Wagakki Band || Takamori J-Sound
Bentornati a un altro appuntamento con Takamori J-Sound! In questo short vi parleremo dell’artista giapponese Wagakki Band.
Wagakki Band con 7 album pubblicati dal 2013 ad oggi unisce gli strumenti e le sonorità della musica tradizionale Giapponese con il rock di stampo occidentale in un suono unico e inimitabile.
Continuate a seguirci per altri contenuti sulla musica giapponese!
House in the tall grass || Recensione
Artista: Kikagaku Moyo
Anno: 2016
Formazione: Kurosawa Go – voce, batteria, percussioni
Katsurada Tomo – voce, chitarra
Kotsu Guy – basso
Daoud Popal – chitarra
Kurosawa Ryu – sitar, tastiere
Sicuramente i Kikagaku Moyo sono uno dei gruppi più internazionali che il Giappone abbia tirato furori negli ultimi quindici anni. Fondati nell’estate 2012, il quintetto ha iniziato come busker per le strade di Tokyo. Ha riscontrato già dai primi lavori un riscontro positivo sia da parte del pubblico che dalla critica, suscitando oltretutto la curiosità degli appassionati oltreoceano. Nel corso di pochi anni sono stati in grado di evolversi e di maturare le loro idee musicali.
A differenza dei primi lavori – l’omonimo “Kikagaku Moyo” (2013) e “Forest of Lost Children” (2014) – dal sound avvolgente, sperimentale ma ancora acerbo, il consolidamento è avvenuto nel 2016 con l’uscita, per la label indipendente Guruguru Brain, di House in the tall Grass.
Basterebbe solo il titolo e la copertina per capire in che mondo veniamo immersi: la “casa” che rappresenta noi ascoltatori e “l’erba alta”, ovvero la musica che ci accompagnerà in una piacevole ed elegante perdizione.
Rispetto ai dischi precedenti il sound pare più strutturato e meno confusionario con canzoni, sebbene molto diverse, perfettamente coerenti tra di loro dando un senso di linearità all’interno del discorso musicale.
Quello che fanno i Kikagku Moyo in sostanza è ripensare in chiave moderna il mondo prog/psichedelico anglosassone degli anni ’60/70, per poi contaminarlo con il dream pop e l’indie del nuovo millennio, dando così vita non a un banale omaggio ai classici ma a un’opera con una propria identità.
La band si diverte a ripensare la forma canzone, con l’obiettivo non tanto di creare singoli di grande impatto o necessariamente accattivanti ma di proporre un’atmosfera rarefatta e lo fa prendendosi il loro tempo, diluendo il più possibile le composizioni, attraverso arpeggi di chitarra e sitar trasognanti e una ritmica tribale; una formula che ricorda i grandi gruppi americani come i Velvet Underground, i Doors e i Mazzy Star. In tutto ciò la voce androgina di Katsurada Tomo è un bisbiglio che sbiadisce nella melodia, uno spettro gentile che si aggira nella “Tall Grass”.
Tra le canzoni che spiccano ricordiamo: Kogarashi (una parola giapponese che sta ad indicare il freddo e pungente vento autunnale) con la voce di Katsurada che si ripete all’infinito come un mantra; la lunga Silver Owl che dondola lentamente fino a esplodere con riff zeppeliniani – gli stessi guizzi di hard rock che ritroviamo nella più compatta Dune. Infine, Melted Crystal è un brano che porta quasi all’ipnosi perché è costituito da un unico tema di chitarra che si ripete per oltre cinque minuti, dove l’unico elemento di variazione sono i lenti cambi di dinamica delle percussioni.
I Kikagaku Moyo realizzeranno successivamente altri tre album di ottima fattura, ma questo “House in the tall grass” rimane un’opera cardine della loro carriera che li ha consacrati come una delle realtà più rilevanti di tutto il panorama neo-psichedelico.
Recensione di Martino Ronchi
Otoboke Beaver – Super Champon || Recensione
Fenomeno in rapida crescita nel circuito alternativo internazionale, le Otoboke Beaver sono una delle band punk-rock giapponesi più influenti degli ultimi anni.
Formatasi nel 2009, la band ha origine a Kyoto ma attraversa un lungo periodo di scarsa produttività e cambi di formazione, arrivando a presentare solo nel 2019 l’assetto definitivo composto da Accorinrin, Yoyoyoshi, Hiro-Chan e Kahokiss, rispettivamente voce, chitarra, basso e batteria del gruppo.
La band appartiene al genere “riot grrrl”, fenomeno musicale e sociale nato negli USA negli anni 90′ dai colori sostanzialmente liberali e femministi che vedeva la musica, in particolare musica punk, come medium per affermare con fervore temi quali l’autodeterminazione e l’emancipazione femminile e porsi contro i disequilibri di genere.
Le Otoboke Beaver si pongono, quantomeno in Giappone, come picco creativo e stilistico di questo filone e col rilascio del loro primo vero LP “Itekoma Hits” (2019), si presentano fin da subito ad alti livelli mostrando un’incredibile capacità di coniugare meticolosità tecnica con uno stile frenetico e incontrollato.
Super Champon
Nel 2022 rilasciano “Super Champon“, un album incredibilmente veloce (18 tracce per soli 21 minuti di ascolto complessivo) ma non per questo di poco impatto.
L’album, infatti, si muove tra rapidi e repentini cambi sia ritmici che melodici, conservando però una forte coesione strutturale.
La vibe riot-grrrl si mescola a melodie molto colorate ed elementi noise-rock, aumentando ancora di più l’intensità dell’album precedente; le tracce scorrono in maniera frenetica non lasciando tempo per respirare tra un cambio e l’altro, chitarra e la batteria producono un sound fortemente abrasivo e presentano cambi imprevedibili, così come le linee vocali, capaci di passare dal bambinesco al brutale nel giro di pochi secondi.
Prova della grande capacità musicale sono brani come “PARDON?” o “Don’t call me mojo”, in cui la band riesce a gestire un numero esorbitante di salite e discese di tempo, pause e layer vocali ripetitivi e schizofrenici senza mai però risultare ridondante.
L’unica piccola perdita rispetto ai lavori passati è forse una leggera perdita nella scorrevolezza, complice la presenza di tracce davvero brevi ammassate verso la fine dell’album.
Nonostante non sia presente una grande varietà di strumenti (la band conserva il classico assetto di batteria, chitarra e basso elettrici tipico del punk), l’album è sostanzialmente un’esperienza divertente, grazie al noise incessante ma mai statico e alla energica rabbia e aggressività con cui performa ogni singolo membro della band.
Sul piano contenutistico l’album ripresenta temi già comuni alla band e facilmente comprensibili già dai titoli stessi: in generale il rifiuto di piegarsi a qualsiasi tipo di istituzione e più nello specifico il rapporto di amore e odio verso l’amore stesso, come in “Leave me alone! no, stay with me!” e il rifiuto nell’abbracciare ruoli di genere tradizionali, in tracce come “I am not maternal” o “I won’t dish out salads”.
La band affronta tutti i temi con ironia e un humor a tratti demenziale, ponendosi contro essi in chiave provocatoria.
Commenti recenti