12 Agosto 2021 | Registi
Ciao e bentornati alla rassegna Akushon, i registi di JFS, che continua anche ad agosto! Oggi torniamo a parlarvi di una regista donna: partiamo dalla biografia di Nishikawa Miwa!
Nishikawa nasce nel 1974 a Hiroshima, città situata nel sud dell’isola principale dell’arcipelago e tristemente nota per i fatti della bomba atomica. La sua educazione accademica la porta a spostarsi a Tokyo, all’Università di Waseda, dove otterrà una laurea in Letteratura. In ambito cinematografico, poi, la sua prima formazione è guidata dal noto cineasta Hirokazu Kore-eda, che sarà anche il produttore del suo primo titolo, Wild Berries. In qualità di assistente regista lavora anche a contatto con Yoshimitsu Morita, durante le riprese del thriller Kuroi ie e ancora nel 2001 per il film Distance. Dai primi anni Duemila comincia poi a lavorare in proprio guadagnando una buona fama in ambito nazionale ed internazionale, vincendo diversi premi cinematografici.
Nishikawa Miwa fa parte di un nuovo gruppo di registe, tra cui Ogigami Naoko, tutte nate nella prima metà degli anni ’70 che si differenzieranno dalla produzione cinematografica precedente, come ad esempio quella di Kawase Naomi. Un cinema molto delicato e non violento che, con una narrazione misurata e una grande sensibilità mette in luce diversi aspetti e contraddizioni della società giapponese contemporanea: dai rapporti familiari al culto delle apparenze, dai rapporti familiari all’affermarsi di nuove figure femminili più indipendenti fino ad arrivare al ruolo della sessualità nella vita di tutti i giorni. Avendo però esordito nel nuovo millennio, la sua filmografia conta per ora nove opere, tra cui possiamo trovare: Hebi Ichigo, opera prima che parla del crollo di una rispettabile famiglia borghesecausato dai debiti del padre; Yureru, vincitore del Kinema Junpo Award per la miglior sceneggiatura; Dia Dokutā, che ha come protagonista un uomo che in una remota provincia del Giappone si finge medico per conquistarsi la riconoscenza degli abitanti locali e Subarashiki Sekai, vincitore del premio di miglior film internazionale al Festival del Cinema Internazionale di Chicago.
Se volete scoprire altre curiosità sui film di Nishikawa Miwa e sulla sua carriera, potete guardare il nostro video qui e ci vediamo per la seconda parte mercoledì prossimo!
8 Agosto 2021 | Musica
THE ORAL CIGARETTES è una band alternative rock giapponese composta da quattro membri nata a Nara nel 2010. Nei primi due anni di carriera la band fa uscire due album autoprodotti per poi firmare un contratto con l’importante etichetta “A-Sketch” (la stessa etichetta dei FLOW e, per un periodo di tempo, degli One Ok Rock) nel 2012. Da allora la band ha pubblicato altri 5 album in studio: The BKW Show!! (2014), FIXION (2016), Unofficial (2017), Kisses and Kills (2018) e Suck My World (2020).
Le due caratteristiche che saltano subito all’orecchio ascoltando un brano qualunque dei THE ORAL CIGARETTES sono l’imponenza della voce di Takuya Yamanaka (leader del gruppo) che riesce a raggiungere acuti importanti ed essere graffiante al punto giusto e la frenesia di chitarre che accompagna ogni canzone dalla più allegra a quella dai toni più tristi. Ma di canzoni dai tempi lenti ce ne sono veramente poche nel loro repertorio. Ascoltarli equivale a una vera e propria scarica di energia. Inoltre hanno anche un grado di versatilità abbastanza alto: non solo rock nelle loro canzoni ma anche elementi emo, funk, dance e anche una buona dose di musica demenziale.
Al momento i componenti della band sono:
Takuya Yamanaka (山中 拓也), voce e chitarra
Akira Akirakani (あきらかに あきら), voce e basso
Shigenobu Suzuki (鈴木 重伸), chitarra
Masaya Nakanishi (中西 雅哉), batteria
L’album di cui parleremo oggi è FIXION, uscito nei primissimi giorni del 2016. FIXION riscosse un gran successo in tutto il Giappone figurando anche nei primi 10 posti di prestigiose classifiche musicali del paese per alcune settimane.
