ASIAN KUNG-FU GENERATION


Gli Asian Kung-Fu Generation (アジアン・カンフー・ジェネレーション, Ajian Kanfū Jenerēshon, stilizzato come ASIAN KUNG-FU GENERATION) sono una band alternative rock formatasi a Yokohama nel 1996. Durante tutta la sua carriera il gruppo ha sempre mantenuto la formazione originaria con Masafumi Gotoh alla voce, Kensuke Kita alla chitarra, Takahiro Yamada al basso, e Kiyoshi Ijichi alla batteria. Asian Kung-Fu Generation vengono spesso citati in quanto una delle migliori band modern rock giapponesi degli anni 2000.

L’inizio e il debutto

Nel 1996 Masafumi Gotoh, Kensuke Kita e Takahiro Yamada si incontrano in un club di musica all’università privata di Yokohama, da tale incontro nascerà l’idea per gli Asian Kung-Fu Generation, al quale si aggiungerà poco dopo il batterista Kiyoshi Ijichi. Il gruppo inizia esibendosi all’università e nei locali dell’area di Yokohama, nel 2000 pubblicano il loro primo EP, contenente sei cover di canzoni inglesi. Nel Novembre del 2002 la band rilascia il suo primo mini album “Hōkai Amplifier” (崩壊アンプリファー) e, grazie al successo ottenuto, nel 2003 l’album viene ripubblicato sotto la nuova etichetta musicale della band, la Ki/oon Records, una sottofiliale della Sony Music Entertainment Japan. Quello stesso anno la band si esibisce all’annuale rock festival della Fuji Rock Festival 03’ e al Summer Sonic 03’ a Tokyo e Osaka. Ad agosto la band rilascia il suo primo singolo di debutto “Mirai no Kakera” (未来の破片), seguito poco dopo dal secondo singolo “Kimi to Iu Hana” (君という花). Giorni dopo gli AKFG tengono il primo di una serie di festival annuali, il NANO-MUGEN FES. Nel mese di novembre la band rilascia il primo full-length album in studio, “Kimi Tsunagi FIVE M” (君繋ファイブエム), vendendo nella prima settimana oltre 250 mila copie e arrivando al quinto posto nella classifica Oricon. Crescendo sia fama che seguito del gruppo, i fans iniziarono a chiamarli semplicemente Ajikan (アジカン), uno snellimento del nome completo.

