Benritrovati! Questa è Meijin Film Directors, la rubrica Takamori sui registi giapponesi, e oggi continuiamo a parlarvi di Kurosawa Akira.
Nel 1954 dirige uno delle più importanti opere giapponesi di sempre, “I sette samurai”: ambientato durante il periodo feudale, narra la storia di un villaggio di contadini che ingaggia un gruppo di samurai per difendersi dai briganti, esaltando il sacrificio e il senso di comunità. Questo capolavoro immortale, oltre ad aver portato per la prima volta il cinema asiatico all’attenzione internazionale, ha ispirato grandi artisti americani delle generazioni successive attraverso le sue innovazioni narrative e tecniche.
“Anatomia di un rapimento” del 1963 è il film più americano del regista: Gondo è un socio azionario di un’importante azienda di cui sta per prendere il totale controllo senonché riceve una telefonata dove viene a sapere che suo figlio è stato rapito. Si scoprirà che per errore il bambino in ostaggio è il figlio del suo autista. Siamo di fronte a un film investigativo tecnicamente sublime che gioca con la geometria degli spazi, in una dialettica tra alto-basso che rappresenta il dualismo tra paradiso-inferno. Un’opera che tiene col fiato sospeso dal primo all’ultimo minuto mostrando l’intera stratificazione della società giapponese.
“Sogni” del 1990 è il testamento cinematografico di Kurosawa: un lungometraggio suddiviso in otto storie dal carattere onirico che attingono al folklore nipponico e alla storia del Giappone, con alcuni riferimenti biografici dello stesso regista. Nonostante il carattere non convenzionale dei racconti, Kurosawa esprime chiaramente le sue idee sull’inutilità della guerra, la cattiveria intrinseca dell’essere umano, la perdita del legame primordiale con la natura e la vita in senso più ampio.
Se volete scoprire le vite e le opere di altri registi giapponesi, continuate a seguirci! A presto!
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