Into the White Night (2011)

Into the White Night è un film del 2011 diretto da Fukagawa Yoshihiro, basato sul romanzo thriller di Higashino Keigo. Segue la storia già raccontata nell’omonimo drama del 2006, costellata di misteri e colpi di scena.

Il proprietario di un banco dei pegni a Osaka viene trovato brutalmente assassinato, ma a causa della mancanza di prove decisive, la polizia è costretta ad archiviare la morte dell’uomo, liquidandola come suicidio. Però, Sasagaki, uno dei detective assegnati al caso, non riesce a dimenticare il fatto che il sospettato principale, fin dall’inizio, era stato il figlio della vittima, Ryōji, assieme ad una bambina sua coetanea, Yukiho.

Con il passare del tempo, i due, ormai adulti, sembrano essere circondati da morti sempre più inspiegabili: così, il detective decide finalmente di seguire la propria pista. In questa fase, saranno scoperti dettagli scioccanti su di loro.

La pellicola è stata proiettata a numerose manifestazioni cinematografiche, tra cui ricordiamo il Tokyo International Film Festival del 2010, il Berlin International Film Festival del 2011 e lo Shanghai International Film Festival dello stesso anno.

Into the White Night vi terrà sulle spine con i suoi momenti di suspense, e incollati allo schermo nella speranza di scoprire la verità al più presto.

Yoshino’s Barber Shop (2004)

L’insostenibile fardello della tradizione – Yoshino’s Barber Shop

Nella campagna giapponese, la tradizione è ancora fortemente radicata. Un ragazzino venuto dalla città riuscirà tuttavia a scuotere la torpida realtà del villaggio, disegnando nuovi equilibri.

(Japan, 2004)

Titolo: Yoshino’s Barber Shop

Titolo originale: バーバー吉野

Regista: Ogigami Naoko

Uscita al cinema: 10 aprile 2004

Durata: 96 Min.

Dalle prime immagini del film ci ritroviamo immersi nel Giappone rurale, quello di un piccolo villaggio che risponde al nome di Kaminoe. In questo luogo le tradizioni sono sacre e la cittadina trae linfa vitale per la propria identità da esse: il Giorno della Montagna è una di queste celebrazioni in cui la popolazione riunita prega la divinità che abita le alture limitrofe. Questa tradizione ha tuttavia bisogno di un guardiano, impersonato da Yoshiko, l’acconciatrice del luogo, alle cui forbici nessun maschio si può sottrarre. Difatti, l’altra grande tradizione in paese riguarda un certo taglio di capelli: a scodella, omologante, ridicolo. D’altronde, pare che questo stesso stile affondi le proprie radici nel mito locale, ove una perfida figura del folklore, il tengu dal naso rosso e dalle fattezze di metà uomo e metà volatile, minaccia i maschi stessi del villaggio, che possono confonderlo unicamente assumendo lo stesso taglio di capelli. Yoshiko, madre di due ragazzini del villaggio, è fiera conservatrice di questi usi e si batte strenuamente perché vengano rispettati.

Il presupposto equilibrio di questo luogo si rompe quando giunge in città un ragazzino, coetaneo dei suoi figli, dalla lontana capitale. La metropoli è un luogo distante, fisicamente e mentalmente, e ciò è dimostrato dall’atteggiamento del nuovo arrivato Yosuke, a cui stanno senza dubbio stretti i costumi locali. Il suo taglio di capelli assurge a simbolo di ribellione, di anticonformismo, persino di un’altra realtà possibile oltre all’unica nota agli abitanti, in particolari a quelli piccoli: pur faticando a trovarsi degli amici, egli mostrerà loro ciò che esiste al di fuori della tradizione, dalle capigliature in controtendenza alle riviste pornografiche. I coetanei-amici che lo seguono sono in cerca di una loro identità, che non sia stata confezionata su misura per loro da qualcun altro (o da qualcosa d’altro, come la tradizione) e trovano in lui una sorta di pragmatica guida per rompere con le abitudini del luogo.

Lo scontro tra vecchie e nuove ideologie raggiunge un’acme che, come spesso la narrazione vuole, delinea un nuovo, differente equilibrio. In esso, non necessariamente le une prevalgono sulle altre o viceversa, ma si comprende invece come le nuove generazioni possano convivere con un piede dentro e uno fuori dal solco della tradizione.

 

—- recensione di Antongiorgio Tognoli

Akunin (2010)

Il film che vi presentiamo oggi è Akunin, malvagio, un giallo del 2010 tratto dall’omonimo romanzo noir dello scrittore Yoshida Shūichi, e diretto dal regista coreano, naturalizzato giapponese, Lee Sang-il. Il protagonista è il giovane Shimizu Yūichi che, abbandonato dalla madre in tenera età, ora si prende cura dei nonni che lo hanno cresciuto come se fosse suo figlio in un decadente villaggio di pescatori di Nagasaki.