Titolo dell’album: FIXION
Data di pubblicazione: 5 gennaio 2016
Numero dell’album: 2°
Durata: 39:24
Tracce: 10
Track list:
1. Kizukeyo Baby
2. Kyouran Hey Kids!!
3. MIRROR
4. STAY ONE
5. Amy
6. Manner Mode
7. Toorisugita Kisetsu No Sora De
8. Kantannakoto
9. A-E-U-I
10. Everything
L’album è molto coerente con il loro stile grintoso e i dieci brani procedono tutti con un ritmo molto rapido. Si apre con “Kizukeyo Baby” traccia che parla di amore ma senza ricadere nello stereotipo della canzone smielata grazie all’egregio lavoro svolto dal doppio comparto delle chitarre e della batteria che creano un climax fino al ritornello. In generale molte altre canzoni dell’album hanno come tema centrale l’innamoramento (vedi “Amy”, “STAY ONE” e “Everything”), ma c’è spazio anche a brani più spensierati come “Kyouran Hey Kids!!”, la traccia più famosa di tutto l’album con i suoi quasi 100 milioni di ascolti su Spotify. La canzone è un vero e proprio inno a scatenarsi come se non ci fosse un domani e l’ascoltatore è incitato a farlo sia grazie a un comparto strumentale molto energico supportato da sonorità elettroniche che grazie alla forte espressività della voce del frontman Takuya Yamanaka.
—recensione di Riccardo Avarello.
1 Agosto 2021 | Letteratura
Un poeta alla ricerca di un’espressione – Kusamakura
Autore: Natsume Sōseki
Titolo originale: 草枕
Editore: BEAT
Edizione: 2021
Pagine: 173
Guanciale d’erba è un romanzo di Natsume Sōseki, considerato il padre della letteratura moderna giapponese. La pubblicazione avviene nel 1906, a seguito del ritiro dell’autore dalla vita pubblica e dalla cattedra universitaria offertagli a seguito del suo difficile e travagliato soggiorno londinese. L’opera contiene infatti, come la maggior parte della sua produzione, la complicata convivenza della cultura tradizionale giapponese con gli influssi culturali europei della quale l’autore ottiene piena consapevolezza dopo gli anni all’estero.
Il titolo fa riferimento al cuscino del viandante, che si abbandona, stanco di una lunga giornata, ai margini del sentiero; ma è anche una metafora del viaggio che ogni uomo intraprende alla ricerca di sé stesso. Il protagonista è un artista, un pittore, che, desideroso di allontanarsi dalla città, si avventura in un ameno sentiero di montagna dove incontra contadini, viandanti, paesani e nobili a cavallo.
Dopo il suo girovagare, il poeta decide di rifugiarsi dalla pioggia in una piccola casa da tè tra i monti la cui tenutaria gli racconta la storia della giovane Nakoi desiderata da due uomini e costretta a sposare quello che non amava. Col suo guanciale d’erba e i suoi pennelli, lungo il cammino l’artista raccoglie questa e tante altre storie che gli saranno poi d’ispirazione per i suoi dipinti e le sue composizioni.
L’opera è considerata dalla critica un poema in prosa e la sua assenza di una vera e propria trama si presta a una riflessione sull’arte e sulla vita nella quale Sōseki dipinge il suo ideale di artista, un individuo scevro di pregiudizi, aperto ad ogni tipo d’ispirazione e pronto a farsi contaminare dall’ambiente circostante. Il protagonista riesce a fondere l’estetica secolare giapponese con le nuove influenze provenienti da oltre oceano; nel libro, infatti, artisti come Shelley, Goethe, Millais e Turner trovano posto nel paesaggio abbracciato dai verdi monti giapponesi. Secondo l’autore, è proprio così che dovrebbe funzionare la mente del vero artista moderno, le due culture non dovrebbero annullarsi a vicenda ma esaltare le proprie peculiarità e differenze.
Nella sua produzione Natsume Sōseki denuncia spesso la posticcia modernizzazione del Giappone, avvenuta forzatamente e troppo di fretta. È proprio durante il suo soggiorno in Inghilterra che lo scrittore ha modo di sperimentare la vera modernità e comprendere quanto il Giappone ne sia in realtà lontano. La modernizzazione attuata dal governo giapponese di fine Ottocento ha portato a un abbandono sommario della cultura tradizionale giapponese, un patrimonio culturale che, con le sue opere, Sōseki cerca di rivalorizzare e riavvicinare al cuore dei suoi connazionali.
—recensione di Pietro Neri.
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