IERI, 50 ANNI FA (1995): GIAPPONE E GERMANIA A MEZZO SECOLO DALLA FINE DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Ieri, 50 anni fa

Autori: Ōe Kenzaburō, Günter Grass

Titolo originale: Gestern, vor fünfzig Jahren

Editore: Archinto

Traduzione: Maria Luisa Cantarelli, Mariko Muramatsu

Anno di pubblicazione: 1999

Nel 1995, due dei più grandi scrittori della letteratura universale danno il via a uno scambio epistolare in occasione dell’anniversario dei 50 anni dalla fine  della Seconda guerra mondiale: si tratta di Günter Grass (1927 – 2015) e Ōe Kenzaburō (1935 – ), voci critiche e attente della società in cui vivono.

Figura di spicco non solo della letteratura giapponese ma della letteratura mondiale, Ōe Kenzaburō è una delle personalità più importanti del panorama letterario nipponico. Fine osservatore della società giapponese, nella sua produzione i temi trattati si spostano da argomenti di stampo maggiormente politico a tematiche di stampo più intimista, ma sempre con una profonda impronta di critica sociale e riflessione. Una riflessione su una società, quella giapponese, che dopo la fine del secondo conflitto mondiale si ritrova a fare i conti con quelle che sono le responsabilità del proprio Paese. Questo, nella fattispecie, è uno dei temi centrali intorno ai quali prende forma lo scambio di lettere con un altro fondamentale autore della letteratura mondiale: Günter Grass.

Entrambi vivono in prima persona gli anni del secondo conflitto mondiale, seppur in età ancora molto giovane: Günter Grass ha circa 18 anni, mentre Ōe Kenzaburō ne ha circa 10, ma in entrambi quei drammatici eventi lasciano una profonda ferita, cui verrà data voce nelle opere letterarie, nei saggi e negli scritti. In particolare questo scambio epistolare, che comincia agli inizi del febbraio 1995 e continua fino al luglio dello stesso anno, fa emergere una serie di tematiche complesse care a entrambi gli autori: il problema delle colpe dei rispettivi Paesi nel conflitto mondiale, le scelte di politica internazionale successive a quella maledetta mattina del 6 agosto 1945, le difficoltà di cui è irto il percorso di presa di coscienza di ciò che accadde negli anni della guerra. Un percorso che Giappone e Germania dovettero affrontare e che continua ancora oggi. Altrettanto importante il problema della minaccia nucleare, tutt’ora attuale, contro cui sia Ōe Kenzaburō che Günter Grass hanno fatto sentire la propria voce.

Nelle 8 lettere che i due si scambiano nell’arco di pochi mesi si avvertono gli echi di problematiche che sembrano appartenere a un passato ormai remoto. In realtà, le parole scelte da questi due grandi autori sembrano applicabili anche alla contemporaneità, veicoli di messaggi universalmente validi che aiutano e stimolano una riflessione personale.

Un incontro importante tra la Germania di Grass e il Giappone di Ōe. Una lettura davvero consigliata, interessante, molto contenuta a livello di lunghezza ma densa di spunti di riflessione. Sul passato, sul presente e sul futuro.

—di Giulia Berlingieri

IL DEMONE – TANIZAKI JUN’ICHIRŌ

Autore: Tanizaki Jun’ichirō

Editore: Einaudi

Traduzione: Lydia Origlia

Edizione: 2010

Pagine: 73

“Dammi ascolto, in ogni caso non potrai vivere a lungo, e allora abbandona gli studi e rimani con me: ti vizierò finché lo vorrai. Perché andare a morire come un cane a Tōkyō?”

Sta attraversando le vie della capitale a bordo di un risciò per recarsi a casa della zia quando affiora il ricordo di queste parole. La straziante dolcezza di cui sono impregnate le linee iniziali funge da golfo mistico che amplifica magistralmente la forza di quell’ultima domanda; un’eco di angoscia pervade il suo corpo nell’ascoltarla ancora una volta.

Saeki, studente universitario sradicato dalla campagna, aveva visto quelle parole nascere sulla bocca di una geisha. Era pallida, sensibile e somigliava ad una maga.

Forse si sarebbe concesso a questa melanconica melodia ancora per un po’. Forse avrebbe persino riflettuto sull’ironico tempismo di quel ricordo e su come, molto spesso, proprio l’ironia preannunci un fato, bambino nella sua inconsapevole crudeltà, che ama perseverare negli scherzi. Così però non avviene, la sua concentrazione è infatti divorata dalla visione di quella città che gli appare malata. Un virus, quello del progresso tecnologico, i cui sintomi sono visibili ad ogni lato, ne sta fagocitando l’anima, lentamente quanto inesorabilmente.

