The Hidden Blade || Rassegna Primaverile JFS 2024

L’associazione è lieta di annunciare il prossimo appuntamento della rassegna primaverile JFS 2024.
La prossima pellicola sarà “The Hidden Blade” diretta da Yamada Yōji.

Giappone, 1860 circa. Durante un periodo di forte contaminazione culturale con l’Occidente, due samurai, Munezo Katagiri e Samon Shimada, danno l’addio a un loro amico, Yaichiro Hazama, che parte per servire sotto lo shogunato di Edo (l’attuale Tokyo).

Sebbene si tratti di una posizione molto ambita, Munezo esprime a Samon le sue preoccupazioni nei confronti dell’amico che parte, poiché teme che possa cacciarsi nei guai. I suoi dubbi si fanno più pesanti quando Yaichiro dichiara l’intenzione di abbandonarsi ai piaceri sensuali di Edo, pur essendo felicemente sposato.

Vi aspettiamo martedì 19 marzo alle ore 21 presso il cinema Rialto!
Oltre alla biglietteria è possibile e consigliato acquistare in prevendita i biglietti sul sito CCB: https://circuitocinemabologna.it/p/ja…

Se solo fossi un orso – Cinema Orione || Proiezione

L’associazione è lieta di annunciarvi che saremo ospiti Giovedì 14 marzo presso il cinema Orione, per la prima proiezione del film candidato a Cannes “Se solo fossi un orso”, diretto da Zoljargal Purevdash.

Vi aspettiamo per la proiezione stasera alle ore 21!

Il 210º giorno – Natsume Sōseki || Recensione

Autore: Natsume Sōseki

Traduzione: Andrea Maurizi

Editore: Lindau s.r.l

Edizione: 2019

Il 210º giorno, è un’opera scritta da Natsume Sōseki, che narra le vicissitudini di due amici, Kei e Roku, che decidono di intraprendere l’ascesa al monte Aso, dove si trova il vulcano più grande di tutto il Giappone.  Sebbene i due giovani siano diversi, sono comunque legati da una profonda amicizia: durante le loro conversazioni finiranno per scontrarsi e discutere più volte, ma allo stesso tempo saranno in grado di vivere diverse esperienze che influenzeranno il loro rapporto. Kei è un ragazzo di estrazione sociale bassa, un rivoluzionario insofferente verso le ingiustizie sociali e la società tradizionale, mentre Roku è un giovane che proviene da una famiglia benestante, minuto e dal carattere arrendevole, incapace di prendere decisioni.

Kei e Roku sono due ragazzi nati dopo la Restaurazione Meiji: questo è un periodo di forte cambiamento sociale poiché il Giappone stava iniziando ad accogliere le influenze provenienti dell’Occidente e della modernità dei tempi, ma temeva di perdere i propri valori tradizionali. Il periodo Meiji fu quindi lo spartiacque che separò per sempre il vecchio regime dal nuovo e rappresentò il disorientamento dell’individuo di fronte alla consapevolezza che nulla sarebbe stato più come una volta.

L’autore si sofferma particolarmente sulla descrizione dei luoghi in cui si muovono i due personaggi, e tutto ciò funge da sfondo ai loro dialoghi, in cui emergono incertezze ma anche desideri. Gli eventi narrati sono descritti quasi per intero in forma dialogica e si svolgono nell’arco di un paio di giorni: non solo sono presenti le riflessioni dei due giovani ma vi è anche una minuziosa descrizione degli scenari naturali dei luoghi, con un particolare riferimento alle condizioni climatiche. Molto probabilmente l’eruzione esplosiva del vulcano indica simbolicamente il termine di un’epoca e segna l’inizio di un nuovo periodo. La forza distruttiva e la potente intensità di tale eruzione simboleggia la violenza della natura che si contrappone alla tranquillità e alla bellezza della montagna. Durante la loro spedizione i due ragazzi incontreranno anche altri personaggi, marginali e spesso appenadelineati, che però saranno di fondamentale importanza per comprendere meglio alcune vicende.

Il 210º giorno fu pubblicato nel 1906 nella rivista ‘Chūōkōron’ e trae ispirazione da un’escursione che proprio l’autore stesso fece nel 1899 in compagnia dell’amico e collega, Yamakawa Shinjirō.Sebbene quest’opera non ebbe inizialmente grande successo, Sōseki è stato in grado di illustrare uno dei momenti più difficili e traumatici del Giappone: emerge una forte e innovativa capacità di raccontare e di coniugare l’estrema sensibilità della tradizione giapponese con alcune tecniche della narrativa occidentale.

Recensione di Ludovica Vergaro

CONTROFIGURA: Alterità, differenza, discriminazione – Incontro || San Giovanni in monte

Vi aspettiamo martedì 19 marzo nella sede di San Giovanni in monte, Aula Prodi dalle 15.30 alle 18.30 per il seguente incontro:

Per il mese della donna, una riflessione sulla persistenza nella cultura giapponese contemporanea di modelli di femminilità strumentalizzati per annullare l’alterità e la differenza, per sostituire alle donne reali un ideale sempre più lontano. Guardare alla società giapponese oggi da una prospettiva di genere ci offre l’opportunità di decostruire il mito dell’omogeneità, e di mettere in luce figure di donne troppo a lungo rimaste in ombra, che reclamano di essere ascoltate e riconosciute.

