IchikawaTakuji, autore del successo mondiale Quando cadrà la pioggia tornerò ci trasporta ancora una volta in una delle sue travolgenti storie.
Protagonista del romanzo è Satoshi che, con i suoi amici d’infanzia Yuji e Karin, condivide la passione per tutto ciò che è inutilizzabile, guasto o caduto in disuso. Introducendoci in un primo momento all’amicizia fra i tre adolescenti, il racconto riprende a circa quindici anni di distanza, il giorno esatto in cui nel negozio di piante acquatiche dell’ormai adulto Satoshi si presenta Morikawa Suzune, popolarissima attrice e modella. Sebbene egli fatichi a riconoscerla, la giovane donna si rivela ben presto Karin, un amore passato dal quale il protagonista non sembrava essersi mai davvero emancipato. Nel frattempo un grave incidente coinvolge Yuji…
Con quel tocco finale di sovrannaturale che caratterizza la scrittura di Ichikawa, formula letteraria di cui è indiscusso maestro, Sono tornata, amore è un romanzo sorprendentemente profondo. Una storia tenera e commovente che si contraddistingue per la capacità di trattare tematiche quali la vita e la morte tramite il linguaggio universale delle esperienze vissute, i ricordi di amicizie solo apparentemente dissipate e le memorie dei primi amori.
Un racconto quindi malinconico, a tratti onirico e dai toni delicati che evidenzia tutta l’abilità della scuola letteraria giapponese di trattare temi profondissimi tramite frammenti di intima quotidianità. Una storia che va dritta al cuore e un romanzo da consigliare non solo agli amanti della letteratura giapponese ma soprattutto a chi, con questa, sta ancora familiarizzando.
Come a voler ricucire uno strappo di conoscenza e rinnegando la narrazione editoriale di una letteratura giapponese senza un passato moderno, come ogni altra letteratura, la collana editoriale Arcipelago Giappone, edita da Luni editrice e diretta da Francesco Vitucci, vuole far conoscere, per la prima volta in traduzione originale dal giapponese, quali sono gli autori punto di riferimento e i capisaldi della letteratura moderna giapponese, su cui si sono formati e che hanno nutrito l’immaginario degli autori contemporanei giapponesi più amati.
Biblioteca Salaborsa
L’Associazione Takamori è orgogliosa di annunciare che gli incontri si svolgeranno nella prestigiosa Biblioteca Salaborsa, luogo di massima autorevolezza, promotrice di diffusione della cultura in ogni sua forma nella città di Bologna.
Il calendario aggiornato prevede gli appuntamenti con:
26 Ottobre alle ore 18:00 Il libro dei mortidi OrikuchiShinobu, traduzione e curatela di AlessandroPassarella.
23 Novembre alle ore 18:00 Labirintod’erbadi IzumiKyōka, traduzione e curatela di AlessandroPassarella.
11 Gennaio alle ore 18:00 La maledizione di Oiwa di TanakaKōtarō, traduzione e curatela di Stefano Lo Cigno.
8 Febbraio alleore 18:00 La torre spettrale di Edogawa Ranpo.
8 Marzo alle ore 18:00 L’inferno delle ragazze di Yumeno Kyūsaku
26Aprile alle ore 18:00 La luce, il vento e il sogno di NakajimaAtsushi
Ulteriori aggiornamenti sui prossimi incontri verranno comunicati sul sito di Associazione Takamori e su tutti i nostri social.
Una volta raggiunta la capienza massima consentita non sarà possibile entrare e sostare in piedi. Anche se non è più obbligatorio, per entrare in biblioteca e per partecipare alle attività raccomandiamo ancora l’uso della mascherina (chirurgica o FFP2).
Autore: Murakami Ryū
Titolo originale: In the Miso Soup (イン ザ・ミソスープ)
Editore: Mondadori Editore
Collana: Strade Blu
Traduzione: Tashiro Kaoru e Bagnoli Katia
Edizione: 2006
Pagine: 232
Tokyo Soup, come altri libri di Murakami Ryu, è più di quello che promette. Spesso definito un thriller, sfocia in realtà nell’horror più viscerale, con uno splatter che ha molto di psicologico e ha poco a che fare con il “pulp” a buon mercato.