Ma eccolo finalmente arrivare di fronte alla casa della zia. Lui non lo sa, ma di lì a poco arriverà anche sua cugina Teruko. È pallida, insensibile e non somiglia per niente ad un demone.

 

—di Samuele Verona

 

TOKYO SOUNDTRACK: SILENZI E MELODIE DI UNA CAPITALE IN EVOLUZIONE

Ritenuto erede spirituale di Murakami Haruki, in questo libro Furukawa Hideo ci accompagna in una Tokyo surreale filtrata negli occhi di Touta e Hitsujiko, poli opposti tra musica e silenzio

 

Touta e Hitsujiko sono due fratellini orfani consacrati da una delle isole vicino a Chichi-jima, isola nell’estremo sud est del Giappone. Ritrovati dopo qualche anno e cresciuti senza un campione umano da seguire, Tokyo Soundtrack è la storia di come questi due ragazzini totalmente alieni alla società impareranno a muoversi dentro di essa: dalla lontana Ogasawara, cittadina di Chichi-jima persa nel blu a un migliaio di chilometri dalla capitale, fino alla capitale stessa.

Tra musica e silenzi

Quasi due facce della stessa medaglia, Touta e Hitsujiko rappresentano rispettivamente silenzio e musica. Al primo il concetto di melodia sarà infatti completamente alieno, mentre la sorella ne sarà quasi un’accolita. Questo porterà i due a intraprendere strade diverse, ma ritrovandosi comunque in quella megalopoli che l’autore scandaglia da cima a fondo: dai lati più quotidiani, come scuole o istituti, a quelli un po’ più controversi, come prostitute, lavoro in nero e sicari.

A tirare troppo la corda…

Romanzo di 764 pagine, potremmo dividerlo in due parti: prima e dopo l’arrivo a Tokyo.
La parte ambientata a Chichi-jima affascina il lettore a ogni pagina, lo porta lontano dal mondo caotico al quale è già di per sé abituato, tra natura, allegre pecore selvatiche e porticcioli immersi nel blu. Il linguaggio tenuto è per tutte le età, il contenuto rapisce: come Touta e Hitsujiko siano naufragati da soli, come li abbiano ritrovati, la loro vita a Osagawara, il loro crescere, gli strampalati personaggi incontrati nel mentre e persino flashback di personaggi esterni perfettamente calzanti. Tutto è un organico divenire, che sia musica o silenzio.

All’arrivo a Tokyo invece, il romanzo prende un’altra piega, tanto da aggiungere dopo un po’ un ulteriore protagonista. La narrazione perde quella sua fluidità, trovandoci molte volte dinnanzi a pagine e pagine (se non capitoli) di mere descrizioni incapaci di intrattenere quanto la vita sull’isola, perlopiù irrilevanti per la storia; come se l’autore volesse per forza raggiungere un numero di pagine a romanzo finito, penalizzando il lettore.

Di tutto un po’

In questa seconda parte Furukawa sembra purtroppo inserire qualsiasi cosa gli baleni in testa, che sia il surriscaldamento globale, l’identificazione di genere o persone che combattono danzando. Cose che se trattate singolarmente e in un altro romanzo sarebbero di certo state interessanti, ma che con il resto c’entrano ben poco (spezzando una lancia in suo favore, parlare di surriscaldamento nel 2003 era di certo d’avanguardia e lo fa con meticolosità).

Ad aggravare il tutto ci pensa infine il linguaggio scelto: se la prima parte era per chiunque, la seconda assume spesso e volentieri toni e scene da shōnen che alienano il lettore più adulto, creando talvolta imbarazzo. Una sorta di infelice retroversione da qualcosa che intrattiene a qualcosa per ragazzini che si rivela impossibile non notare.

Considerazioni finali

L’opinione in merito è contrastante proprio perché sembrano quasi essere due romanzi differenti. Tuttavia non si può non tener conto di come la qualità vada man mano a calare, creando, perché no, delusione nel lettore stregato dalle prime 300 pagine. Crediamo che se Furukawa avesse accorciato certe parti (sopratutto le iniziali del terzo protagonista) ed evitato di impuntarsi troppo su improbabili flash mob, il romanzo sarebbe risultato più scorrevole e avvincente.

Di Marco Amato

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