Autrice: Enchi Fumiko
Titolo originale: なまみこ物語
Editore: Safarà
Traduzione: Paola Scrolavezza
Edizione: 2019
Pagine: 240
Namamiko Monogatari, arrivato in Italia con il titolo di Namamiko, l’inganno delle sciamane, è una delle opere più significative di Enchi Fumiko. Inizialmente pubblicato nel 1965, è il romanzo vincitore dell’importante premio per la letteratura femminile (Joryūbungakushō) e rappresenta un passo importante nella produzione letteraria femminile del dopoguerra.
Ci troviamo attorno all’anno mille, in piena epoca classica (Heian) all’interno del palazzo imperiale. Il racconto segue la vicenda di Kureha e della sorella Ayame, figlie della sacerdotessa di un tempio shintoista. Cresciute nel mondo rustico della campagna, vengono improvvisamente proiettate all’interno della sfavillante e raffinata vita di palazzo. Il romanzo mette in scena intrighi, manipolazioni e tradimenti all’interno della corte imperiale, dove si contrappongono due figure centrali: Fujiwara no Michinaga, macchinatore cinico e senza scrupoli, membro del potente clan dei Fujiwara, che nel corso dell’epoca Heian (794-1185) ottenne la reggenza di fatto del paese, a scapito del potere imperiale. A lui si contrappone Teishi, l’amata consorte dell’imperatore, colei che incarna tutte le virtù di femminilità desiderabili in una donna e unico vero ostacolo alle brame di potere di Michinaga, intenzionato ad assumere il controllo del paese assicurando la posizione di prima consorte dell’imperatore alla figlia Shōshi. Un punto di particolare interesse dell’opera sta proprio del modo in cui viene presentata la figura di Michinaga, in completo contrasto con l’immagine di gentiluomo raffinato ed elegante tramandata dalla letteratura classica.
Tema centrale all’interno dell’opera è la possessione da parte di un ikiryō, uno spirito vivente, manifestazione del rancore covato da una persona, in questo caso Teishi. Tema già presente in epoca classica, viene ripreso dall’autrice per inscenare possessioni sempre nell’incertezza che queste siano autentiche oppure false, inscenate per manipolare i sentimenti dell’imperatore verso la sua amata consorte. Protagoniste di questi episodi sono Ayame e soprattutto Kureha che, intrappolata all’interno della rete di intrighi di Michinaga, finisce per tradire la sua amata signora.
I personaggi di Teishi e Kureha sono particolarmente interessanti per il tema dell’emancipazione femminile che sottende tutta l’opera. Kureha viene messa a servizio della consorte imperiale da Michinaga, per poterla tenere sott’occhio. Con il tempo però lei sviluppa un’ammirazione quasi erotica verso la sua padrona, anche se alla fine le si rivolterà contro, in preda alla gelosia nel vedere il suo amante invaghirsene. Le due figure si presentano, dunque, come totalmente opposte: Teishi rappresenta la donna ideale di epoca Heian, bellissima, gentile, versata nelle arti, nella poesia e nella musica. Nonostante questo, è un personaggio fondamentalmente passivo, in balia degli eventi. Kureha invece è umana, imperfetta, si fa trascinare dalle passioni, spesso erotiche, e interviene attivamente sul proprio destino.
In conclusione, con il Namamiko Monogatari l’autrice mette in luce l’impossibilità per una donna di sottrarsi al dominio maschile e nel momento in cui ci prova, come Kureha, è destinata al tradimento, mentre per essere perfetta, come Teishi, dev’essere ferma, sopportare e soffrire in silenzio.
—recensione di Matteo Aliffi.
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