Hayashi Fumiko – Lampi

Lampi

Autore: Hayashi Fumiko

Titolo originale: 稲妻

Editore: Marsilio

Traduzione: Paola Scrolavezza

Edizione: 2011

Collana: Mille Gru

Pagine: 226

Inazuma segue le vicende di una famiglia di cinque persone, tre sorelle, Nuiko, Mitsuko e Kiyoko, il loro fratello, Kasuke, e la madre Osei. Figli di tre padri diversi, i quattro sono stati cresciuti dalla madre ma solo Kiyoko, la più giovane, sembra turbata dalla situazione.
È proprio attraverso gli occhi di quest’ultima che la vicenda ci viene narrata; la giovane è il prototipo della donna ribelle, disgustata dalla sua famiglia e dalla dipendenza dagli uomini alla quale le donne sono ancora costrette. La vita delle tre sorelle si intreccia a seguito della proposta di Tsunakichi, uno squallido ma ricco commerciante, desideroso di sposare Kiyoko, la più piccola della famiglia e l’unica sorella ancora non sposata.

La diversità della giovane si manifesta in quella che lei chiama più e più volte ‘deformità’, ossia nel suo labbro leporino, condizione che la spinge a dichiarare:
‘Guarda che non se ne parla nemmeno, ce l’ho scritto ben chiaro sul viso: Io non posso sposarmi!’
È per questa sua caratteristica che le donne della sua famiglia si adoperano spasmodicamente per accasarla e dopo la proposta di Tsunakichi la madre può tirare un sospiro di sollievo. L’uomo, però, oltre ad aver avuto una relazione con la maggiore, Nuiko, è estremamente violento con tutte le sorelle e Kiyoko non è disposta a unirsi a un uomo che non la rispetta.
La giovane non rifiuta il matrimonio come istituzione, è convinta che possa essere una buona scelta, ma a essere inaccettabili sono le pressioni sociali e familiari dalle quali si sente soffocata.
Sarà questo desiderio di indipendenza e di rivalsa che la porterà a realizzare il suo futuro ancora incerto. I due lampi che squarciano il cielo finale sopra le case di Yamanote sembrano aprire uno spiraglio di luce nell’avvenire di Kiyoko.

Inazuma è un romanzo fondamentale nell’evoluzione artistica di Hayashi Fumiko, pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1936, e in Italia nel 2011 edito da Marsilio, rappresenta l’occasione verso una scrittura nella quale l’autobiografico si fonde con la fiction incentrata su eventi e dettagli della vita quotidiana vissuti in prima persona dall’autrice durante i suoi numerosi viaggi.

L’opera si inserisce perfettamente nella letteratura dai margini dell’autrice. Outsider lei stessa in quanto figlia illegittima, riesce a raggiungere la notorietà nella Tōkyō del primo dopoguerra in grande fase di espansione, a seguito della pubblicazione del suo diario poetico, Hōrōki, a metà fra il genere autobiografico e romanzesco. Fu una delle prime donne a vivere della sua scrittura e anziché nascondere la propria estrazione sociale e raggirare la sua marginalità attraverso vie come il matrimonio, basa su questa sua identità la sua poetica per costruirsi una vita fuori dagli schemi.

Hayashi Fumiko dà voce alle giovani donne appartenenti alle classi sociali più svantaggiate che in questi anni lasciano la provincia per le grandi città per impiegarsi nei nuovi luoghi della modernità come i caffè. La scrittrice non risparmia niente al lettore della vita di queste donne, nemmeno i momenti più grotteschi e violenti riuscendo, col suo linguaggio crudo e vero, a dipingere nella mente di chi legge paesaggi realistici e pieni di vita nei quali assistere alle vicende dei personaggi alle prese con un mondo più reale che mai.

 

— recensione di Pietro Neri

Natsume Sōseki – Il signorino (2007)

Il signorino

Autore: Natsume Sōseki

Titolo originale: 坊ちゃん

Editore: Neri Pozza Editore

Traduzione: Antonietta Pastore

Edizione: 2007

Pagine: 159

Il signorino è un romanzo del famoso scrittore Natsume Sōseki, pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1906, e in Italia nel 2007 da Neri Pozza.
Per quest’opera, Sōseki prende spunto dalla sua personale esperienza da insegnante in una scuola media dello Shikoku, una regione che non era stata eccessivamente travolta dall’ondata di modernizzazione Meiji.

Ci troviamo a Tokyo nei primi anni del Novecento in una famiglia composta da padre, madre, due figli maschi e una domestica. Mentre il figlio maggiore è lodato dai genitori per il suo temperamento mite e per la sua dedizione negli studi, il figlio minore è considerato come la pecora nera della famiglia. Quest’ultimo è infatti molto impulsivo oltre che sfacciatamente sincero in una società che predilige l’apparenza e l’ipocrisia.

L’unica persona a mostrare affetto per il ragazzo è la domestica Kiyō che, essendo cresciuta in un Giappone più genuino, riconosce la sua franchezza e lo crescerà insegnandogli l’importanza di questa qualità ormai rara. Sarà proprio Kiyō ad affidargli il tenero nomignolo di bocchan ovvero “signorino”. Inizialmente il signorino si dimostrerà scontroso anche con la domestica ma poco a poco tra i due si creerà un rapporto speciale.

Col tempo sia il padre che la madre passano a miglior vita lasciando il signorino con una magra ereditá. Nel frattempo, su pressioni di Kiyō, riesce a completare gli studi e a ottenere un posto come insegnante di matematica in una scuola di provincia. Lontano da Tokyo e lontano da Kiyō, sarà per il giovane insegnante difficile ambientarsi nella sua nuova realtà. Il suo carattere si scontrerà ben presto con i rozzi abitanti della cittadina in cui lavora, i colleghi insegnanti sbruffoni e ipocriti e gli studenti dispettosi.

Come in altre sue opere, Sōseki presenta una critica al processo di modernizzazione giapponese. In questo romanzo, in particolare, rimpiange una moralità perduta in favore di un maggiore opportunismo tra la gente. Coloro che hanno abbracciato in pieno l’occidentalizzazione ,come i professori della scuola in cui lavora il signorino, sono descritti quasi tutti come persone che si riempiono di belle parole ma che sono pronte a pugnalare alle spalle chiunque.

Il tono usato da Sōseki però non é affatto moraleggiante. Il signorino é caratterizzato da toni satirici e ironici a partire da come il protagonista decide di affibbiare dei nomignoli canzonatori ai colleghi (il pomposo preside Tasso, l’irascibile Porcospino o il doppiogiochista Camiciarossa ecc…).

—recensione di Riccardo Avarello.