L’Associazione Takamori è lieta di annunciarvi una nuova pubblicazione. Edita da Luni Editrice, “Favole del Giappone” di Niimi Nankichi porta in scena l’affascinante universo immaginifico dell’arcipelagonipponico. Sospesa tra realtà e fantasia, l’opera racchiude alcuni tra i racconti più noti dell’autore, uno degli scrittori più emblematici della letteratura giapponese per l’infanzia e spesso descritto come l’ “Andersen” giapponese. Tratteggiando l’immagine di un Giappone rurale, le sue favole aprono al lettore occidentale una finestra privilegiata sul folklore giapponese e sul suo complesso sistema di valori: fortemente allegoriche, queste favole forniscono profonde suggestioni e personaggi memorabili destinati a rimanere impressi nella mente del lettore. Continuate a seguirci per altre novità sulla letteratura giapponese!
Una tra le opere più note del Premio Nobel per la letteratura Ōe Kenzaburō, “Un’esperienza personale” narra un periodo travagliato della vita del protagonista, Tori-Bird.
Professore di una scuola di preparazione per gli esami di ammissione all’università, Tori-Bird si trascina in un’esistenza stanca e monotona, trovando una via di fuga dalla vita quotidiana solo nella sua ossessione per l’Africa e nella speranza di un viaggio verso quel continente lontano, sognato come terra di avventure in cui provare il proprio coraggio. Quando sua moglie partorisce un bambino con un’apparente ernia cerebrale per cui i dottori prevedono una speranza di vita di soli pochi giorni, il protagonista si trova a dover fare i conti con le proprie battaglie interiori e i fantasmi irrisolti del proprio passato. Oppresso da un senso di vergogna verso sé stesso e la fragilità del corpo umano, Tori-Bird deve gestire una situazione complessa ed emotivamente devastante, barcamenandosi in un mondo incerto fatto di ospedali e medici; anche la vita familiare ne viene complicata, dovendo nascondere la notizia della condizione del figlio alla moglie convalescente e gestire un rapporto già difficile con i suoceri.
Il protagonista risponde quindi alla nuova situazione nell’unico modo che conosce: fuggendo. Una fuga che è non solo fisica, come esemplificato dalla corsa iniziale in bicicletta, ma anche e soprattutto morale e spirituale. La sua mente si rifugia spesso negli immensi spazi africani ma anche questi sembrano incapaci di fornire conforto, celando trappole insidiose. Cerca allora una via di fuga nel whisky, vecchio vizio che l’aveva già spinto ad abbandonare il corso di specializzazione negli anni dell’università. Anche questo si rivela però un rifugio temporaneo e insidioso, traducendosi in terribili postumi che comprometteranno la sua vita lavorativa.
Tori-Bird è un personaggio debole, incapace sia di azione che di reazione, che posto davanti a un durissimo quesito morale rifugge dalla scelta e si nasconde in una tana buia, limitandosi ad aspettare passivamente il corso degli eventi. Anche il colloquio con il direttore della scuola dimostra l’incapacità del protagonista di lottare: Tori-Bird non prova nemmeno a difendere il proprio posto di lavoro e rifiuta l’aiuto offertogli da alcuni suoi studenti, accettando semplicemente il dipanarsi degli eventi e non elaborando nessun piano per il futuro.
La forma di fuga suprema è costituita dall’amante Himiko. Vedova di un suicida, la donna passa le giornate chiusa in camera al buio a fumare, filosofeggiare e ricevere le visite dei suoi vari ammiratori, sfrecciando durante la notte sulla sua macchina sportiva. Tori-Bird trova nella sua casa una tana buia e sicura dove aspettare senza agire la morte del suo bambino; il loro rapporto rappresenta una sorta di forma di regressione che prova a rimediare agli errori del passato e che permette al protagonista maschile di trovare conforto, dimenticando la paura e il rigetto che provava nei confronti della natura femminile dopo la notizia del problema del suo bambino, portando a maturità la sua sfera sessuale. È un rapporto che sembra essere in una prima fase quasi costruttivo: tuttavia anche questo si caratterizza per un momento come una futile fuga. L’idea del divorzio dalla moglie e di un viaggio in Africa con Himiko non è altro che l’ultimo, estremo tentativo di rivendicare una libertà possibile e immaginata di fronte alla minaccia della gabbia delle responsabilità familiari, esemplificate dalla figura onnipresente del “bambino-mostro”. Il rifiuto dell’intervento non è infatti altro che il rigetto totale della responsabilità, che si manifesta ancora una volta in una fuga in macchina verso la clinica abortista. Il protagonista ha finalmente deciso di agire, ma anche questa decisione sembra guidata più da Himiko che dal protagonista, che si limita ancora una volta a lasciarsi trascinare dagli eventi.