Best Hit AKFG

Nel 2004 gli AKFG ottengono il primo premio come Miglior Nuovo Artista, mentre il loro video per il singolo “Kimi to Iu Hana” vince il primo premio come miglior video musicale allo SPACE SHOWER Music video Awards. Tra il gennaio e il febbraio dello stesso anno il gruppo compie il suo primo tour dopo il debutto: Five Nano Seconds, che contava 13 shows. Il primo luglio alla Nippon Budokan arena a Tokyo la band suona al loro terzo NANO-MUGEN FES, nel corso dell’estate suonano in più di dieci rock festival, inclusi il Meet The World Beat, il Rock In Japan Fes ’04 e il Fuji Rock Festival ’04. Nei mesi successivi la band rilascia altri quattro singoli “Siren” (サイレン), “Loop & Loop” (ループ&ループ), “Rewrite” (リライト) e “Kimi no Machi Made” (君の街まで), prima di rilasciare ad ottobre il loro secondo full-lenght album “SOL-FA” (ソルファ). L’album rimane primo nella classifica Oricon per due settimane consecutive arrivando poi a vendere 600 mila copie. Indice del sempre maggiore successo della band non solo a livello nazionale, ma anche internazionale è la petizione organizzata dai fans degli AKFG affinché la distribuzione delle copie del loro secondo album avvenisse anche al di fuori del Giappone; nell’ottobre del 2005 la Tofu Record stipulò un contratto che permise la pubblicazione di “SOL-FA” negli Stati Uniti. Inoltre il singolo Rewrite trovò apprezzamento a livello nazionale e internazionale quando venne scelto come quarta sigla d’apertura per l’anime Fullmetal Alchemist. Successo simile nello stesso periodo ebbe la canzone “Haruka Kanata”, utilizzata come seconda sigla d’apertura per l’anime Naruto. Nel 2005 pubblicano un DVD che mantiene la prima posizione nella classifica Oricon DVD per un mese intero. Più tardi, sempre nel 2005 pubblicano un altro singolo: “Blue Train”. Nel 2006 pubblicano ben 2 album, “Fanclub” e una compilation, “Feedback File”. Nello stesso anno escono anche altri due singoli: “World Apart” e “Aru Machi no Gunjo” e dopo la pubblicazione dell’album “Fan Club” gli AKFG partono per un tour nazionale chiamato Count 4 My 8 Beat che ottiene uno strepitoso successo. Nel 2007 pubblicano il loro terzo DVD e il singolo chiamato “After Dark” (noto anche per essere stato scelto come sigla di apertura dell’anime Bleach) che vende 38.624 copie nella sola prima settimana d’uscita. Nel 2009 esce il loro tredicesimo singolo “Shinseiki No Love Song” (letteralmente canzone d’amore del nuovo secolo). Nel 2010 Gotō annuncia l’uscita del loro sesto album. Si tratta di “Magic Disk” che prevede 13 tracce più una bonus (“Solanin”). La traccia bonus è stata usata come colonna sonora nell’omonimo film del 2010 diretto da Takahiro Miki e scritto da Asano Inio.

Stile musicale

Lo stile musicale degli AKFG viene influenzato principalmente dall’alternative rock e indie rock degli anni ’90, in particolare da gruppi come gli Oasis, i Manic Street Preachers e gli Smashing Pumpkins. Questo in unione con un’ampia varietà di altri generi musicali che vanno dal pop, al garage, new wave, hardcore punk fino all’heavy metal. I membri della band si sono poi rivelati essere fan non solo di gruppi giapponesi come i Number Girl, gli Eastern Youth, Hi-Standard, ma anche di gruppi occidentali come i Beatles, gli XTC, i Pet Shop Boys e i King Bees. Come risultato molte delle loro canzoni mantengono un preciso equilibrio di vari elementi tra i generi musicali, molti espressi per lo più tramite tempi veloci, melodie forti, distorsioni, powerchord, groove con liriche trasgressive che volgono a suscitare emozioni. Durante la loro carriera, così come molte rock band giapponesi, il gruppo tende a espandere gradualmente lo stile sonoro di base piuttosto che reinventarsi drasticamente: cambiamento evidente nelle differenze tra le prime produzioni e la canzone “Shinseiki No Love Song”, che dimostra la maturazione musicale della band.

− di Vittoria Foschi


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Tanizawa Tomofumi – Bokura wa Minna Spacy

Tanizawa Tomofumi (谷澤智文) nasce nel 1981 nella prefettura di Gifu. Dall’età di 15 anni comincia a suonare la chitarra e ben presto scrive anche i testi di canzoni. Nel 2001 entra a far parte della band ‘Pump Stock’ che però si scioglie l’anno successivo, nel 2002. Da qua comincia la sua carriera da solista, sotto il nome di Tanizawa Tomofumi (タニザワトモフミ, trascrizione in katakana del suo nome). Nel 2004 debutta con il suo primo mini album “Kagerō” (陽炎) seguito nel 2005 da un secondo mini album, “Nanairo” (七色). Nel 2006 esce il suo terzo album, “Kūro” (空路) e rilascia il music video di “I Think I Like you“. Ma è nel 2009 che la sua carriera comincia a prendere il via: debutta il suo singolo “Tōkyō Hello” (東京ハロー) e la sua canzone “Kimi ni Todoke” (きみにとどけ) viene usata come sigla di apertura dell’omonimo anime. L’anno seguente, esce il suo primo full album “Maboroshi Dokei” (まぼろし時計). Nel 2011 viene scelto come artista per la sigla di apertura della nuova stagione dell’anime Kimi ni Todoke con il suo brano “Sawakaze” (爽風). Nel 2012 esce il suo terzo album “Nanjū Jinkaku” (何重人格) e parte per un viaggio intorno al mondo che durerà un anno e lo porterà in 35 diversi paesi prima del suo ritorno in Giappone nel 2013. Nel 2014 esce “SPACE LIKE CARNIVAL“, un album dal sound psichedelico della band dallo stesso nome, che Tanizawa forma nello stesso anno. Nel 2015, tuttavia, la band si scioglie.