Partecipanti:
Ospite speciale dell’evento sarà la professoressa Rosa Caroli (Università Ca’ Foscari di Venezia). Parteciperanno anche i docenti del Dipartimento Lilec dell’Università di Bologna Paola Scrolavezza, Francesco Vitucci, Veronica De Pieri.

In collaborazione con:

Associazione Culturale NipPop

L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio -Haruki Murakami || Recensione

AUTORE: Murakami Haruki

TRADUTTRICE: Antonietta Pastore

EDITORE: Einaudi

EDIZIONE: 2014

I cuori delle persone vengono uniti ancora più intimamente dalle ferite. Sofferenza con sofferenza. Fragilità con fragilità. Non c’è pace esente da grida di dolore, non c’è perdono senza sangue sparso sul terreno, non c’è accettazione che non nasca da una perdita. Perché alla radice della vera armonia ci sono dolore, sangue e perdite.

“L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio” vede come protagonista un ragazzo qualsiasi. Tsukuru non è speciale, non ha niente di più rispetto agli altri, se non che è arrivato sull’orlo del baratro e ne è uscito.

Alle superiori faceva parte di un gruppo molto affiatato formatosi durante un’attività di volontariato e composto da cinque persone. Ognuno di loro possiede la particolarità di avere all’interno del loro nome un colore: Ao (blu), è l’atleta bravo a incoraggiare gli altri; Aka (rosso), il ragazzo dal bell’aspetto; Kuro (nero), la musicista con la passione per l’insegnamento; Shiro (bianco), la studiosa che ama la scrittura. Tutti hanno dei colori, tranne Tazaki Tsukuru. “Tsukuru”, però, significa “fare, creare” ed è proprio ciò che si addice a lui; è, infatti, affascinato dalle stazioni, dal capire come si intersecano tra di loro, come delle reti così fitte riescano a lavorare in modo così preciso, tanto che da adulto diventerà ingegnere. Questa felice combriccola riesce per molto tempo a mantenere un equilibrio tramite delle regole che in realtà non vengono mai espresse, ma che tutti sentono di dover in qualche modo rispettare. Principalmente, si cerca di incontrarsi sempre tutti insieme senza escludere nessuno, ma ancora più importante: niente relazioni all’interno del gruppo. La stabilità viene interrotta improvvisamente quando durante i primi anni di università Tsukuru riceve una chiamata che gli cambierà completamente la vita: i suoi amici non vogliono più avere niente a che fare con lui. Senza ricevere spiegazioni e senza neppure chiederle, egli accetta silenziosamente questa sorte. Questo è l’evento scatenante della depressione di Tsukuru, che non tenta di togliersi la vita, ma piuttosto aspetta che la vita termini da sola.

Con il passare degli anni la ferita comincia a rimarginarsi, Tsukuru riprende a mangiare e trova sfogo nel nuoto. Si innesca, però, un circolo vizioso in cui la paura di essere abbandonato nuovamente non gli permette di instaurare rapporti veri con qualcuno. Sara è la prima donna che gli fa venire il desiderio di aprirsi, di rendere un altro essere vivente partecipe della sua vita, ed è proprio lei che gli consiglia di parlare con quei suoi vecchi amici per venire a capo della faccenda e scoprire qual è il motivo del loro improvviso abbandono. Tsukuru si imbarca così in questa esperienza che lo porterà addirittura in Finlandia, da cui vengono fuori notizie sconvolgenti, se non addirittura agghiaccianti, sulla vita di un membro del gruppo in particolare.

Nonostante il dolore provato, Tsukuru non prova odio verso questi ragazzi che per tanto tempo sono stati al suo fianco e cerca di mettersi nei loro panni, di capire quali sono state le condizioni che li hanno portati a tale decisione. Dopotutto, non si possono cancellare anni di amicizia e di affetto in modo così semplice. Risolvere questo trauma, a detta di Sara, è l’unico modo per stare insieme senza che l’ombra di altre quattro persone si metta tra di loro. Per tutto il libro Tsukuru, che ha una mente molto analitica, effettua delle auto-indagini psicologiche, analizzando sogni, pensieri e situazioni in modo lineare, molto spesso distaccato. Si riesce a percepire una sorta di impedimento all’emotività, come se non fosse pienamente capace di abbracciare le sue emozioni e i suoi stati d’animo. Anche quando ha pensieri pesanti, quando non fa altro che aspettare la morte, tutto è asettico. Benché la trama sia intrigante e la struttura scorrevole e chiara, il modo che Murakami ha di parlare delle donne appare talvolta fastidioso. Sono personaggi femminili che, seppur avendo un loro spessore psicologico, vengono di frequente ridotte alla mera dimensione del corpo e della sessualità, anche in momenti che alcuni lettori potrebbero considerare del tutto inadatti.

Recensione di Sara Orlando