Ciao a tutti! Questa è Akushon!, la rubrica di Associazione Takamori sui registi giapponesi. Oggi parliamo di Mizoguchi Kenji!
Nato a Tokyo nel 1898 da una famiglia povera, Mizoguchi Kenji, è uno dei registi giapponesi più celebri della prima metà del ‘900, alla pari di Kurosawa Akira e Ozu Yasujirō (dei quali abbiamo parlato nei video precedenti). Le sue opere sono caratterizzate da scelte stilistiche peculiari, movimenti complessi della macchina da presa e un repertorio vasto di tecniche cinematografiche.
Mizoguchi ebbe un’infanzia molto travagliata, e a segnarlo profondamente fu l’allontanamento della sorella che venne venduta come geisha. Si diplomò al liceo artistico, ed ebbe modo di lavorare come illustratore pubblicitario, ma finalmente nel 1920 iniziò a lavorare come attore e poi come aiuto regista per la Nikkatsu.
Dopo aver preso parte a più di trenta film, la maggior parte i cosiddetti film shinpa, ovvero “nuova scuola”, nel 1923 ha finalmente la sua chance di esordire come regista, ma verrà notato dalla critica solo 1933 pubblica la prima pellicola ad essere notata dai critici: Taki no shiraito (Il filo bianco della cascata), tratto da un testo dello scrittore Izumi Kyōka. Il tema dominante di quest’opera, nonché delle opere future del regista, sono la sfera femminile e la condizione della donna.
Nel 1936 inizia una collaborazione, che durerà per tutta la sua carriera, con lo sceneggiatore Yoda Yoshikata, e insieme pubblicano Naniwa hika e Gion no shimai, un film che affronta il tema della contraddizione della società giapponese dell’epoca. Durante la guerra si dedicò ai geidō mono, le “bibliografie di artisti”, di cui fa parte Zangiku monogatari del 1939, uno dei suoi capolavori stilistici.
Diviso in due parti, la prima nel 1941 e la seconda l’anno successivo, esce la nuova versione del Genroku chūshingura, una pellicola epico samuraica, nella quale non rinuncia a far risaltare ancora una volta le figure femminili e i temi a lui cari.
Con l’occupazione americana, durante il dopoguerra pubblica pellicole riguardanti l’oppressione e la liberazione della donna, sia dal punto di vista sociale, così quello sessuale, come in Oyūsama, film del 1951 e in Saikaku ichidai onna del 1952. E ancora Ugetsu monogatari, Sanshō dayū e Chikamatsu monogatari nei successivi due anni. Nonostante Mizoguchi avesse sempre avuto un interesse nei confronti dell’occidente, in questi film si nota anche l’attenzione del regista per la tradizione culturale del proprio paese, in quanto tutti i titoli elencati derivano da opere classiche giapponesi.
Negli anni Cinquanta la fama di Mizoguchi si espande anche in Europa, venendo premiato con il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia per i titoli Ugetsu monogatari nel 1953 e Sanshō dayū nel 1954.
La produzione filmografica del regista si conclude con Akasen chitai, pellicola del 1956 nel quale ancora una volta affronta il tema della prostituzione, denunciandone lo sfruttamento ed emarginazione di cui la donna è oggetto.
Il tema dominante delle opere di Mizoguchi è la condizione femminile, oppressa da una società prettamente patriarcale sia prima che dopo la guerra. Se da una parte egli denuncia lo sfruttamento e l’emarginazione della donna, dall’altra il regista ha una concezione palesemente trascendentale che lo porta a mitizzarla, rappresentandola paradossalmente ancora una volta come un oggetto, sebbene di culto e ammirazione.
E con questo si conclude la prima parte del nostro approfondimento su Mizoguchi Kenji. Se vi abbiamo incuriosito con la vita e la carriera di questo regista, ci vediamo tra due settimane con la seconda parte!
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