Dal 2016 Tanizawa cambierà nome d’arte, questa volta scritto in sinogrammi, per rilanciarsi con l’album “Bokura wa Minna Spacy” (ぼくらはみんなスペーシー), uscito il 9 marzo di quell’anno. A seguire quest’album, nel 2017, abbiamo “Bokura wa Minna Alien” (ぼくらはみんなエイリアン).

Oltre alla musica, si diverte a coltivare frutta e verdura nel suo orto, che chiama Tanizawa Farm. Ai suoi concerti infatti è possibile acquistare i frutti del suo raccolto.

Bokura wa Minna Spacy (2016)

Bokura wa Minna Spacy è il primo album di Tanizawa Tomofumi sotto il suo nome scritto in sinogrammi (谷澤智文), uscito il 9 marzo del 2016. È il primo di una trilogia: seguito da Bokura wa Minna Alien e un terzo album ancora in produzione. L’artwork della copertina è disegnato da “panpanya” (HP: http://www.panpanya.com/ ). I testi, la composizione, il mixing e la direzione dell’album sono tutti opera di Tanizawa, che definisce il suo lavoro come il creare un “Tanizaworld”. Il sound dell’album è definito dall’artista stesso come “Space Core Pop”. I brani sono 10 e la durata dell’album è circa 37 minuti.

L’album apre con il brano “神様ぼくは” tradotto in inglese da Tanizawa stesso con “Dear God“. Siamo immediatamente trasportati fuori dall’atmosfera terrestre, è infatti questa l’intenzione di Tanizawa: una performance musicale spaziale. La voce e la melodia lenti, uniti agli effetti sonori fanno sembrare a chi ascolta di essere entrati in un mondo completamente diverso. Il ritmo viene spezzato da “Let It Be A Fine Day Tomorrow” (明日天気になあれ) che ricorda molto i brani di Tanizawa degli album precedenti come Nanjū Jinkaku. Il terzo brano “Night On The Galactic Railroad” (銀河鉄道の夜) ci riporta nello spazio, con un chiaro riferimento all’omonimo libro di Miyazawa Kenji. I brani che seguono sono caratterizzati da un alternarsi di sound quasi psichedelici e pop, influenzati dall’esperienza con SPACE LIKE CARNIVAL e il suo viaggio intorno al mondo. Midsummer Orion (真夏のオリオン) spezza un attimo l’atmosfera creata dai brani precedenti: è un brano strumentale accompagnato da effetti sonori che ricordano le notti estive, quasi come se fossimo sdraiati in un prato a guardare il cielo stellato. La posizione nella tracklist è cruciale: infatti è quinto e divide a metà l’album. Divide così i brani più “spacy” da quelli leggermente più incalzanti e psichedelici proposti nella seconda metà, tra i quali spiccano “Effector Erecter” (エフェクター☆エレクター) e “The Easter Of Solar System” ( 太陽系復活祭).

Per darvi un assaggio del contenuto dell’album, ecco il music video prodotto da panpanya:

Essendo il primo di una trilogia, consiglio vivamente di ascoltare il secondo album, “Bokura wa Minna Alien“, che continua sulle note di questo “Tanizaworld” sound.

