“Il sole si spegne” (titolo originale: 斜陽, Shayō), viene pubblicato per la prima volta nel dicembre del 1947. Il romanzo, il primo dello scrittore, rispecchia la realtà in cui si trovavano la classe aristocratica e quella intellettuale nel secondo dopoguerra, annientate spiritualmente dal conflitto. L’aristocrazia ha perso ogni possedimento e potere e la classe intellettuale è diventata sempre più criticata: artisti e scrittori non trattano più i temi tradizionali, ma portano il seme del nichilismo e attirano su di sé le maldicenze per via della vita dissoluta che sono “costretti” a vivere. Molti fanno uso di droghe o diventano alcolizzati e dormono con altre donne nonostante abbiano moglie e figli, spesso non tornando a casa per giorni.
Questa è la vita narrata dalla protagonista Kazuko, una ragazza di ventinove anni appartenente a una famiglia aristocratica caduta in disgrazia, costretta a trasferirsi in una villa di campagna. È sorella maggiore di Naoji, in primis un intellettuale, ma anche un soldato che ha combattuto nel sud del Pacifico e che fin dal liceo ha fatto uso di oppiacei.
La madre dei due fratelli viene considerata dalla protagonista l’unica vera aristocratica rimasta in vita, in quanto segue ancora le regole della sua classe sociale. Kazuko, al contario, durante la guerra ha dovuto fare lavori pesanti e lavorare nei campi come altri civili, su richiesta del governo, scoprendo di trovarsi a proprio agio, letteralmente, nei panni del contadino.
La protagonista, inoltre, ha anche un divorzio alle spalle. Nonostante voglia compiere il desiderio di avere un figlio, è costretta a spostare interamente le sue attenzioni sulla madre malata di tubercolosi, senza ricevere aiuto dal fratello tornato dalla guerra, assorbito dalla vita scriteriata che porta avanti a Tokyo insieme al suo mentore e scrittore Uehara Jirō.
Kazuko si innamora del romanziere dopo il primo incontro che hanno e, nei sei mesi che separano il loro secondo e ultimo incontro, gli invia tre lettere in cui esprime la sua volontà di avere un figlio da lui nonostante sappia che lui è sposato e ha una figlia. Lo scrittore non risponderà mai a quelle lettere.
Dopo un mese dalla morte della madre e dal suicidio del fratello per la sua autoriconosciuta mancanza di “capacità di vivere”, attraverso un’ultima lettera senza risposta di Kazuko a Jirō, si scopre che la protagonista è rimasta incinta dello scrittore, avverando il suo sogno.
Attraverso questo romanzo, Dazai mostra un realtà che lui stesso conosce in quanto figlio di una ricca famiglia di proprietari terrieri: la realtà della vita sfrenata all’insegna di alcol, droghe e donne, che portano all’annichilimento del corpo e della mente.
Lo stesso Dazai, stremato dalla vita che lui stesso conduce che gli comporta anche l’aggravarsi delle condizioni di salute, viene trovato morto insieme all’amante nel bacino di Tamagawa a Tokyo il giorno del suo trentanovesimo compleanno.
DazaiOsamu è spesso definito tra i più grandi autori giapponesi, grazie ai suoi personaggi straordinariamente umani e uno stile di scrittura schietto ma che rimane sempre molto attuale. In particolare, Lo squalificato (in originale Ningen Shikkaku) in particolare è considerato il romanzo più emblematico della sua produzione. Il protagonista Yozo è un uomo che si sente profondamente alienato dalla società, pur facendo del suo meglio per adattarsi agli standard che essa impone, tuttavia sempre incapace di adattarsi. Questo fallimento lo rende “squalificato” come essere umano, e lo porta a rifugiarsi in una vita di dissolutezza, facendo abuso di sostanze e passando da una donna all’altra. Il racconto ha come cornice narrativa un uomo che ritrova i taccuini di Yozo assieme a delle fotografie, e quindi riporta la storia dopo esserne rimasto profondamente colpito. Questo romanzo è ricco di elementi autobiografici, nonostante Dazai rifiuti ogni etichetta e preferisca invece staccarsi dalla convenzione letteraria definendosi invece un libertino. Il personaggio di Yozo è profondamente introspettivo, l’autore si concentra soprattutto sull’interiorità del personaggio, contrastandolo con il mondo esterno e su come Yozo si senta isolato rispetto a ciò che lo circonda.
Lo stile di Dazai è semplice ma molto efficace, tenendosi molto collegato alla realtà e al contempo esplorando Yozo e i suoi pensieri, che spesso divagano anche su temi molto inquietanti sulla natura umana, che, nonostante gli sembri incredibilmente distant,e egli rappresenta con la sua disperazione e il suo desiderio di connessione umana. Con questo romanzo, Dazai si fa carico del pensiero di chi non riesce ad adattarsi alla rigida società giapponese, nonché di tutti coloro che dopo la Seconda Guerra mondiale si sono ritrovati spaesati e estraniati rispetto alla propria situazione.