Yūichi si sente solo e, in cerca di compagnia, conosce su un sito di incontri Ishibashi Yoshino, una giovane impiegata di un’agenzia assicurativa di Fukuoka. La donna capisce di poter approfittare di lui chiedendo di essere pagata per i loro incontri ma è in realtà interessata a Masuo Keigo, un ricco universitario della città.

Una sera Yoshino, infatti, nonostante si fosse organizzata per incontrarsi con Yūichi, si imbatte per caso in Keigo e, scaricato il primo, che aveva guidato per ore solo per passare del tempo con la ragazza, sale in macchina con il facoltoso studente che in realtà si dimostra essere poco interessato a lei. La mattina dopo, però, verrà ritrovato il cadavere della giovane vicino a una sperduta strada di montagna e una nuova conoscenza arrichirà la vita di Shūichi.

È sulle commoventi note della colonna sonora composta da Hisaishi Jō che si snoda il pluripremiato racconto che esplora le complesse questioni della responsabilità morale, dell’ipocrisia della condanna sociale e dei limiti della responsabilità individuale. Tra i numerosi premi che ha ricevuto ricordiamo il premio per migliore attrice al Montréal World Film Festival del 2010 e numerosi premi al Japan Academy Prize del 2011.

La pellicola non ha come fine scoprire chi ha compiuto il delitto ma come esso è stato compiuto.

Se volete sapere cosa è accaduto a Yoshino e cosa succederà agli altri personaggi vi invitiamo a guardare Akunin con l’associazione Takamori qui!

Forget Me Not (2015)

 

Forget Me Not, 忘れないと誓ったぼくがいた
Giappone, 2015

Regia: Horie Kei

Cast: Murakami Nijiro, Hayami Akari, Nishikawa Yoshikazu

Genere: Sentimentale

Durata: 94 minuti

Wasurenai to Chikatta Boku ga Ita è un film del 2015, tratto dall’omonimo romanzo di Hirayama Mizuho, e narra la storia di Takashi (Murakami Nijiro) e Oribe Azusa (interpretata dall’idol Hayama Akari), che durante una sera d’estate si scontrano e si innamorano a prima vista.
Ma, destino vuole che Azusa sia colpita da una strana maledizione che la vede dimenticata da tutte le persone che ha incontrato nella sua vita:  nemmeno suo padre riesce a riconoscerla quando la mattina scende dalle scale per fare colazione prima di andare a scuola.
La sua iniziale resistenza a rivelare la verità a Takashi viene sconfitta dall’affetto che prova per il ragazzo, e lui, nonostante la confusione iniziale, le giura, grida a pieni polmoni che non la dimenticherà mai.
Ma più passano i giorni, le settimane, più Takashi si ritrova a dover scrivere sui muri della sua cameretta il nome di Azusa per non dimenticarlo. Video, post-it, foto di lei ormai lo sommergono, ma questo non gli impedisce di dimenticarla e rompere la promessa. Alla fine, però, verrà scoperta dallo stesso Takashi una verità più grande.
La pellicola è sommersa da questa patina di nostalgia, amore e malinconia,  che non può non far emozionare chi la guarda. L’interpretazione dei giovani attori è delicata, emotivamente carica, senza però sfociare in alcuna esagerazione.
Insomma, un film semplice ma che riesce a farci riflettere sulle relazioni, sulla memoria di relazioni passate e sul puro e innocente amore.

 

—recensione di Anna Maria Meccariello.

 

Father and Son (2013)

Father and son, そして父になる
(Giappone, 2013)

Regia: Kore’eda Hirokazu

Cast: Fukuyama Masaharu, Ono Machiko, Lily Franky

Genere: drammatico

Durata: 120 minuti

Nonomiya Ryota (Fukuyama Masaharu) è un businessman, tanto zelante nel lavoro quanto assente nella vita familiare, che pretende molto da suo figlio affinché diventi come lui. Ha avuto fin da piccoli rapporti problematici col padre e anche per la mancanza di un buon esempio non si dedica alla cura del suo rapporto filiale. Suo figlio, il piccolo Keita è un bambino silenzioso e obbediente che nutre un grandissimo affetto per i genitori, e in particolar modo nutre grande stima del padre. Nonostante le forti pressioni genitoriali verso Keita la loro vita familiare trascorre serena, finché un giorno una chiamata cambierà per sempre la loro vita.