Tanizawa Tomofumi su SoundCloud: https://soundcloud.com/tomofumi-tanizawa/albums

 

— di Noemi Tappainer


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Chanmina: quando Corea del Sud e Giappone si incontrano.

 

 

Artista eccentrica dalle molteplici identità linguistiche e musicali, Otomonai Mina (乙茂内 美奈) , meglio nota con lo pseudonimo di Chanmina, offre all’interno del repertorio nipponico una voce e un beat in linea con il mainstream globale, mantenendosi allo stesso tempo fedele alle sue radici.

Nata il 14 Ottobre 1998 in Corea del Sud da madre sudcoreana e padre giapponese, già dalla tenera età si consacrò alle arti del balletto, violino e pianoforte grazie all’influenza della madre, ballerina di professione. Dopo un’infanzia trascorsa tra America e Giappone, in suolo giapponese entrò in contatto con altri generi come j-pop, k-pop e rap. Fu proprio al liceo che, persuasa dai suoi compagni a non abbandonare il Giappone per una carriera in Corea, prese parte al programma giapponese “BAZOOKA!!! 高校生RAP選手権” (Kokosei Rap Senshuken), in cui studenti liceali si sfidano in battaglie di Rap. Nello stesso periodo scrisse e incise le sue prime canzoni, tra cui “未成年” (Miseinen, ovvero minorenne) e successivamente “Princess”, entrambe rilasciate nel 2016 e dallo stile prettamente hip-hop e rap. Ma sarà il singolo di debutto del 2017 “FXXKER”, dai toni decisamente più aggressivi e irriverenti, in cui lei stessa si definisce “JK RAPPER” e la “Beyoncé di Nerima” (quartiere di Tokyo),  ad attrarre l’attenzione mediatica e a ottenere gli attuali 8 milioni di views su Youtube. Nel medesimo anno venne pubblicato, grazie alla casa discografica Victor Entertainment, il suo primo album “未成年”(Miseinen) che include le tracce “FXXKER” e “LADY”; anno alquanto proficuo per l’artista, poiché vennero pubblicati in seguito un altro album dal titolo “Chocolate” e l’omonima canzone dal ritmo incalzante e vivace.

NEVER GROW UP” E LA TRACK TRILINGUE CHE ABBATTE I CONFINI NAZIONALI: “I’M A POP”.

Come se quasi volesse richiamare concezioni pirandelliane d’identità o elucubrazioni baumaniane sulla cultura ibrida ed extraculturale, “I’m a Pop” amalgama in sé versi in lingua giapponese, coreana e inglese, i quali si susseguono fluentemente con una coesione interlinguistica a dir poco arguta. Non è solo uno sbarazzarsi di confini linguistici, ma di un insieme di generi e identità musicali che vengono affibbiati alla cantante e che lei stessa reputa “息苦しい” (ikigurushii) ovvero “soffocanti”. Come dice il testo stesso: “E’ Pop, rock, hip-hop, non ha nome” (名前なんてないこのミュージック).

La canzone rientra nell’album “Never Grow Up”, inciso con la casa discografica “Warner Music Japan” nell’anno 2019 e al cui interno vi sono un totale di 14 tracks che alternano stili come hip hop, pop, rap e trap, conformi anche alle tipologie di canzoni in voga attualmente negli Stati Uniti e nel mondo.

Una coreografia ipnotica e accattivante, un artefatto ambulatorio trasformato in un apparato scenico dai colori vibranti, sono il connubio artistico scelto per la canzone “Doctor”, anch’essa all’interno della tracklist ma pubblicata in anticipo nell’anno 2017. Una canzone che critica una società contraddistinta da conformismo dilagante, prodotti di massa, ossessione per i social media e che schernisce la tanto agognata e sedicente individualità; fattori che non solo scatenano tedio, ma che provocano in Chanmina una autodiagnosticata “No flavour syndrome”; il tutto riassunto nell’ironica richiesta d’aiuto, all’interno del refrain, “Help me Doctor!”.