Dazai Osamu è forse uno fra gli autori più noti e amati della letteratura del ventesimo secolo in Giappone. Nato nel 1909 nella prefettura di Aomori, ha vissuto una breve ma intensa vita, segnata dai numerosi tentativi di suicidio. Muore infatti nel 1948, insieme all’amante Tomie, in un doppio suicidio. Noto principalmente per i suoi romanzi “Il sole si spegne” (Shayō) e “Lo squalificato” (Ningen Shikkaku), durante la sua carriera, Dazai ha scritto numerosi racconti brevi che gli hanno permesso di conquistare una certa fama fra i lettori della sua epoca. In questo libro, troviamo, oltre alla novella che dà il titolo alla raccolta stessa, alcune delle storie scritte nel periodo della seconda guerra mondiale.
Nella prima novella, “La studentessa“, Dazai descrive la vita di una giovane ragazza di Tokyo, in uno stile simile al flusso di coscienza, esprimendone i pensieri e le paure in una maniera così naturale che quasi sembra di leggere pagine del diario scritte dalla ragazza stessa. Nonostante sia una storia scritta nel 1939, la descrizione di questa giovane donna rimane incredibilmente attuale e rispecchia i sentimenti dei giovani che si trovano a metà fra l’adolescenza e la maturità. È forse una delle novelle più belle scritte da Dazai.
Segue un racconto che l’autore ha scritto rielaborando una storia dell’immaginario giapponese scritta da Ihara Saikaku. Ne “Il mare delle sirene” lo stile di Dazai dà alla vicenda, da un lato caricaturale nella sua interpretazione dei bushi del tempo, una profondità che enfatizza l’emotività dei personaggi. Un’opera di rielaborazione avviene anche nel caso dei racconti “Una storia di onestà povertà” e “Bambù blu“. Questi ultimi sono presi dalla raccolta “Racconti straordinari dello studio Liao” stilata da Pu Songling. Dazai ripropone queste due storie in origine corte, in uno stile tutto suo in cui il tutto si risolve nelle ultime righe e a cui l’autore aggiunge un insegnamento morale e ulteriori riferimenti alla letteratura cinese.
Per ultime, ma non perché siano meno importanti, vi parlo delle due novelle che vedono come protagonisti i membri della famiglia Irie. In “Sull’amore e la bellezza” e “Lanterne di una storia d’amore“, Dazai descrive abilmente i cinque fratelli e sorelle della famiglia con la stessa naturalezza con cui ha rappresentato la giovane studentessa. In questo caso i personaggi ci vengono descritti non tramite le loro azioni, ma attraverso le diverse parti di storia che metteno insieme uno ad uno. Questi fratelli e sorelle, infatti, pur essendo molto diversi gli uni dagli altri, si trovano spesso insieme per cimentarsi nella composizione di storie di qualsiasi genere. Tramite la famiglia Irie, Dazai fa sfoggio della sua estesa e profonda conoscenza della filosofia e letteratura occidentale che ritroviamo in molte sue altre opere.
Il libro si chiude con un’interessante postfazione a cura del traduttore Alessandro Tardito che offre importanti e interessanti informazioni pertinenti alla raccolta e all’autore.
Per gli amanti di Dazai Osamu, questa raccolta è di sicuro una piacevole sorpresa tra le uscite del 2019 e di sicuro non delude. La studentessa è un racconto che tocca nel profondo e la traduzione italiana rende molto bene l’idea che l’autore voleva trasmettere anche nell’originale giapponese. Dazai purtroppo è un autore che in Italia non vanta di molta fama né viene tradotto spesso, oltre al fatto che i suoi due romanzi più famosi sono ancora pubblicati nella versione tradotta dall’inglese (in mancanza di una traduzione dal giapponese all’italiano). Con questo libro ci arrivano fra le mani alcuni dei più bei racconti brevi della letteratura giapponese da parte di un autore altrettanto importante nel quadro della letteratura giapponese del 1900. Per chiunque fosse un appassionato dei decadenti del primo ‘900 e della letteratura semi-biografica questa raccolta è assolutamente un “must read”.
No longer human di Ninagawa Mika è un film che, riprendendo il titolo di uno dei più celebri romanzi di Dazai Osamu, mostra la vita dello scrittore stesso e di come è arrivato a scrivere i suoi due romanzi di più grande successo: Shayō (Il sole si spegne) e Ningen shikkaku (Lo squalificato, traduzione italiana di No longer human).
La vita dissoluta, fatta di alcol, droghe e donne che lo distraggono dalla vita da padre di famiglia, porta ad una costante ricerca del malessere, l’unico che gli permette di scrivere i suoi capolavori. Sono le sue esperienze negative che gli permettono di essere l’autore che è.
Fin dai primi minuti si capisce che la sua vita è bloccata in un vortice da cui non riesce ad uscire, sempre lontano dalla famiglia. Nonostante la vita sfrenata fatta di debiti e tradimenti, la moglie Michiko è sempre pronta a riaccoglierlo a casa, pur sapendo delle sue relazioni parallele. Due in particolare sono presentate: quella con Ota Shizuko (interpretata da Sawajiri Erika) e quella con Yamazaki Tomie (interpretata da Nikaidō Fumi).