Un giorno ricevono una chiamata dall’ospedale in cui è nato Keita. Secondo l’ospedale, per un errore da parte di una delle infermiere, il loro bambino sarebbe stato scambiato alla nascita con un altro.

Questo ci porta quindi a fare la conoscenza della famiglia Saiki e del piccolo Ryusei, figlio biologico dei Nonomiya. Le due famiglie conducono vite totalmente diverse: mentre infatti la famiglia Saiki vive una vita spartana e vede i genitori molto partecipi nella vita dei proprio figli, per quanto riguarda la famiglia Nonomiya si può dire proprio il contrario. Le due famiglie iniziano a conoscersi e a far passare ai bambini sempre più tempo coi rispettivi genitori biologici. I genitori si confrontano inoltre con un altro modo di essere presenti per i figli.  Arriva però infine il momento in cui gli viene chiesto di decidere se scambiare i bambini o meno, cosa avrà quindi più peso: il legame di sangue o gli anni trascorsi insieme? E che peso avranno i desideri dei bambini in una decisione del genere?

Father and son è un film che affronta con delicatezza le problematiche del rapporto padre-figlio e le difficoltà nel bilanciare lavoro e vita familiare. Sottolinea inoltre l’importanza di una figura genitoriale nella formazione dei bambini come individui, sia nel bene che nel male.

Questa pellicola è stata fortemente apprezzata fin dalla prima uscita nelle sale e ha ricevuto numerosi premi tra cui ricordiamo i più prestigiosi: il premio della giuria al Festival di Cannes (2013) e il Rogers People’s Choice Award al Festival di Vancouver (2013). L’opera è stata inoltre doppiata in italiano, già nel 2014.

Si tratta sicuramente di un film che merita di essere visto e perciò noi dell’associazione Takamori ve la consigliamo caldamente. Se poi interessasse sapere di più sulla produzione di Kore’eda potete vedere i nostri video su: Distance, Nobody Knows e Air doll.

 

—recensione di Roberta Novello.

The Woodsman and the Rain (2011)

The Woodsman and the Rain, キツツキと雨
(Giappone, 2011)

Regia: Okita Shūichi

Cast: Yakusho Kōji , Oguri Shun, Yamazaki Tsutomu, Kora Kengo

Genere: commedia

Durata: 129 minuti

 

The Woodsman and the Rain è una commedia del 2011 diretta da Okita Shūichi e ambientata nell’entroterra giapponese. Qui Katsuhiko Kishi, rimasto vedovo da tre anni, lavora come taglialegna. Katsuhiko vive con il suo unico figlio Koichi e con lui ha un rapporto complicato, dato che non soddisfa le sue aspettative. Un giorno Katsuhiko viene coinvolto controvoglia nella ripresa di un film per la ricerca della location e finisce per diventare una comparsa. A dirigere il film è un giovane introverso, anch’egli di nome Koichi, che inizialmente non si guadagna la simpatia di Katsuhiko. Tuttavia una sera quest’ultimo dà un passaggio al giovane direttore, che si dimostra sorpreso per l’improvviso interesse del taglialegna verso il suo copione. Koichi viene fermato dal suo manager, il signori TorĪ, mentre cercava di scappare a Tokyo. Quella sera viene dunque accolto da Katsuhiko, rimasto solo a casa dato che suo figlio Koichi è invece riuscito ad andare a Tokyo.

Il taglialegna e il giovane iniziano a sviluppare una relazione quasi come di padre e figlio: mentre Katsuhiko inizia a meglio comprendere l’indole del ragazzo, Koichi progressivamente si apre a lui. Katsuhiko lo aiuterà nella produzione del film, chiamando gli abitanti del villaggio e coinvolgendoli nelle riprese, nonché costruendo una sedia da direttore in legno come dono per il giovane.

Koichi acquisisce così la fiducia in se stesso, mentre Katsuhiko comprende meglio come essere un padre. Durante l’anniversario di morte della moglie, infatti, riuscirà a ricongiungersi a suo figlio.  Alla fine Katsuhiko aiuterà anche a far terminare le riprese entro la scadenza, riuscendo a sfruttare il momento di quiete dopo una pioggia improvvisa. Anche nei film successivi, Koichi porterà la sua sedia in legno sempre con sé.

Qualsiasi elemento del film, dalle luci alle musiche, fa sentire lo spettatore un’atmosfera calda e familiare, come quella delle campagne, che si può rispecchiare nei rapporti del signor Katsuhiko che nascono e si rimarginano. The Woodsman and the Rain è un film caloroso e che scalda il cuore di chi lo guarda.

—recensione di Eleonora Cuccu.