Pain is beauty”, invece, altro singolo dell’album in cui pop e rap vengono fusi, risulta essere molto più introspettivo e personale rispetto ai già citati singoli, soprattutto per la clip video in cui vengono tematizzati il bullismo e il dolore; la cantante stessa infatti afferma di esserne stata vittima durante l’infanzia a causa del suo giapponese poco fluente. “Pain is beauty” parla di sofferenze, traumi che chiunque nell’adolescenza si ritrova ad affrontare, ma non si sofferma nel vittimismo, anzi, nella bellezza che può nascere dai sacrifici, dal dolore e dalle lezioni impartiteci.

Che la cantante aspiri ad un’audience più internazionale, nonché all’attigua penisola sudcoreana non è un segreto: come dimostratosi da certi sperimentalismi linguistico-musicali e dall’ultimo album “Never Grow Up”, dal sound mainstream in grado però di contraddistinguersi e mantenere un suo stile nippo-coreano. Se, però, questo stile verrà apprezzato e troverà un unanime consenso, lo si vedrà solo con il tempo.

 

– di Riccardo Peron.

 


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DADARAY – DADASTATION

Il Gruppo

I DADARAY sono un trio indie presente dal 2017 sulla scena musicale giapponese. Il nome riprende il termine “DADA” dal movimento dadaista, unendolo a “RAY” per indicare la luce. Il significato insito dietro, secondo la band, sarebbe “la luce distrugge l’ordine prestabilito e il buonsenso”.

Sebbene il gruppo sia attivo da pochi anni, i suoi componenti non sono facce nuove nel panorama musicale. REIS, cantante principale nonché tastierista, tentò già dal 2011 una carriera da solista sotto il nome di NIKIIE. Kyūjitsu Kachō, bassista e fondatore del gruppo, è attivo dal 2007 e lavorò con diverse band prima di dare inizio al progetto DADARAY. Per finire, Etsusha, tastierista e seconda voce, tentò come la collega una carriera da solista in passato, e ancora oggi lavora come supporto a diversi gruppi oltre al suo trio.

Particolari, eclettici ma comunque non sempre e non troppo fuori dalle righe del loro genere. Il sound dei loro lavori è in pieno stile indie pop, contornato però da sonorità funky e a tratti addirittura smooth jazz.
La discografia della band è composta da 4 mini album e 1 solo album effettivo. Tutti i lavori portano come marchio di fabbrica la dicitura “DADA” all’interno del nome, che richiama il movimento sul quale la band affonda le proprie ideologie.
Esaminando i testi, non ci si troverà davanti a qualcosa di frivolo (come invece alcune melodie suggerirebbero), ma al contrario il pessimismo, la critica sociale e la profondità delle frasi lasciano facilmente spiazzato l’ascoltatore, che non si sarebbe probabilmente aspettato un connubio del genere tra musica e parole.
Interessante quindi il fatto che la maggior parte dei brani dei DADARAY possegga questa “doppia anima”, rendendone complessa l’interpretazione (È felice? È triste? Cosa vogliono trasmettere esattamente?).

DADASTATION (2017)

Primo (e per ora unico) album della band giapponese che ha visto la luce nel 2017. Tra inediti e riprese di brani già pubblicati e riarrangiati ad hoc, il prodotto in sé si presenta come un saliscendi tra tracce indie pop giapponesi molto classiche e pezzi particolarmente interessanti con una melodia stravagante che sorprende il pubblico.
L’ impronta elettronica su strumenti e voce si mantiene costante, ma non troppo invasiva e comunque sempre apprezzabile per gli amanti del genere.