Tutto inizia quando Kenji, un ventenne che fa la guida per stranieri in cerca di turismo sessuale a Tokyo, viene ingaggiato da Frank, un americano che da subito gli trasmette quella sensazione istintiva e profonda di “qualcosa che non va”. Man mano che lo osserva e ci interagisce, Kenji trova Frank sempre più bizzarro e inumano: la sua pelle sembra quasi artificiale, le sue espressioni facciali sembrano un’imitazione di quelle di un essere umano, i suoi occhi sono profondi e privi di luce e sospetta che tutto ciò che racconta siano bugie. L’inumanità grottesca di Frank fa sì che un’idea inizi a farsi strada nella mente di Kenji: e se la ragazza trovata fatta a pezzi qualche giorno prima nel quartiere fosse stata uccisa da Frank?
I temi trattati da Murakami sono molteplici e su più livelli; il primo è sulla natura intrinseca dell’essere umano e su come affronta la più autentica e antica delle emozioni: la paura. Essa permea l’intero romanzo ed è il motore di molte delle azioni del protagonista, mantenendolo sulle prime vigile e cauto, e portandolo allo shock quando l’orrore esploderà come una diga. Così anche gli altri personaggi reagiranno in modo quasi buffo di fronte al terrore assoluto che li investe, e a rendere il tutto assolutamente terrificante sono la plausibilità e il realismo. Nemmeno Frank è immune alla paura: in un’occasione ha infatti una crisi che il protagonista fatica a comprendere, ma che ci ricorda che, di base, Frank è un essere umano, disturbato e traumatizzato, tuttavia capace di provare a modo suo emozioni.
Le reazioni dei personaggi sono in realtà una critica non troppo velata che porta al secondo livello tematico affrontato nell’opera, ovvero una critica impietosa dello stato del Giappone odierno. I personaggi non sanno come reagire alla paura e restano fermi o ridacchiano come idioti perché stanno vivendo una vita vuota, insulsa e insipida che cercano di rendere meno insopportabile con chiacchiere, alcool, sesso e consumismo. Frank si lamenta di come gli stranieri sappiano della cultura giapponese più dei Giapponesi stessi: essi hanno perso contatto con la loro storia, la loro natura più vera; vivono nell’adorazione degli Stati Uniti e nella vuota venerazione di accessori e oggetti di marchi altisonanti, ma che non sono nemmeno in grado di apprezzare. Ne esce il ritratto di un paese che ha sempre avuto dei grossi limiti nel relazionarsi con “l’altro”, e ora che sta perdendo la sua stessa identità la sta ricercando nel posto sbagliato, vivendo inavvertitamente e senza passione al punto che anche davanti al pericolo non sa come reagire e si lascia morire in modo ridicolo.
Kenji uscirà trasformato dall’esperienza, ma il finale non è propriamente edificante. Non c’è una apertura speranzosa al futuro e un superamento della condizione iniziale, perché forse l’unica parvenza di percorso l’ha fatta Frank, unico personaggio veramente padrone e consapevole delle proprie azioni e che giunge a una sorta di catarsi. Frank viene presentato quasi come un Hannibal Lecter dei poveri, che spesso si cimenta in riflessioni filosofiche e aforismi che il lettore potrebbe sulle prime interpretare come pensiero dell’autore, ma che in realtà non necessariamente lo sono. I pensieri di Frank sono infatti uno strumento per muovere una critica, ma sono anche stranianti e talvolta presuntuosi e stupidi. Alcuni hanno visto in queste contraddizioni una carenza di Murakami nella costruzione dell’opera, ma si tratta forse proprio del messaggio che l’autore voleva consegnare, dando una chiave di lettura per andare oltre il caos del mondo.
Se c’è un elemento fondante della narrativa di Murakami Ryū, questo è senza dubbio il desiderio di fuggire dalle convenzioni sociali, la necessità di evadere dalla cultura di massa. Allo stesso modo, i suoi personaggi sentono il bisogno di scappare dal quotidiano e dall’ordinario, un bisogno che ha un’urgenza che è pari ai bisogni sfrenati di un maniaco omicida. La fuga dalla opprimente normalità viene realizzata tramite la violenza, tramite situazioni degradanti e depravate che confluiscono in quella che è stata definita una “narrativa del male”. Questi personaggi, a disagio in una società tediosa, tranquilla e conformista, fanno dell’esplorazione della perversione una ricerca della loro identità più autentica, una individualità che si può raggiungere tramite ciò che la società stessa considera tabù.
