Akushon! – I registi di JFS
Anche questa settimana l’Associazione Takamori vi fa compagnia parlandovi di un regista giapponese. Questa volta continuiamo a parlarvi di Kawase Naomi.
Come vi avevamo promesso, dopo avervi introdotto alla figura di Kawase Naomi, oggi vi parliamo dei suoi film.
Hanezu no tsuki (2011): girata nella campagna di Nara tanto cara alla regista. Proprio qui, dove la storia regna sovrana mostrando le vestigia dell’antica capitale giapponese, il passato si tuffa e riemerge di continuo nel fluire della vita del protagonista, Takumi, un giovane intagliatore del legno. Nelle immagini della regista uomini e donne del passato si alternano e si sovrappongono, in un intreccio narrativamente esile, ma denso dal punto di vista grafico ed emotivo.
Futatsume no mado (2014): due ragazzi appena sedicenni si conoscono e si dovranno confrontare con eventi più grandi di loro, a partire dalla scoperta di un cadavere proprio nell’oceano, sotto il molo del villaggio, disprezzato da Kaito e amato da Kyōko. Kawase ci racconta tutto dal punto di vista dei ragazzi e senza addolcire la pillola ci mostra come, in questo ciclo, si debba crescere a prescindere da ciò che ci accade.
An (2015): Il titolo originale de “Le ricette della signora Toku” è An, il nome con cui in giapponese ci si riferisce alla marmellata di fagioli rossi azuki, farcitura tipica della pasticceria tradizionale del Sol Levante. Proprio attorno a questo ingrediente ruota la storia di Sentarō, proprietario di un piccolo negozio che sforna dei golosi dorayaki, la cui marmellata è però di qualità mediocre. Sarà l’incontro con l’anziana Toku a permettere all’attività di risollevarsi. L’amicizia ritratto nella pellicola svela la saggezza che l’anziana Toku ha accumulato nel tempo: una saggezza che le ha dato modo di scoprire la bellezza che si palesa davanti ai nostri occhi in tanti piccoli dettagli della quotidianità.
Hikari (2017): Le vicende del film riguardano entrambi i personaggi, i quali interagiranno con la società: l’uno dalla sua peculiare condizione di ipovedente; l’altra, con un’immaginazione tale che la porterà a dissociarsi dalla realtà stessa. Infatti, possiamo intuire come un altro dei punti che la regista vuole mettere in evidenza sia il ruolo dell’immaginazione e quanto essa possa o meno costituire un limite personale.
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