Tra le 13 tracce totali, alcune spiccano particolarmente per l’originalità della composizione e per i messaggi trasmessi:

トモダチ(tomodachi) è la traccia malinconica dell’album, quella che tradisce il distacco precedentemente accennato tra testo e melodia.
Ritmo con intensità altalenante, che parte leggero per poi proseguire in un crescendo costante fino ad esplodere in sonorità quasi electro-rock, smorzarsi e ripartire di nuovo. La voce di REIS (molto delicata in generale) aiuta decisamente a definire la natura struggente del pezzo.

WOMAN WOMAN si presenta come una canzone molto ritmica e andante, che all’udito pare essere l’incontro tra il jpop e il sound di un bar statunitense della prima metà del XX secolo. Sembra un accoppiamento improbabile, ma incredibilmente (vuoi anche per il testo pieno di significato come da tradizione DADARAY) funziona, rendendo WOMAN WOMAN una delle tracce migliori della discografia del trio.

For Lady (Remix by YYIOY) è quella traccia con la quale si parte un po’ pervenuti, poiché si scorge la dicitura “remix” accanto al titolo. Inizialmente presente nel mini album “DADAX”, qui è stata riproposta quasi completamente stravolta in chiave molto più “artificiale”. La trasformazione è stata ben pensata, perché la sonorità elettronica creata è la migliore dell’album senza alcun dubbio e richiama molto lo stile della collega coreana MISO. Per gli amanti del genere è un ascolto obbligato, possibilmente da fare in cuffia.
イキツクシ (Ikitsukushi) è il brano più famoso del gruppo giapponese. Nato con l’EP “DADAISM”, è stata ripresa intoccata su “DADASTATION” e in chiave remixata, successivamente, su “DADAX”. Melodia orecchiabile e catchy, che viene accompagnata dal testo più cupo dell’album.
“…Non importa quanto mi venga portato via.
Sento di aver vissuto questa vita tanto quanto mi fosse possibile.
Sto bene, quindi perché non vediamo di piantarla?…”
Trad. “Lyrical Nonsense”

Il brano si evolve su frasi di questo calibro, creando quel tipico senso di incongruenza testo-melodia che la band ormai porta e diffonde come uno dei propri marchi distintivi e che, probabilmente, si è diffuso grazie a questo pezzo.

L’album ovviamente non si esaurisce con le tracce sopracitate. Ci sono molte altre perle che meritano di essere ascoltate e che sicuramente non vi lasceranno insoddisfatti, prime tra tutte 場末 (basue) e 僕らのマイノリティ(bokura no mainority). DADASTATION è un album eclettico come i suoi creatori, che da un suono all’apparenza piuttosto lineare riesce a portare in varie dimensioni differenti (ma comunque collegate) pezzo per pezzo.

Conclusioni

DADASTATION è un progetto decisamente peculiare all’interno del panorama musicale nipponico. Testi nella stragrande maggioranza dei casi di uno spessore non indifferente che forse un po’ tradiscono l’ideologia dadaista “nuda e cruda” dove il significato non dovrebbe esserci. Tuttavia, è bene ricordarsi che lo scopo principale della band è distruggere “l’ordine prestabilito e il buonsenso”, ed effettivamente è ciò che accade con il contrasto testo-melodia tanto utilizzato dal trio e con lo sfruttamento di arrangiamenti tutt’altro che semplici e/o prevedibili.

— di Matteo Calzati


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ミツメ (Mitsume) – Ghosts

La band

I Mitsume sono un gruppo indie-rock quasi sconosciuto in Occidente, ma che in Giappone sta ottenendo un discreto successo. Le prime attività cominciano nel 2007, quando i due compagni di università Kawabe Moto (voce e chitarra) e Otake Mao (chitarra, tastiera e cori) decidono di suonare insieme. Il quartetto si forma poi ufficialmente nel 2009 con l’aggiunta del bassista Nakayan e di Suda Yojiro alla batteria e sampler. Non passa molto tempo dai primi live, che i Mitsume si guadagnano già il soprannome di “tre moschettieri dell’indie di Tokyo” assieme agli Skirt e ai Triple Fire.