Durante la stesura di Piercing, l’autore ha fatto ricerche e ha intervistato ragazze operanti nel settore del sadomaso, riuscendo a dare una realtà e un’umanità ai personaggi fuori dall’ordinario. Murakami ha trovato in loro una propulsione anti-società incredibilmente affascinante, legata ai traumi infantili che molte di queste ragazze avevano vissuto e che le avevano portate al sadomaso come una sorta di “terapia”. Infatti, per Murakami, anche di questo si tratta: una terapia, un gioco tra il dominante e il dominato, che nel sistema di ruoli permette di andare alla ricerca di qualcosa di “oltre”, una speranza per il futuro.
Così, conosciamo Kawashima Masayuki, un uomo come tanti con una carriera di tutto rispetto, innamorato di sua moglie e preoccupato che la sua amata figlia neonata possa soffrire, come lui, di disturbi del sonno. Così, in una notte come tante in cui la osserva dormire, si rende conto di non poter più reprimere un oscuro bisogno, quello di trafiggerla con un punteruolo. Terrorizzato all’idea di far del male alla propria figlia, decide di sfogare questa sua pulsione con pragmaticità e razionalità, ovvero uccidendo una prostituta senza farsi scoprire, salvaguardando così la sua famiglia. I suoi piani verranno tuttavia stravolti quando la prostituta che ha ingaggiato si rivelerà essere una masochista con tendenze suicide che avrà una crisi proprio nel momento peggiore.
Piercing ci pone innanzi a un presupposto inusuale per un thriller psicologico: e se non ci fosse solo UN personaggio con disturbi psichici? Basta questo per ribaltare l’archetipo di questo genere di narrativa, creando mille combinazioni date dalle interazioni delle idiosincrasie delle menti (anormali? Diverse? Malate?) dei protagonisti. Dove li porterà il loro incontro? A una fine truculenta o alla salvezza?
L’altro interrogativo che genera questo romanzo è su quanto i protagonisti siano effettivamente colpevoli. Entrambi hanno subito dei traumi che li hanno resi ciò che sono. Da un certo punto di vista, il protagonista Kawashima cerca di fare la scelta più responsabile e razionale, incanalando le sue pulsioni verso una vittima “esterna” piuttosto che alla famiglia. I personaggi di Piercing sono quindi, a conti fatti, delle persone “normali”, e ciò che hanno vissuto loro non è accaduto invece a noi solo per uno scherzo del destino. Murakami vuole sottolineare come non si tratti di eccezioni: chiunque abbia avuto una infanzia come la loro potrebbe ritrovarsi nei loro panni.
Titolo originale: 思い出が消えないうちに (lett. Prima che i ricordi scompaiano)
Editore: Garzanti
Collana: Narratori moderni
Traduzione: Claudia Marseguerra
Edizione: 2022
Pagine: 180
Dopo il successo di Finché il caffè è caldo e del successivo Basta un caffè per essere felici, Kawaguchi Toshikazu torna con una terza opera dedicata alla sua caratteristica caffetteria. Al centro delle vicende de Il primo caffè della giornata vi è infatti un locale tutto particolare, in cui si serve una bevanda altrettanto speciale in grado di rievocare le emozioni dal passato dimenticate o mai affrontate: si tratta del caffè delle seconde opportunità. Un tuffo nel passato quello permesso dall’aroma del caffè, che inizia nel momento in cui viene versato e dura finché esso non si raffredda, a patto però che vengano rispettare alcune regole. Per poter usufruire dei suoi effetti è infatti necessario che il caffè venga gustato con calma, seduti a uno specifico tavolino. Soprattutto, ai clienti viene ricordato che, qualunque sia il ricordo vissuto o l’esperienza rinnovata, non vi sarà alcuna possibilità di modificare il presente. A queste condizioni, chi decide di immolarsi nei propri ricordi e rievocare esperienze o emozioni spesso dolorose sono solo i più coraggiosi, coloro quali il passato è ancora in sospeso e il presente in stallo. Ed è proprio a loro che il romanzo è dedicato, suddiviso in quattro racconti tra loro legati e rispettivamente intitolati: “La figlia”, “Il comico, “La sorella minore” e “L’uomo che non sapeva dire «ti amo»”.