Solo nel finale Tori-Bird riesce a prendere una decisione veramente propria. In un bar gay gestito da Kikuhiko, un amico che Tori-Bird aveva abbandonato anni prima e da cui il figlio prende il nome, il protagonista vomita subito dopo aver ingerito un solo bicchiere di whisky, simbolo del rigetto di anche quella forma di fuga per lui tanto rassicurante. Improvvisamente sicuro, decide di smettere di fuggire e di abbracciare le proprie responsabilità, abbandonando il progetto del tanto sognato viaggio in Africa e decidendo di far sottoporre il figlio all’operazione.
L’opera si conclude in maniera relativamente serena, mostrandoci un Tori-Bird inserito nel suo ruolo di padre all’interno di una famiglia ricostituita e maturato o, per dirla con le parole dell’austero suocero, “cambiato”; deciso ad accettare la sua responsabilità e la sua nuova vita, è pronto a intraprendere una nuova carriera. Così come, all’inizio del romanzo, il pensiero del figlio in arrivo dà al protagonista la forza di smettere di scappare e di difendersi dal gruppo di giovani teppisti che l’avevano circondato e assalito, il bambino aveva vinto, dandogli la forza di affrontare la paura della responsabilità e di costruirsi un futuro, correggendo il suo costante istinto alla fuga. Tori-bird non sogna più rocambolesche avventure nella lontana Africa: con i piedi per terra, vuole adesso diventare una guida turistica in Giappone.
Sempre centrale è l’analisi della psicologia del protagonista, che funge da filtro costante della narrazione. L’intera opera è narrata mediante i suoi meccanismi psicologici; in una maniera quasi egocentrica ed interamente autoriferita, gli altri personaggi sono solamente abbozzati, presi in considerazione solo in funzione della loro interazione con il protagonista. Lontano però dal rappresentare una figura titanica, egli è un uomo piccolo e inetto, incapace di occupare l’opera con l’azione: la narrazione è quindi riempita dalle sue ombre, incertezze e paure, rappresentate dalla figura del “Bambino-mostro” e dal ricorrente terrore per il vuoto che circonda l’esistenza e un eventuale Giudizio. Conscio delle proprie debolezze e dei propri limiti, cede all’autocommiserazione, si affligge fino al masochismo. Solo nella parte finale Tori-Bird riesce a raggiungere una totale, improvvisa redenzione, evitando le “trappole” che ha incontrato lungo il cammino e arrivando ad un’inaspettata maturità.
Complesso ed emotivamente denso, questo romanzo contiene molti elementi autobiografici. Vi si intravede nettamente lo sforzo dell’autore di comprendere e rielaborare la propria esperienza personale, di indagarla con uno sguardo fortemente autocritico e con una profondità ineguagliabile di analisi psicologica che fanno risaltare ancora di più lo sforzo e la totalità della metamorfosi finale. Questi elementi rendono l’opera interessantissima per il lettore, che non può evitare di rimanere emotivamente coinvolto negli eventi narrati –anche se spesso trascinandosi dietro una distinta sensazione di amarezza.
L’Associazione Takamori è lieta di annunciarvi la pubblicazione a cura di Sellerio Editore di tre romanzi dell’autore giapponese Yokomizo Seishi, riuniti nel volume “Il teatro fantasma” e per la prima volta in italiano (traduzione a cura di Alessandro Passarella e Francesco Vitucci).