Il genere che propongono non si limita al solo indie-rock/pop, ma spazia da sonorità funky ad accenni di pop-punk nei brani più ritmati, creando uno stile unico e sempre più riconoscibile. Infatti, i loro album – tutti auto-prodotti sotto l’omonima etichetta discografica – esprimono l’idea della band di scrivere musica senza porsi dei limiti, lasciando che questa si evolva col mutare della band stessa. Tuttavia, se da una parte i cambiamenti sono perlopiù benaccetti, dall’altra i Mitsume ci insegnano anche ad amare la costanza e l’affidabilità della musica. Ed è questo che la loro musica riesce a trasmetterci: un senso di sicurezza.

Ghosts (2019)

 

Ghosts è il quinto e più recente album della band, preceduto dall’acclamato A Long Day del 2016.
Il gruppo non si allontana dallo stile ormai consolidato con i lavori precedenti e sceglie piuttosto di concentrarsi sui dettagli. Le basi diventano più precise e ogni inserimento strumentale trova il suo perfetto incastro nella trama musicale. Anche il canto viene affinato e sia la voce solista che quelle corali si inseriscono bene in una cornice che ormai si accosta molto al pop. In questo album i riferimenti sono molteplici, a partire da band americane e inglesi – una fra tutte, spicca la somiglianza con il jangle/dream pop dei Real Estate – per poi finire su influenze di rock psichedelico di gruppi da diverse parti del mondo.

A dare l’impronta all’intero album è エスパー (Esper), il primo singolo estratto nonché brano più ascoltato e apprezzato di Ghosts. Con una strumentale decisa e dai ritmi incalzanti, Esper è sicuramente il brano più rappresentativo del genere della band. A seguire, ゴーストダンス (Ghost Dance) ci propone una melodia orecchiabile e dei toni più leggeri, trasportandoci in un’atmosfera sognante grazie a una base dal carattere dolce. Come secondo singolo troviamo poi セダン (Sedan), brano che raggiunge senza difficoltà l’espressività di Esper. Questa volta però, anziché puntare sulla ritmica e sulla parte strumentale, Sedan ci colpisce per il cantato. Risaltano infatti i falsetti, gli abbellimenti vocali e i cori di sottofondo che accompagnano la voce di Kawabe. Il brano mantiene un’andatura costante per poi aprirsi alla fine: la voce si fa più intensa e la base più ricca. Subito dopo è il turno di なめらかな日々 (Namerakana Hibi), terzo e ultimo singolo di Ghosts e traccia più sperimentale dell’album. Infatti, pur non discostandosi dal genere di partenza, la band cerca con questo pezzo di creare un sound più complesso, sfruttando un accattivante sound groovy e utilizzando diversamente le percussioni. Come in un diminuendo, le ultime tracce rallentano e lasciano spazio a melodie emotivamente coinvolgenti. Fra queste, タイム (Time) ci dà modo di apprezzarne le armonie e i toni morbidi sia nella strofa che nel ritornello.

Ancora una volta i Mitsume soddisfano le aspettative e producono un disco equilibrato in cui le componenti rock e pop coesistono in perfetta armonia. Sulle note di strumentali incredibilmente rilassate, Ghosts ci trasporta in una dimensione tutta sua al confine fra spensieratezza e malinconia. La voce pacata di Kawabe diventa un narratore perfetto e il tempo viene scandito da un basso e una batteria gentili, che ci concedono volentieri delle pause e ci fanno riflettere. Avendo la tranquillità come carta vincente, i Mitsume ci regalano un album “senza fretta“, un ascolto che ha i suoi tempi e che va assaporato in ogni sua sfumatura.