Senza mai perdere il proprio aroma speciale, e con uno stile delicato dai toni gentili che ben concilia temi quali il passato, la nostalgia, i rimorsi e le occasioni perse, Kawaguchi invita nuovamente il lettore a immergersi nel magico rituale di un caffè.
Il primo caffè della giornata è la raccolta di quattro racconti toccanti, caratterizzati da un forte timbro emotivo, in grado di coinvolgere ogni potenziale lettore catapultandolo nelle proprie personalissime memorie. Ognuno dei protagonisti ha una ragione diversa per voler affrontare il passato, ma nel tempo di un caffè, ciò che davvero verrà offerta loro è la possibilità di comprendere sé stessi, accettare i propri errori e imparare dalle proprie esperienze, perdonandosi e andando avanti senza rimpianti.
Soprattutto, il romanzo è l’ennesima dedica che, sapientemente scritta, lo scrittore fa alla vita, alle emozioni e avvenimenti che essa comporta, ai piccoli piaceri del tempo presente e alle possibilità di quelli futuri.
Titolo originale: アンダーグラウンド (parte prima), 約束された場所で (parte seconda)
Editore: Einaudi
Traduzione: Antonietta Pastore
Edizione: 2014
Pagine: 503
Underground è una romanzo a più voci scritto da Murakami Haruki e pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1997 e in seguito anche nel 1998. È arrivato in Italia nel 2003 e ha avuto due riedizioni, una nel 2011 e una del 2014. Underground è un romanzo che si discosta completamente dallo stile dello scrittore, il quale spesso ci racconta di avvenimenti fantastici e ci fa staccare dal mondo reale che viviamo tutti i giorni. In Underground, si potrebbe dire che avviene il contrario, Murakami ci riporta con i piedi per terra raccogliendo in questo romanzo una serie di interviste a persone sopravvissute all’attentato al sarin avvenuto nella metropolitana di Tokyo nel 1995.
Il 20 marzo 1995 su diverse linee della metropolitana di Tokyo ci fu un attacco terroristico con l’impiego del gas nervino sarin, il quale provocò 14 morti e oltre 6200 intossicati, gravi e meno gravi. L’attentato fu organizzato dalla setta religiosa Aum Shinrikyō, in particolare 10 membri della setta divisi in coppie, una persona si occupava di guidare e l’altra persona portava con sè delle sacche piene di sarin avvolte in dei giornali e una volta sul treno doveva bucarle con la punta di un ombrello appositamente affilata. I sintomi più comuni dell’intossicazione da sarin sono difficoltà respiratorie, affaticamento, restringimento delle pupille, tosse. Tra gli intossicati ci fu anche uno degli attentatori.
Nella prefazione, Murakami Haruki ci racconta tutto il processo di creazione del libro. Dal cercare la lista dei sopravvissuti al momento di trascrizione delle interviste. Le parole che leggiamo in Underground, sono le stesse che hanno pronunciato gli intervistati, l’autore si è limitato a scriverle in modo che il lettore potesse leggerle senza difficoltà e, come ci dice, ogni intervista prima di essere pubblicata è stata riletta dall’intervistato. Prima delle interviste, Murakami ci dà una breve spiegazione sulla linea di cui poi sentiremo parlare, inoltre, in molte interviste compaiono i veri nomi e le età al giorno dell’attentato dei sopravvissuti. Tuttavia, in alcune interviste Murakami ha dovuto utilizzare un nome fittizio.
In Underground emerge sicuramente la capacità di scrittore di Murakami Haruki, ma è un romanzo molto forte, in quanto sono i sopravvissuti in prima persona che ci raccontano quello che hanno vissuto, sentiamo la voce di gente comune che va a lavoro, del personale ferroviario, di persone rimaste gravemente intossicate, come di quelle che non hanno quasi avuto sintomi. Ognuna di queste persone ha vissuto l’attentato in modo diverso, ma nessuna di loro vuole che ciò che è successo venga dimenticato e ciò è stato reso possibile grazie a Murakami Haruki in Underground.
Commenti recenti