Vi proponiamo una breve presentazione dell’opera, pubblicata sul sito della casa editrice Sellerio:
Tradotti per la prima volta in Italia tre avvincenti romanzi brevi del maestro del poliziesco giapponese Yokomizo Seishi ambientati nell’affascinante mondo del teatro e dei locali notturni di Tokyo. Tre misteri da risolvere per l’investigatore Kindaichi Kōsuke, icona della cultura popolare nipponica.
È il mistero la cifra che tiene insieme i tre romanzi brevi riuniti in questo libro. Un mistero che, come nei racconti di Edgar Allan Poe, corre lungo il filo tesissimo dell’enigma, fino allo scioglimento improvviso, la sorpresa, la vertigine. Nel primo, Una testa in gioco, il detective Kindaichi – goffo, trasandato, di intuito acutissimo – è alle prese con un caso che sembra il macabro rovescio dei «gialli col cadavere senza volto»: nell’appartamento di una spogliarellista viene trovata la testa della donna sopra un tavolo da poker; intorno, un lavabo colmo di sangue, una sega affilata, due vestaglie quasi identiche: nessuna traccia del corpo. E mentre Kindaichi insieme al suo amico ispettore Todoroki conduce l’interrogatorio serrato dei testimoni, la verità si fa sfuggente, si sposta, l’indagine sul colpevole si sovrappone alla ricerca della vittima in un cortocircuito di identità. Ha i tratti della fiaba thriller il secondo romanzo, Il teatro fantasma, che vede Kindaichi Kōsuke immergersi nel mondo ostile del teatro kabuki: tre fratellastri e la loro rivalità sotterranea, un vecchio e fedele assistente di scena, un’impresaria cieca e la sparizione inspiegabile di un giovane attore avvenuta sul palco sedici anni prima, destinata a ripetersi come una sfida rivolta a Kindaichi, questa volta in forma di omicidio. Ancora un caso di sparizione, pericolosamente semplice, è al centro de Il corvo, ambientato in uno stabilimento termale annesso a un santuario shintoista. Quella che doveva essere una vacanza ristoratrice si trasforma per Kindaichi in una nuova indagine: tra corvi sacri che stillano sangue, la maledizione di una dea gelosa, e il più antico dei moventi: l’invidia.
Anche in questa raccolta Yokomizo Seishi si conferma la mente diabolica del crime giapponese, capace di scrivere gialli nei quali la matrice occidentale del genere si fonde con gli elementi più tipici della cultura nipponica, anche quella soprannaturale, offrendo – ha scritto Giancarlo De Cataldo – «una finestra d’epoca su quel Paese lontano».
Autore
Yokomizo Seishi (Kobe 1902-Tokyo 1981) iniziò a pubblicare i primi romanzi negli anni Trenta del Novecento. Con le sue trame di misteri ottenne un grande seguito di lettori divenendo in Giappone modello della crime story. Di Yokomizo Seishi Sellerio ha pubblicato Il detective Kindaichi (2019), La locanda del Gatto nero (2020), i romanzi brevi riuniti in Fragranze di morte (2022) e in Il teatro fantasma (2023).
Niimi Nankichi è uno degli autori più rappresentativi della moderna letteratura giapponese per l’infanzia e per ragazzi: la sua idea di letteratura traspare dalle scelte dell’ambientazione e dei valori, ma anche dei personaggi che rimangono nella memoria dei lettori.
Il senso di solitudine e desiderio insopprimibile di comunicare a dispetto dell’instabilità e dell’imprevedibilità dell’esistenza, rappresentano non solo il leitmotiv dei racconti del primo periodo, ma la corrente che scorre nella sua produzione fino alle ultime opere.
Il racconto Gon la Volpe, che apre questa raccolta, è stato il suo primo grande successo: presente nei manuali scolastici giapponesi, oggetto di numerosi adattamenti, è entrato nell’immaginario collettivo giapponese; i suoi ultimi scritti sono di rara bellezza, ricchi di allegorie e simboli, come il racconto qui tradotto Il lume a petrolio del nonno che è tra le sue opere più conosciute.
