Continua la rassegna JFS SPRING 2024, con il dark fantasy “xxxHOLiC” diretto da Ninagawa Mika.
L’appuntamento è al cinema rialto martedì 5 Marzo, come sempre alle ore 21.00,
Kimihiro Watanuki, un ragazzo tormentato dagli spiriti ayakashi, si imbatte in un negozio che esaudisce i desideri. Incontra la proprietaria, Yuko Ichihara, una strega misteriosa dai molti nomi e conoscenze dal punto di vista esoterico. Si offre di esaudire il desiderio di liberarsi degli spiriti, a patto che egli diventi la cuoca e governante part-time di Yuko. Nel frattempo, Watanuki si connette con i suoi compagni di classe, Dōmeki e Himawari, e viene coinvolto in un grande e misterioso incidente.
Il titolo dell’opera letteraria Nipponia Nippon, scritta da Abe Kazushige, è strettamente collegato al contenuto del testo stesso: tale termine si riferisce all’ibis giapponese, una specie a rischio di estinzione presente sia in Cina sia in Gippone. Il protagonista della storia è il diciassettenne Tōya Haruo, un adolescente solitario e problematico che trascorre la maggior parte delle sue giornate chiuso nella propria stanza davanti al computer. Durante le sue ricerche su Internet, il giovane sviluppa una vera e propria ossessione nei confronti di questa strana specie: l’ibis crestato giapponese; considerato uno dei simboli del paese. Haruo non trova uno scopo nella sua vita e per questo vive in perenne conflitto con la sua mente, che lo porterà a sviluppare irreali elucubrazioni. Il giovane finirà per identificarsi negli ibis e come loro inizierà a sentirsi un essere speciale e raro, diverso da tutti gli altri.
Abe Kazushige, considerato dalla critica come uno dei migliori nuovi talenti della letteratura giapponese, racconta l’approccio distorto nei confronti della vita e il relazionarsi con il mondo di un adolescente fuori dal comune. La realtà viene affrontata tramite una descrizione lucida del quotidiano attraverso la prospettiva del giovane Haruo: il flusso infinito e ripetitivo di pensieri, gli effetti della solitudine e dell’isolamento e infine, il rifiuto dei coetanei sono il centro di tutta la storia.
L’autore alterna diverse modalità di scrittura, pagine web, report, definizioni del dizionario e utilizza uno stile semplice ma efficace, tramite il quale è in grado di rappresentare la follia paranoica di ungiovane, che nutre il forte bisogno di amare ed essere amato.Sebbene Haruo compia azioni riprovevoli e di dubbia moralità, si può notare come egli stia fondamentalmente ricercando l’aiuto da parte di una società che non lo comprende e che è incapace di offrigli il supporto necessario. Egli non riesce nemmeno a trovare conforto all’interno del proprio nucleo familiare o tra i coetanei: Haruo instaura un difficoltoso rapporto con i suoi genitori e allo stesso tempo non è in grado di integrarsi con i compagni di scuola, che finiranno per compiere veri e propri atti di bullismo nei suoi confronti. Vi è una forte ambivalenza nel personaggio di Haruo: egli possiede una grande stima di sé e delle proprie doti, considera gli altri come inetti e privi di qualità, ma non è capace di trovare un posto nella società. Con questa opera vengono trattati argomenti importanti che caratterizzano da tanti anni la società giapponese: la depressione giovanile, il bullismo, il fenomeno degli “hikikomori” e il suicidio.
Dopo gli incontri con “Favole del Giappone” e “Un’estate a Zushi“, continua la rassegna di incontri sulla collana di Luni Editrice “Arcipelago Giappone”, Questa volta parleremo de “I racconti del vecchio Miura” di Okimoto Kidō. A tenere l’incontro ci saranno il direttore della Rassegna Francesco Vitucci e il traduttore stesso del libro Marco Taddei.
L’incontro si terrà presso la Biblioteca Salaborsa il 24 Gennaio alle ore 18, vi aspettiamo numerosi!