Conclusioni

L’atmosfera sognante e il senso di libertà rendono questo disco perfetto per una passeggiata. Immersi nel caotico mare dei nostri pensieri, anche se solo apparentemente, Ghosts sembra darvi un ordine.
Una piccola perla dell’indie-rock giapponese, consigliato agli appassionati ma anche a chi si approccia al genere per la prima volta – “senza fretta“.

— di Laura Arca


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For Tracy Hyde – New Young City

La band

I For Tracy Hyde sono una band indie-pop giapponese nata nel 2012 a Tokyo. Nonostante la difficoltà nell’emergere, stanno creando un nuovo standard nell’indie giapponese. La band è guidata da Azusa Suga (in arte Natsubot), compositore, chitarrista e seconda voce, affiancato da eureka alla voce, U-1 alla chitarra, Mav al basso e Marcie alla batteria. Qui vi proponiamo il loro nuovo album uscito il 4  Settembre per l’etichetta discografica P-Vine Records.

I For Tracy Hyde hanno fatto parlare di sé per la prima volta con l’uscita dell’ album Film Blue nel 2016, mostrando non solo un approccio pop alle canzoni, ma anche una certa varietà compositiva ed un rimando a diversi generi ben rappresentati nella scena contemporanea giapponese, soprattutto gruppi shoegaze e dream pop. Queste sono due componenti altresì importanti in una band che fa delle atmosfere eteree e della varietà stilistica la propria forza e a cui l’etichetta di band indie pop sta decisamente stretta. Le loro principali influenze sono infatti sia il twee-pop/shoegaze dei The Pains Of Being Pure At Heart sia, soprattutto in questo album, il dream-pop dei Cocteau Twins e, collegato a questi, l’importante lavoro dell’etichetta 4AD.

New Young City

New Young City è il terzo album della band ed è ritenuto dai suoi membri il migliore finora realizzato. Come sottolineato anche da Azusa, l’influenza principale nella creazione di questo album sono stati i Cocteau Twins. Questo si può sentire soprattutto in  櫻の園 (The cherry orchard) in cui costruiscono un muro di suono tipico del dream pop proposto dalla band scozzese. Qui, la voce di eureka sembra mescolarsi al suono etereo delle tre chitarre utlizzate. Anche se i chitarristi sono due,infatti, la cantante ha deciso di imbracciare lo strumento, scelta che ha reso quest’album sicuramente il più guitar-driven della band. Questo non significa però che abbiano abbandonato quel tipo di sperimentazione che li rende unici nel panorama indie pop. L’importante ossatura synthpop del precedente album Heart, ad esempio, è ancora presente; soprattutto nelle tracce strumentali che hanno il compito di far entrare l’ascoltatore nell’atmosfera dell’album, oppure di cullarlo in sonorità tipicamente ambient.

Un’interessante novità è la canzone Can little birds remember?: la prima con un testo interamente in lingua inglese. Questa è stata anche il secondo singolo ad uscire ed ha una grande importanza per Azusa che punta proprio su questa canzone per raggiungere un pubblico più ampio e farsi conoscere maggiormente anche all’estero. Con un ritornello particolarmente orecchiabile, di quelli che entrano in testa e non ne escono più, può certamente ambire al ruolo di ambasciatrice della band al di fuori del Giappone.

Dopo aver tentato di raccontare la città di Tokyo e, soprattutto, i molteplici e a volte discordanti sentimenti che nutrono verso la loro città nella precedente opera, i For Tracy Hyde tornano con un album ancora una volta emozionalmente coinvolgente. Riescono a far entrare l’ascoltatore in un universo di melodie e riff accattivanti che si conclude con l’ultima canzone, Glow with me, che sembra invitarci a fermarci e rilassarci, riflettere sulla musica e sul suo ruolo nelle nostre vite. Azusa sostiene che il pop sia sinonimo di libertà: questo è probabilmente il loro album più “pop”, e forse il più vicino all’idea di musica del leader della band.

 

— di Simone Lolli


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