Nei suoi racconti realtà e finzione letteraria si inseguono in contrappunto mentre il legame con i luoghi contadini della sua infanzia diviene più profondo: egli non è più osservatore, ma diviene parte stessa di quella sorta di universo sospeso, fatto di cristallina semplicità, nel quale la dimensione letteraria è accomunata alla capacità di coinvolgere il lettore, accompagnato dalla voce stessa del narratore.
Niimi Nankichi (1913-1943) è spesso presentato come l’Hans Christian Andersen del Giappone.
Originario di Handa, ha lasciato una ricca produzione di racconti, poesie, filastrocche e testi teatrali la cui accuratezza e grazia restituiscono il mondo della provincia rurale giapponese, tra tradizione e modernità. Abbandonata Tōkyō dove si era recato per studiare a causa delle difficoltà economiche e dopo aver contratto la tubercolosi, torna nella sua provincia di origine dove scopre un osservatorio privilegiato tra passato e futuro e in generale sull’essere umano al confronto con il passare del tempo, l’imprevedibilità dell’esistenza, il bisogno di comunicazione con l’altro. Il progredire della malattia è accompagnato da uno slancio creativo che testimonia la volontà dell’autore di affidare la sua voce alle storie che rimarranno dopo di lui.
Maria Gioia Vienna è docente di lingua e letteratura del Giappone presso l’Università per Stranieri di Siena. Ha tradotto fiabe del Giappone centrale, romanzi e racconti di Ozaki Kōyō, Edogawa Ranpo, Mishima Yukio, Ōba Minako e Uchida Shungiku.
Un piccolo paesino nei pressi di Nagasaki noto, cripticamente, come K. ; una vecchia magione abbandonata su cui aleggiano, minacciosi, i fantasmi di un passato neanche troppo remoto; una giovane donna, di nome Akiko, bellissima ma circondata da un indecifrabile alone di mistero; un giovane ed energico protagonista, Kodama Mitsuo, figlio adottivo del nuovo acquirente della magione; un recente orribile delitto e soprattutto la grande torre dell’orologio, vero cuore pulsante dell’intera narrazione.
Questi sono gli elementi fondamentali de “La torre spettrale”; in questo lavoro Edogawa Ranpo dimostra ancora una volta di essere un maestro del genere, forgiando un’opera completamente unica e sui generis. Costantemente in bilico sulla sottile linea tra paranormale e razionalità, tra eventi apparentemente inspiegabili e orrori lucidamente escogitati, l’opera trascina con il suo ritmo incalzante e intriga con i suoi contorni sfumati e mutevoli; in questo mondo di maschere, di specchi e di labirinti, tutte le apparenze risultano essere ingannevoli, frutto di infiniti giochi di prestigio. Il lettore viene avvolto dall’atmosfera oscura, spesso inquietante, dell’opera e si trova a brancolare nel buio tanto quanto il protagonista, tentando difficoltosamente di comporre i tasselli incoerenti di una storia che appare sempre più intricata.
Come ombre inquietanti si stagliano, sullo sfondo della narrazione ma sempre cupamente centrali nel dipanarsi delle vicende, le strane leggende riguardanti la casa. A partire dalla misteriosa scomparsa avvenuta decenni prima del ricco ed avido Tokaiya, mercante appassionato di meccanismi che aveva ordinato la costruzione dell’edificio, il luogo è temuto e circondato da una pesante aura di mistero. Non solo si vocifera che sia infestato dagli spettri e che vi aleggino terribili rancori, vecchi e nuovi; le voci affermano anche che vi si trovi un favoloso tesoro, perduto da tempo nei dedali ormai dimenticati di un labirinto. L’apparizione continua di soggetti sinistri e “malvagi” turba la vita degli abitanti della casa, obbligando il protagonista a scavare a fondo nell’inquietante passato della dimora e dei suoi nuovi abitanti, scoprendo verità molto al di là di ogni sua aspettativa.
