocale.
Le influenze più evidenti sono sicuramente quelle delle star internazionali pilastri e fondatori del rock ‘n’ roll degli anni ‘70- ‘80, tra i quali ricordiamo Carlos Santana, Jimi Hendrix, i Deep Purple, gli Smashing Pumpkins e molti altri ancora.
Attualmente, i membri della band sono 5:
•Miku Kobato (小鳩 ミク), voce e chitarrista
•Kanami Tōno (遠乃 歌波) – chitarra
•Akane Hirose (廣瀬 茜) – batteria
•Misa – basso
•Saiki Atsumi (厚見 彩姫) – cantante principale
Titolo dell’album: World Domination
Data di pubblicazione: 14 Febbraio 2018
Numero dell’album: 5º
Durata: 53:56
Tracce: 14
Track list:
1. I can’t live without you
2. Play
3. One and only
4. Domination
5. Fate
6. Spirit!!
7. Rock in me
8. Clang
9. Turn me on
10. Carry on living
11. Daydreaming
12. Anemone
13. Alive-or-dead
14. Dice
L’album più conosciuto ed apprezzato dai fan delle BAND-MAID è certamente World Domination, nonché anche trampolino di lancio per il successo della band. Se nei primi album il sound della band si rifaceva molto ad influenze del passato, in questo l’atmosfera cambia notevolmente, lasciando i fan stupiti e increduli delle grandi capacità del gruppo. Importante è sicuramente lo sforzo impiegato da ogni membro del gruppo. In primo luogo abbiamo le chitarre elettriche, che attraverso un riff lesto ma allo stesso tempo delicato, riescono a creare un’emozione indescrivibile alla audience a cui le canzoni sono rivolte; in secondo luogo, anche le due voci portanti della band migliorano notevolmente, permettendo alle ragazze di cantare con una voce limpida ma allo stesso tempo molto potente.
—recensione di Cecilia Varisco
14 Luglio 2021 | Registi
Benvenuti al nuovo appuntamento di Akushon, la rubrica dei registi di JFS! Dopo una pausa un po’ più lunga del solito, riprendiamo il filo del discorso raccontandovi qualcosa di… Kurosawa Kiyoshi!
Kurosawa nasce nel 1955 in una delle metropoli pulsanti dello Honshū, la città di Kôbe. Durante gli studi di sociologia alla Rykkyo University di Tokyo si interessa al cinema, anche grazie al contatto col rinomato critico Shigehiko Hasumi. Qui, lavora ad alcuni cortometraggi che lo porteranno alle prime importanti vittorie di premi di caratura nazionale, come il Pia Film Festival. Procede poi nel settore come assistente e aiuto regista di lungometraggi, da Kandagawa Wars del 1983, ascrivibile al genere erotico pinku tipico di quegli anni, a vari V-films e opere del sottogenere yakuza eiga.
In seguito, sul principio degli anni ’90, nonostante la ormai decennale carriera da regista professionista, si reca negli Stati Uniti per studiare film-making, con una borsa del Sundance Institute che ha vinto grazie a una sceneggiatura originale da lui scritta. Il suo trampolino artistico giunge tuttavia nel ’97, con la firma del lungometraggio The Cure, che lo consacra come uno dei maggiori rappresentanti del j-horror. A questo seguiranno altri titoli di altalenante successo, che comunque mostrano la sua indubbia capacità di rinnovamento artistico e la versatilità della sua cinepresa.
La carriera di Kurosawa Kiyoshi inizia con una serie di cortometraggi autoprodotti per mettere in pratica le nozioni apprese durante gli studi per poi, analogamente a Miike Takashi, spostarsi nel mondo del V-cinema. Con il suo primo lungometraggio Shigarami Gakuen del 1981 inizierà una lunga filmografia composta da più di 40 opere di cui sarà regista. Durante il suo percorso artistico, il regista non si limiterà a spaziare tra pink films, horror, thriller e drama ma svolgerà una vera e propria indagine stilistica e tecnica sulla propria visione registica. Tra le sue numerose opere si possono menzionare ad esempio Tokyo Sonata, film del 2008 che vanta ben 10 premi tra i quali “Un certain regard” a Cannes e Journey to the shore, pellicola drammatica che narra la storia di un’insegnante vedova e del viaggio col fantasma del suo defunto marito.
Gira inoltre Supai no Tsuma (2020), vincitore del premio golden star del Festival El Gouna e Creepy (2016), un thriller-poliziesco sul caso di una famiglia vittima di un crimine inspiegabile.
Se volete saperne di più su Kurosawa Kiyoshi e le sue opere potete guardare il nostro video cliccando qui, ci vediamo per la seconda parte mercoledì prossimo!
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