Mikkō – Yoshiko Sai || Recensione

Yoshiko Sai è una cantautrice nata nella prefettura di Nara, che nel corso della sua carriera poliedrica ha rappresentato un’avanguardia nel panorama musicale giapponese. Il suo esordio come cantante avvenne ai tempi del liceo, negli anni ’60, quando decise di creare una band ispirata dal ben più famoso “Akai Tori”, gruppo folk dell’epoca. La produzione della cantautrice, che ha all’attivo cinque album, si divide tra gli anni ’70 e l’inizio degli anni duemila, in cui il Giappone ha assistito al suo ritorno sulla scena musicale dopo un silenzio durato circa trent’anni. I suoi album rappresentano una commistione tra elementi di folk tradizionale e di city pop, strizzando l’occhio a sonorità vicine al jazz e alla psichedelia. Oggi vi presentiamo un’opera esemplificativa della sua carriera, influenzata tanto dalla letteratura quanto dall’arte visiva: si tratta di “Mikkou”.

Pubblicato il 25 luglio del 1976, Mikkou rappresenta una svolta nella produzione dell’artista, in quanto è il primo album a contenere esclusivamente brani originali. Composto da 9 tracce per una durata complessiva di 47 minuti, già dalla copertina (realizzata dalla stessa Sai) mostra un’atmosfera apparentemente melliflua e leggera, che però viene spesso accompagnata da un’esecuzione ricca di suspence e a volte da una certa inquietudine onirica. Nella scrittura dei testi la cantante fa riferimento al suo bagaglio di letture, che comprende i racconti surreali e bizzarri di autori come Mushitaro Oguri e Seishi Yokomizo. Dal punto di vista strumentale, l’album è fortemente centrato sulla melodia vocale, che viene solitamente accompagnata da non più di due strumenti. Infatti, la produzione tende a mettere in risalto i singoli componenti che contribuiscono alla realizzazione del brano, piuttosto che a enfatizzare l’armonia nel suo complesso.

La traccia di apertura è “Kaasama No Uta” (Canzone della Madre), che lascia libera espressione al groove psichedelico del vibrafono. In tutti gli altri brani la componente psichedelica viene smorzata e affiancata da sonorità più pop, ma rimanendo comunque presente e tornando a tutti gli effetti nella title track finale. A seguire “Haru” (Primavera), che trasporta l’ascoltatore in un’atmosfera noir, dove piano, chitarra e basso accompagnano con una melodia di forte ispirazione jazz la voce lenta ma sempre nitida di Yoshiko. Si alternano poi tracce dalle sfaccettature più diverse: in “Nemuri no Kuni” (Il Paese del Sonno) l’unico accompagnamento della cantante è una sonata in pianoforte, che rende la canzone tanto essenziale nella sua struttura come poetica nella realizzazione; in “Hito no Inai Shima” (L’Isola Disabitata) si ritorna ad un suono più onirico accentuato dalle note del dulcimer e dalla linea del basso in sottofondo; ancora, il brano “Tenshi no You ni” presenta un ritmo molto più veloce e allegro alla batteria, dalle sonorità vicine al city pop, su cui si susseguono chitarra ritmica, sintetizzatore e flauto. In penultima traccia troviamo “Hyouryuusen” (Nave alla Deriva), ballata blues in cui voce e chitarra elettrica si alternano tra melodie lente e assoli ipnotici.

Nel complesso, l’album risulta molto interessante sia dal punto di vista musicale che da quello lirico, e riesce a far immergere l’ascoltatore in un mondo tanto fantastico quanto intangibile. L’essenzialità delle melodie, tenute insieme dalla voce pulita e avvolgente di Yoshiko Sai, rende l’album adatto tanto ad un ascolto occasionale quanto ad uno più attento, rimanendo così accessibile ma senza scadere nella banalità.

Presentazione “Diventare Ninagawa Mika” || Odeon Gallery

L’associazione vi invita giovedì 23 Novembre presso l’Odeon Gallery di Bologna (Via Mascarella 3) alla presentazione del libro “Diventare Ninagawa Mika“, in un incontro in cui avremo modo di approfondire la figura della fotografa e regista Giapponese.
Vi ricordiamo che il suo capolavoro “Helter Skelter” fa parte della nostra rassegna e verrà proiettato al cinema Rialto martedì 21 novembre.

A presenziare l’incontro ci saranno il traduttore Corrado Cucchi e il professore Francesco Vitucci, vi aspettiamo numerosi!

Heaven – Kawakami Mieko || Recensione

Autrice: Kawakami Mieko
Traduzione: Gianluca Coci
Editore: Edizioni e/o
Edizione: 2021

Come reagiamo alla violenza? In che modo essa plasma e distorce la percezione che abbiamo del mondo? Che valore
diamo al nostro dolore?


In “Heaven” (ヘヴン) Kawakami Mieko indaga queste tematiche raccontandoci la storia di due giovani vittime di
bullismo scolastico, fenomeno assai frequente nel Giappone di oggi.


La vita del protagonista scorre ordinaria, costellata da quotidiane torture e angherie subite dai suoi bulli nella totale
indifferenza e finta ignoranza di compagni di classe e professori. In questo buio senza apparente via di fuga, un
bigliettino anonimo con su scritto “Noi due siamo simili” è forse il primo spiraglio di luce che riesce a intravedere. Si
tratta di un messaggio lasciatogli da Kojima, una compagna di classe ugualmente vessata dai bulli della scuola.
Presto i due stringono un legame di amicizia fondato sulla comune esperienza di dolore, seppure non parlino mai,
per tacito accordo, delle violenze che subiscono.


È attraverso gli occhi strabici del protagonista che seguiamo gli eventi del romanzo, ed è tramite lo stile limpido ed
evocativo di Kawakami Mieko che non ci vengono risparmiate descrizioni crude e precise delle sofferenze dei due
ragazzi.


“Heaven” racconta in maniera atipica l’esperienza del bullismo scolastico. Non si limita a riportare la testimonianza
della vittima, ma ha il coraggio di lasciar parlare il carnefice. Questo non tanto per suscitare l’empatia del lettore,
quanto per offrire un punto di vista diametralmente opposto a quello della coprotagonista Kojima e così
approfondire la tematica del dolore e il valore che ad esso attribuiamo.


La visione del mondo di Momose, uno dei bulli, è iniettata di nichilismo, individualismo, e la ferma convinzione che
l’unica cosa a governare questo mondo sia la casualità. Afferma infatti:


Non si fa qualcosa perché se ne ha il diritto, ma perché si ha voglia di farlo.”


Dall’altro lato troviamo invece Kojima che, con uno spirito quasi da martire, accetta il dolore che le viene inflitto e
lo interpreta come un passaggio obbligato per arrivare a una vita serena, il suo “heaven”:


Un giorno quelle ragazze sì ravvederanno e capiranno quello che mi hanno fatto, si pentiranno dei loro errori e
forse diventeranno persone migliori. E anche questo servirà a dare un senso alla mia sofferenza quotidiana
.”


Lo scontro tra i due estremi di pensiero scuote il lettore e lo chiama a una partecipazione attiva nel turbamento che
vive il protagonista. Come lui, anche chi legge deve sforzarsi per poter mettere a fuoco la situazione, decidere se e in
che modo affrontare il proprio dolore, prendere una posizione tra il nichilismo e il completo sacrificio di sé.

Elena Angelucci