Con i suoi continui colpi di scena, l’opera raramente risulta prevedibile, riuscendo sempre a stupire il lettore e a fondere perfettamente la sua vena “soprannaturale” con una natura più investigativa e poliziesca. In un susseguirsi di tigri, daghe nel buio, esseri “divini” e nuovi nemici, l’autore riesce a mantenere viva la suspense durante tutto il corso dell’opera; lungi però dall’appiattirsi sui soli temi del mistero e dell’investigazione, “La torre spettrale” mette in scena anche l’amore, vera e propria forza motrice delle azioni del protagonista ma anche ragione di conflitto, rendendo la trama ancora più appassionante e riuscendo a generare un forte coinvolgimento emotivo nel lettore.
Pubblicata a puntate tra il 1937 e il ’38, l’opera costituisce un libero riadattamento dell’omonimo racconto a puntate dello scrittore Kuroiwa Ruikō. “La torre spettrale” ha lasciato un segno forte e duraturo nel mondo culturale giapponese; nonostante la distanza cronologica e di contesti culturali, l’opera appare assolutamente in grado di parlare anche al lettore occidentale e contemporaneo, catturandolo nel complesso intreccio delle vicende e facendogli vivere emozioni forti, scandite dal movimento arrugginito dei suoi vecchi meccanismi e dal rintocco sordo delle sue campane.
Akutagawa Fuyusuke è rimasto impigliato per cause misteriose su una cryptomeria a testa in giù (in seguito si scoprirà esser stato travolto dallo tsunami che nel 2011 ha colpito l’intera regione di Tōhoku). In bilico tra la vita e la morte decide di creare nella sua mente un proprio programma radiofonico in grado di arrivare alle persone attraverso il potere dell’immaginazione. Lui si fa chiamare “Dj Ark” e il suo programma, appunto, “Radio Imagination”. Ben scandito da un’accurata selezione musicale, il nostro protagonista racconta a ruota libera i trentott’anni della sua vita: dal suo lavoro come manager di una piccola casa discografica al suo rapporto con la famiglia, in particolare con il figlio Sosuke e la moglie Misato.
Alcuni capitoli sono dedicati a un personaggio chiamato “S”: un giovane scrittore partito da Tokyo in direzione di Fukushima assieme a un gruppo di volontari per aiutare le vittime del disastro. S, l’unico della compagnia in grado di sentire la voce di Dj Ark, intreccerà sul finale le sue vicende con quelle di quest’ultimo.
“La tua trasmissione mi ha ridato speranza, sembra essere fatta per tutti noi che siamo sul punto di frantumarci. Sei una piccola voce che ci parla di persona, un sussurro venuto in nostro soccorso”
Il romanzo colpisce fin da subito per la sua singolare struttura, presa a piene mani dal mondo della radio: il lettore, infatti, è immerso nel lungo flusso di coscienza di Dj Ark, caratterizzato da continui flashback e repentini cambi di discorso. Non a caso Seiko Itō, oltre alla carriera da scrittore e professore, è un affermato MC e questo imprinting emerge nella sua scrittura incalzante e piacevolmente caotica, come un freestyle.
Altro aspetto molto curioso è la possibilità di mettersi in contatto direttamente con Dj Ark: attraverso una sorta di e-mail telepatiche gli ascoltatori commentano e condividono le loro esperienze. Fuyusuke è riuscito così non solo a dar sfogo alla sua amabile logorrea, bensì a proporre uno spazio di condivisione, che va oltre la semplice community, di cui anche noi lettori ci sentiamo parte.
“Non dipende tutto dai vivi. Se i morti non esistessero, la memoria e i ricordi dei vivi non avrebbero senso compiuto”.
Il tema attorno al quale ruota tutta la narrazione è la morte, più specificatamente il rapporto con i defunti: secondo Itō le persone morte in circostanze tragiche rimangono ancora in questo mondo sottoforma di spiriti, come se non riuscissero lasciare serenamente tutto alle spalle. All’interno della sua opera l’autore critica la società nipponica, intenta ad andare avanti sotto la bandiera di un falso ottimismo e incapace allo stesso tempo di fare i conti con le proprie vittime. È necessario, pertanto, che i vivi e i morti collaborino per costruire assieme un futuro migliore.
Nonostante l’atmosfera onirica e a tratti ironica, “Radio Imagination” riesce a raccontare una tragedia, che ha toccato profondamente il Giappone, in modo moderno e a prendere di petto il tema complicato della morte.
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