Racconti del folklore giapponese- Lafcadio Hearn || Recensione

Autore: Lafcadio Hearn
Traduzione: Andrea Cassini
Editore: Rizzoli
Anno: 2024

“[Non credere che i sogni appaiano solo di notte, durante il sonno: il sogno di questo mondo crudele appare ai nostri occhi anche in pieno giorno]”

Poesia giapponese
Da Lafcadio Hearn, In Ghostly Japan

“Racconti del folklore giapponese” è un’antologia che raccoglie quarantaquattro racconti di Lafcadio Hearn, di cui nove mai apparsi prima in Italia, tradotti da Andrea Cassini, e affiancati da stampe artistiche di autori classici come Utamaro, Kuniyoshi e Hokusai.

Hearn fu uno scrittore e giornalista anglo-irlandese di origini greche naturalizzato giapponese. Arrivò in Giappone per lavoro attorno al 1890 ma ne rimane così affascinato che fu come l’inizio di una nuova vita. Arrivò anche a cambiare il suo nome in Koizumi Yakumo, prendendo il cognome della moglie Koizumi Setsu, che proveniva da una famiglia di samurai locali. Dedicò la sua vita alla divulgazione della cultura nipponica in Occidente facendosi portavoce del kokoro giapponese. Ha cercato di raccontare il Giappone attraverso uno sguardo, seppur non privo di bias, pieno di ammirazione e meraviglia.

È certamente riuscito nell’intento di trasmettere ai lettori la sua grande passione, rendendo possibile la fruizione di un patrimonio di miti e tradizioni appartenenti alla cultura giapponese. L’opera in un certo senso soddisfa tutte quelle che sono le aspettative del lettore occidentale, riportando un immaginario del Giappone che ci sembra quasi familiare.

“… Quel che ho cercato di descrivere è un kakemono – sarebbe a dire, un dipinto su seta giapponese, appeso alla parete della mia stanzetta- il cui titolo è Shinkirō, che significa “miraggio”. Ma i contorni di tale miraggio sono inconfondibili. Si tratta dei portali luccicanti di Hōrai, il luogo sacro, e quelli sono o tetti rischiarati dalla luna del palazzo del Re Drago: e la loro foggia seppur dipinta da un pennello giapponese odierno, è la tipica foggia delle cose cinesi di duecentomila anni fa…”

Ogni racconto è un mondo a sé stante, un piccolo cosmo racchiuso in poche pagine ma ricco di immagini e motivi che operano da filo conduttore tra i vari racconti. I protagonisti sono innumerevoli tra fanciulle, monaci, samurai, bellissime dame, ninfe, baku, mostri e piccoli demoni.
Si leggono storie di grande virtù come in Un dio vivente e storie d’amore a lieto fine come in La ragazza del paravento. La storia di Kwashin Koji narra di opere d’arte in cui dimorano spettri e Una leggenda di Tottori tratta di una delle più classiche storie di fantasmi in cui degli oggetti
diventano yōkai.

Le pagine scorrono velocissime ed è un libro molto piacevole da leggere specialmente grazie alla presenza delle stampe, che permettono di dare un volto ai vari personaggi e una forma ai mostri che popolano le storie. Merito della traduzione è l’aver reso la scrittura dell’autore in uno stile leggero, elegante e moderno.

È un’opera che ha il sapore del sogno.

“E mai una volta la conquisterete – perché lei è la luce fantasma di soli spenti da ere; perché è stata modellata dal battito di infiniti milioni di cuori divenuti polvere; perché la sua stregoneria è nata nell’interminabile flusso e riflusso delle visioni e delle speranze dei giovani, attraverso gli innumerevoli e dimenticati cicli del nostro incalcolabile passato”

Recensione di Monica Andreolla