Bentornati alla nostra rubrica dedicata ai dorama! La serie che ho in serbo per voi quest’oggi, “Good Morning Call“, disponibile su Netflix, è la trasposizione di un manga shojo ad opera di Yue Takasuka che fu pubblicato in 11 volumi dal 1997 al 2002. La prima stagione, composta da 17 episodi, ci catapulta nella dimensione dei teenager, delle grandi amicizie, dei primi amori e delle incomprensioni tra adolescenti ed adulti. (P.S. Su Netflix è disponibile anche la seconda stagione, ma per ora niente spoiler!).
Yoshikawa Nao è la protagonista diciassettenne che decide, per poter cavarsela da sola, di affittare un appartamento fino alla fine del liceo. Ragazza esuberante e generosa ma allo stesso tempo molto sbadata e ingenua, Nao è la tipica studentessa che trascorre la maggior parte del tempo con i suoi compagni di classe e migliori amici Marina e Mi-chan, senza nessuna esperienza amorosa alle spalle. L’unico che da tempo sembra mostrare interesse per lei è il suo amico di lunga data e senpai Daichi, uno dei tre studenti più ammirati di tutta la scuola. Questa situazione di apparente normalità viene stravolta all’arrivo di Nao nel nuovo appartamento, dove fa la conoscenza di un altro componente della top three, Uehara Hisashi. Per via della sua bellezza, intelligenza e bravura nello sport, Hisashi riceve quotidianamente sguardi sognanti dalle studentesse, che egli tuttavia ricambia con freddezza. Nessuno avrebbe potuto predire che proprio lui e Nao sarebbero caduti nella trappola del “doppio contratto” per il quale, dopo un iniziale sgomento, i due si ritrovano costretti a condividere lo stesso tetto su suggerimento dell’anziana affittuaria, dividendosi tutte le spese, almeno fino a quando non si libererà per Nao un alloggio al dormitorio femminile. Come è naturale, Hisashi impone subito una serie di regole, ribadendo a più riprese che nessuno dovrà mai venire a conoscenza della spiacevole situazione.
Il mondo adolescenziale che fin qui abbiamo delineato viaggia in parallelo con il mondo degli adulti, di cui Yuri rappresenta il primo esempio: donna bellissima ma con problemi di alcolismo, ella non è altro che la cognata di Hisashi, moglie di suo fratello maggiore Takuya. Nonostante la differenza di età, Hisashi è stato vittima di un tormentato innamoramento durato otto anni nei confronti della donna e ancora fatica a dimenticarla. La visita improvvisa della cognata, che tuttavia instaura un buon rapporto con Nao (nonostante quest’ultima non sopporti il suo essere ancora troppo “ragazzina” nei confronti della matura Yuri), non fa altro che innescare nel ragazzo sentimenti contrastanti. Come se non bastasse, il rapporto di fiducia tra Nao e i suoi genitori, venuti a farle visita al nuovo appartamento, si incrina non appena la convivenza balza inesorabilmente allo scoperto. Nonostante la madre dimostri una certa comprensività, il padre percepisce la situazione (almeno di primo impatto) come un vero e proprio tabù, soprattutto quando i due ragazzi coinvolti sono minorenni e di sesso opposto.
Cosa ha in serbo il futuro per questi personaggi? Sta a voi scoprirlo! In generale, però, “Good Morning Call” sta riscuotendo un enorme successo: i suoi temi light invogliano lo spettatore a divorare la serie in poco tempo e l’idea da parte dei creatori di inserire conversazioni SMS, telefonate incoming e stati d’animo in sovraimpressione (stile anime) rende il tutto colorato e divertente. Tuttavia, la rappresentazione dei rapporti interpersonali è purtroppo stereotipata e ciò è evidente soprattutto nella relazione tra Hisashi e Nao: molti hanno infatti criticato il comportamento di presunta superiorità e arroganza del ragazzo nei confronti della studentessa, marcando un forte distacco di gender anche nel momento in cui la convivenza si trasforma in qualcosa di più profondo. Oppure basti pensare al rifiuto del padre di Nao a cui abbiamo già accennato: questo comportamento potrebbe apparire come pura preoccupazione di un genitore nei confronti della figlia alle sue prime esperienze fuori della casa paterna, ma a priori vi è un problema radicato nel cuore della società giapponese. Avendo riflettuto su queste tematiche, posso concludere dicendo questo: chiunque decida di creare un dorama non dovrebbe concentrare i suoi sforzi pensando solamente al successo che questo potrebbe riscuotere a livello intraculturale, ma è fondamentale allargare gli orizzonti, vedere il Giappone attraverso gli occhi di uno straniero e creare trame e situazioni che possano uniformarsi con le altre culture. Un processo di immedesimazione interculturale di tale entità non sarà una passeggiata, ma è ormai giunto il momento di sradicare l’immagine stereotipata che questa meravigliosa nazione ci offre da tanto tempo. Detto ciò, vi consiglio caldamente di dare un’occhiata a “Good Morning Call” non solo in veste di amanti dei dorama, ma con occhio attento e critico ai problemi sociali che esso può offrire. Alla prossima!
(Recensione di Sara Martignoni)
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