“È stato il punto di contatto tra vecchio e nuovo, tra Oriente e Occidente”. È così che Kawabata Yasunari ci parla del suo amico e collega Akutagawa Ryūnosuke, morto suicida nel 1927. Queste parole, insieme a questa raccolta di trentuno racconti scritti da lui, condensano e raccolgono tutto ciò che è stata la sua carriera letteraria.
Akutagawa nasce nel 1892, in un Giappone che da trent’anni ha avviato il suo processo di modernizzazione; a questa crescita in un ambiente moderno si contrappone la passione per il periodo Edo e più generalmente la produzione letteraria passata. La prima parte della sua carriera si dedica principalmente alla rielaborazione di materiali storici, folklore sia locale che cristiano, fiabe e racconti.
Il primo gruppo di racconti che ci viene proposto, ovvero: “Racconti cristiani e racconti storici” sono un esempio lampante dell’operato rielaborativo di Akutagawa. Nel primo gruppo spiccano molti racconti:
“Eresia”,il racconto più lungo, coinvolge svariati personaggi nel periodo Heian le cui vite vengono influenzate dall’arrivo di un misterioso monaco eretico. “Ogin” e “Oshino” invece si concentrano sulla diffusione del cristianesimo nel giappone medievale, mettendo in risalto lo scontro con i precetti buddhisti e shintoisti, la persecuzione subita e come venne recepito il messaggio cristiano sia da parte dei convertiti che degli scettici. “Saigō Takamori” prende un approccio più riflessivo, riportando un dialogo tra storici che discutono della validità delle fonti storiche e la manipolazione della realtà passata.
I “Racconti fantastici” condividono lo stesso intento rielaborativo, concentrandosi però su fiabe e leggende vere e proprie. Akutagawa assume un tono più educativo, in quanto racconti come “Il filo di ragno” e “Bianco” contengono delle morali ben chiare e sono scritte come se dirette ad un pubblico più giovane. “Momotarō” riprende l’omonima fiaba popolare capovolgendo completamente i ruoli dei personaggi. Momotarō passa dall’essere un eroico uccisore di demoni malvagi, all’essere un violento, prepotente e con sete di gloria. I demoni invece diventano pacifici, innocenti, vittime della furia ingiustificata del protagonista.
La terza e ultima parte: “Le storie di Yasukichi” è completamente diversa dalle precedenti. Akutagawa, nell’ultima parte della sua vita, abbandona la materia classico-storica e si concentra sul rappresentare la vita contemporanea di tutti i giorni. Per far ciò, usa Yasukichi, essenzialmente un suo alter ego, in racconti quasi completamente privi di una vera e propria trama. “L’inchino” e “Cuccicuccicucci” presentano una progressione quasi inesistente, focalizzandosi invece sulla psicologia del protagonista e come egli percepisce il Giappone moderno. Similmente, “Monelli” raccoglie aneddoti di infanzia di Yasukichi, dove si trova a contatto con giochi, il concetto della morte e riflette sul rapporto con suo padre.
In conclusione, la produzione letteraria di Akutagawa è stata incredibilmente variegata, spaziando tra varie tematiche, ambientazioni, stili narrativi e contenuti. Questa raccolta riesce a sintetizzare in maniera efficace la complessità di uno degli scrittori più importanti di tutto il Giappone.
Recensione di Biagio Furno
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