La prima relazione sarà quella che ispirerà Shayō, grazie al diario di Shizuko, la quale, in cambio del favore di far leggere il suo diario a Dazai, chiede dallo scrittore un figlio. Nonostante la riluttanza, lui acconsente. Dopo aver mantenuto la promessa di mettere incinta la ragazza, scrive il suo romanzo, ottenendo un enorme successo di pubblico. Non mancano le critiche da parte di Mishima Yukio e Kawabata Yasunari.
Nonostante il grande successo, Dazai non riesce a farsi pubblicare facilmente, in quanto si trova in un periodo caratterizzato dalla sfiducia negli intellettuali e dalla disillusione generale in seguito alla seconda guerra mondiale.
In una delle varie serate per locali, incontra Tomie, con la quale inizia una relazione che durerà fino al suicidio dei due, seguendo una promessa che si sono fatti: Dazai deve scrivere il suo ultimo capolavoro e poi possono lasciarsi morire per abbandonare quella vita di malessere e vivere insieme nella morte.
La moglie, per poter pagare i debiti del marito, lo forza a distruggere la famiglia che entrambi hanno creato per poter scrivere l’ultimo capolavoro, anche per potersi liberare dalla grande sofferenza che le comporta vedere il marito con altre donne.
Dopo la stesura di Ningen shikkaku, arriva il momento per i due amanti di suicidarsi, anche se Dazai non sembra convinto della conferma che dà all’amante alla sua rinnovata richiesta di morire insieme. Tuttavia, l’autore mantiene la promessa e i due si buttano nel bacino di Tamagawa.
Con la prima amante, viene presentato in modo esemplare il periodo di transizione in cui si trova il Giappone: Dazai Osamu indossa ancora gli abiti tradizionali, sempre di colore scuro, austeri, mentre Shizuko indossa abiti occidentali dai colori accesi. Ciò sta a rappresentare anche la visione che la ragazza ha della vita: nonostante l’abbandono che subisce da parte dell’autore che lei tanto ama, prosegue la sua vita felicemente con la figlia.
Al contrario, si possono notare dei toni più scuri negli abiti occidentali della seconda amante, infatti sarà con lei che Dazai si toglierà la vita.
Si possono notare alcune somiglianze tra la vita dell’autore rappresentata nel film e Shayō: la moglie Michiko potrebbe essere vista come l’ultima vera donna giapponese, dedita ai figli e alla casa e sempre in abiti tradizionali, anche se non aristocratica, come nel caso invece della madre della protagonista del romanzo; la scena che vede Dazai bere insieme agli altri clienti del locale ignorando la presenza di Shizuko, già incinta e alla quale viene chiesto se vuole mangiare dei noodles nell’attesa, che è molto simile a quella che vede la protagonista di Shayō, Kazuko, aspettare che il suo amato Uehara, anche lui sposato, si allontani dagli intellettuali con cui sta bevendo, sempre mangiando noodles. Le idee di distruzione e nichilismo necessarie a Dazai per scrivere un capolavoro, che vengono portate avanti dall’inizio alla fine del film, vengono espresse visivamente in una delle ultime scene. Durante la stesura di Ningen shikkaku, la stanza che circonda l’autore di disassembla in uno spazio indefinito, fino a raggiungere la sua essenza, ovvero la struttura in legno che la compone.
Ningen Isu (dal giapponese 人間椅子, letteralmente “La sedia umana”) È una band heavy-metal formatasi a Hirosaki nel 1987. I fondatori della band, Shinji Wajima (chitarrista e cantante) e Ken-ichi Suzuki (bassista e cantante) presero spunto per il nome della band dall’omonimo racconto breve scritto nel 1924 da Edogawa Rampo.
Non a caso, molti dei testi delle band si riferiscono spesso alla letteratura giapponese classica e i suoi autori più famosi, tra i quali troviamo anche lo stesso Edogawa Rampo, Dazai Osamu e Akutagawa Ryunosuke. Sono presenti, però, anche riferimenti a scrittori della tradizione occidentale come Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft, Friedrich Nietzsche e tantissimi altri ancora.
Gli argomenti trattati nei testi sono, da un lato, di grande profondità a livello spirituale come l’inferno, il Buddhismo, l’universo. Dall’altro, invece, sono attaccati alla vita materiale e ai rapporti sociali del Giappone.
Una delle particolarità di questa band è che Wajima e Suzuki hanno un accento locale del tutto singolare, chiamato “il dialetto di Tsugaru” che aggiunge una atmosfera e un ritmo unico alle loro canzoni. La difficoltà nella comprensione dei testi , persino per alcuni giapponesi, è data anche dal fatto che i membri della band, in modo particolare Wajima, usino spesso parole difficili e appartenenti al giapponese antico (usate dal periodo Edo al periodo Showa).
Questo loro attaccamento alla tradizione classica giapponese è, inoltre, accentuato dal fatto che tutti i membri della band durante i concerti portino il Kimono e il Fundoshi.
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