Autrice: Togawa Masako
Traduttrice: Antonietta Pastore
Editore: Marsilio
Edizione: 2022
Pubblicato per la prima volta nel 1962, Residenza per signore sole (titolo originale 大いなる幻影, Ōinaru gen’ei) è un grande classico del noir giapponese, ricco di tensione e atmosfera, che ricorda i thriller di P.D. James, conservando però l’inconfondibile tocco di magia che continua a far innamorare della letteratura del Sol Levante le lettrici e i lettori di tutto il mondo.
Residenza per signore sole di Togawa Masako è un un mystery psicologico ambientato nella Tokyo degli anni ’50 in una tranquilla dimora per signore nubili. La Residenza K fu creata nel dopoguerra con lo scopo di agevolare queste donne dal punto di vista economico e offrire loro protezione e privacy. Appare a tutti come un luogo tranquillo per signore per bene, ma nasconde in realtà un passato sinistro.
La palazzina sta subendo dei lavori atti a farla scivolare di qualche metro rispetto alla posizione originaria, in modo da permettere di far passare una strada. Tuttavia i lavori potrebbero portare alla luce un crimine avvenuto anni prima, e con esso tanti altri segreti inconfessabili che le pareti spesse della Residenza K serbano con discrezione. Il racconto infatti si apre con un flashback in cui si assiste all’occultamento di un cadavere proprio all’interno della palazzina e che fino ad ora è rimasto silente.
Ognuna delle centocinquanta stanze della residenza è come un piccolo mondo che fluttua nell’immensa solitudine delle sue sue inquiline, donne sole che vivono rimpiangendo i tempi andati. Ciascuna di loro custodisce scrupolosamente oscuri segreti che rischiano di venire alla luce quando dalla portineria sparisce misteriosamente il passe-partout, la chiave universale che apre tutte le stanze, provocando in loro una profonda inquietudine. Questo evento unito allo spostamento dell’edificio fa presagire l’avvenimento di qualcosa di orribile.
La narrazione si sviluppa su diversi piani temporali che si intrecciano, ognuno caratterizzato da uno stile narrativo distinto. Si alternano la terza persona, utilizzata per raccontare eventi avvenuti anni prima dello spostamento del palazzo, e la prima persona, che dà voce al racconto di una delle portinaie. Si trovano inoltre estratti di lettere scritte da un’inquilina a persone esterne alla residenza, mentre la terza persona viene ripresa per narrare le vicende individuali di alcune protagoniste.
Lo stile è essenziale e incisivo, evocando un senso di disagio. Seguendo le vicende delle varie inquiline il lettore si trasforma in un osservatore furtivo, quasi un complice, che insieme a loro sbircia nelle stanze altrui con il cuore in gola per la paura di essere scoperto. Ci si muove attraverso corridoi oscuri, cortili silenziosi e stanze dimenticate, lasciandosi avvolgere dai sussurri che riempiono il vuoto.
La narrazione è molto scorrevole e, senza nemmeno accorgersi, si arriva nelle ultime pagine dove i fili della vicenda vengono riannodati, forse in modo troppo rapido. Ciò che colpisce è la capacità dell’autrice di delineare l’interiorità delle protagoniste, rendendole vive nelle loro insicurezze, nei loro segreti e nelle loro fragilità.
Recensione di Monica Andreolla
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