Se si parla di racconto breve, in ambito giapponese è imprescindibile il nome di Akutagawa Ryūnosuke. A lui è intitolato il premio per gli scrittori esordienti, a lui che è morto suicida e così giovane, convinto di non aver lasciato alcun segno utile nel panorama letterario giapponese. I critici e la storia hanno smentito questa sua paura, riconfermando a gran voce le parole di encomio che il suo maestro Natsume Sōseki, altro grande della letteratura del Sol Levante, ha speso per lui.
È per l’immortalità della sua scrittura, quella “nicchia tutta [sua] nel mondo delle lettere”, come la chiamava Sōseki, che le ritraduzioni dei racconti più famosi di Akutagawa sono continue e sempre ben accette. In questa edizione si sono selezionati dieci testi della produzione di tema cristiano di Akutagawa, la metà dei quali sono traduzioni inedite.
Per Akutagawa Ryunosuke la finzione è lo strumento più diretto e al contempo più sottile per parlare del presente, e raramente ambienta i suoi racconti nella sua contemporaneità. Lavora per riferimenti, ricostruzioni, retelling di racconti popolari, usando fatti realmente accaduti o situazioni verosimili parte della conoscenza comune giapponese come strumenti per raccontare il presente. Ne risulta una prosa sagace e tagliente che usa l’ironia come dissimulazione, in una narrazione che lascia sempre l’ultima parola all’interpretazione del lettore, chiamato a interrogarsi sulle discrepanze e le contraddizioni dei personaggi di cui ha appena letto.
I racconti proposti in questa antologia hanno luogo nel periodo a cavallo tra XVI e XVII secolo, dopo l’arrivo dei missionari Gesuiti in Giappone, e si aprono in un ventaglio di ambientazioni e stili di narrazione differenti per mostrare le diverse ricezioni del cristianesimo nell’arcipelago.
“Lucifero e altri racconti” offre il contesto perfetto per riflettere sul rapporto di Akutagawa con il cristianesimo, inizialmente nato da un interesse di tipo intellettuale e poi approfondito nelle sue contraddizioni e insensatezze se paragonato allo shintoismo (la religione autoctona giapponese) e il buddhismo. Dunque nei suoi racconti Akutagawa non offre mai una visione completamente positiva della religione venuta da Occidente, ma ne parla ora con diffidenza, ora con fascinazione, lasciando ai suoi personaggi l’arduo compito di incarnare l’incontro-scontro tra culture e le conseguenze che questo ha portato sull’epoca contemporanea ad Akutagawa.
La raccolta si chiude con “L’Uomo da Occidente” e “L’Uomo da Occidente – II parte”, libere riflessioni sul Nuovo Testamento e in particolare la figura di Gesù Cristo, visto nel suo ruolo di messia ma anche, e questo è l’aspetto più importante e personale dell’analisi di Akutagawa, nella sua umanità. Nei personaggi su cui si sofferma a parlare l’autore si analizza il loro significato più immediato per l’uomo, cosa rappresentino veramente per il credente nella loro umanità, che cosa li avvicina all’uomo comune.
In particolare Akutagawa sovrappone la figura di Cristo a quella dello scrittore (da lui indicato con il termine “giornalista”) e del poeta, a partire dalla dialettica che entrambi utilizzano per rivolgersi al proprio pubblico, per poi allargare il discorso alla condizione umana che li accomuna. Anche lo scrittore, come Cristo, è condannato a una vita breve e fatta di sofferenza, che brucia e si spegne troppo in fretta come una candela.
Non abbiamo gli strumenti per definire in maniera chiara quale fosse la relazione di Akutagawa con il cristianesimo, ma i suoi testi mostrano indubbiamente il suo crescente interesse per la religione, il testo sacro, l’iconografia “barbara”, le pratiche magiche.
“L’Uomo venuto da Occidente” viene pubblicato lo stesso anno del suicidio di Akutagawa, e quando il suo corpo viene trovato, nel 24 luglio 1927, lo scrittore aveva con sé una traduzione integrale della Bibbia.
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