Pensieri Dal Set di Koreeda Hirokazu, pubblicato in Giappone nel 2016 col titolo Eiga o torinagara kangaeta koto è un’autobiografia che ripercorre la carriera del regista rievocando aneddoti ed episodi accaduti durante le riprese delle proprie opere. Il volume è edito da Cuepress e la traduzione è a cura di FrancescoVitucci.
Hirokazu Kore’eda esordisce nel 1995 sul grande schermo con il lungometraggio dal titolo Maborosi. Ispirato a una novella di Teru Miyamoto, viene presentato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia e vince l’Osella d’oro per la miglior regia. Il successo arriva però con il film successivo, Wandāfuru raifu del 1998. Da qui in poi il cineasta riuscirà a scalare l’olimpo della fama internazionale grazie ad opere del calibro di NobodyKnows (Daremo Shiranai) proiettato per la prima volta nel 2004, StillWalking (Aruitemo Aruitemo) pellicola del 2008 e, tra le più recenti, Un Affare di Famiglia del 2018.
Le pellicole di Koreeda Hirokazu fanno parte del filone intimista e hanno come tema principale i legami interpersonali. Affetti, legami familiari, sentimenti spesso sofferti sono le tematiche più care al cinema di Koreeda. Anche il tema della memoria e l’elaborazione del lutto sono argomenti che spesso il regista affronta.
L’opera biografica racconta puntualmente il percorso del cineasta partendo dagli albori sino ad arrivare alle produzioni più recenti, costellando l’intera lettura di curiosità e aneddoti talvolta non ancora raccontanti. E’ il caso di Nobody Knows nel quale il regista racconta fatti di cronaca realmente accaduti che ispirarono la stesura e la produzione della pellicola.
Koreeda ricostruisce il proprio viaggio nel mondo del cinema, un percorso partito dai primi documentari e approdato a importanti successi internazionali (Father and Son, premio della giuria al Festival di Cannes del 2013). Ricordi ed episodi inediti avvenuti durante la lavorazione dei suoi film – pagine rivelatrici non solo della sua prospettiva artistica, ma anche della visione della società nipponica, spesso tema centrale delle sue pellicole.
L’Associazione Takamori è lieta di annunciare la presentazione del volume Pensieridalset di Koreeda Hirokazu con FrancescoVitucci, curatore e traduttore del volume, in data Martedì29Novembre alle ore 18:30 al cinema LUMIÈRE in SALA SCORSESE.
A seguito della presentazione verrà proiettata l’ultima pellicola del regista, Le Buone Stelle – Broker uscito il 13 Ottobre 2022 nelle sale italiane.
Nella pioggia una donna abbandona un neonato davanti a una ‘baby box’. Due uomini lo prendono in consegna, ma sono trafficanti di bambini. Quando lei torna vorrebbe riprenderlo, ma poi decide di mettersi in viaggio con i due per cercare i genitori ideali a cui vendere il piccolo. Ne nasce un on the road surreale in cui il gruppo finisce per trasformarsi in una famiglia per caso. La famiglia, l’infanzia e la memoria del passato di nuovo al centro dell’ultimo lavoro, in concorso all’ultimo festival di Cannes, del pluripremiato Koreeda, che si conferma uno degli autori di maggiore finezza e profondità del Giappone contemporaneo.
Riduzioni Amici e Sostenitori Cineteca € 4,50 AGIS (escluso sabato e festivi) e convenzionati* € 5,00 Scuola di Teatro ERT € 5,00 Studenti, ESN Bologna e Carta Giovani (escluso sabato e festivi), Over 60 (escluso sabato e festivi) € 4,00
L’AssociazioneTakamori è lieta di annunciarvi il ritorno al Cinema Rialto col terzo appuntamento della nostra rassegna Martedì 8 Novembre. La terza pellicola che presentiamo è Take care of my cat, operadrammatica coreana del 2001 diretta da Jeong Jae-eun.
Cinque ex compagne di scuola alle prese con la dura realtà dell’esistenza, che nulla ha a che fare con quanto si erano immaginate durante il periodo di studi trascorso insieme. La loro diversità esistenziale si dipana attraverso una serie di attimi di vita vissuta e sofferta. La perdità dell’innocenza e il diventare adulte impatta arduamente sulle ragazze che si ritroveranno catapultate in una realtà e una società nella quale le differenze di status sociale diventano sempre più marcate giorno dopo giorno.
Eccoci al secondo appunta su Mizoguchi Kenji e la sua filmografia! Questa è Akushon, la rubrica dei registi di JFS. Seguiteci!
Naniwa erejī (“Elegia di Osaka” del 1936) ci mostra, in una Osaka degli anni ’30 ancora divisa tra una concezione tradizionalista e conservatrice e uno slancio verso il moderno e il progressista, la storia di Ayako, giovane operatrice telefonica presso un’azienda farmaceutica. Nonostante sia fidanzata, per pagare i debiti del padre Ayako accetta di diventare l’amante del proprio capo in cambio del denaro necessario. Quando la relazione si interrompe a causa della scoperta della moglie del capo, Ayako deve far fronte a un altro problema; il fratello ha infatti bisogno di denaro per potersi laureare. Così, Ayako diventa amante di un’altra figura dell’azienda, alla quale cerca con l’inganno di estorcere denaro sufficiente da poter aiutare il fratello e sposarsi col proprio fidanzato. Scoperti, vengono arrestati per truffa e poi per fortuna rilasciati dopo essersi scusati. Il finale tuttavia non è positivo: la famiglia di Ayako infatti la ripudierà, e la costringerà ad allontanarsi. Come tipico delle opere del regista, la donna non è una figura fautrice del proprio destino, ma ne è piuttosto travolta, sottomessa agli obblighi che derivano semplicemente dall’esser donna. Il motore primo dei suoi guai sono gli errori del padre, ai quali può porre rimedio solo annullandosi in un sacrificio che tuttavia verrà accolto con ingratitudine.
Zangiku monogatari, traducibile in italiano come “Storia dell’ultimo crisantemo”, è un film drammatico del 1939, tratto dal romanzo di Muramatsu Shofu. Ci troviamo in epoca Meiji, e il giovane Kikunosuke è l’erede del maestro del teatro kabuki Kikugoro, nella prestigiosa famiglia Onoe. Purtroppo egli è tutt’altro che talentuoso e ben presto anche a causa del suo inaccettabile amore per la serva Otoku, viene allontanato dalla famiglia. Da qui inizia la sua faticosa strada verso l’affermazione professionale: inizialmente entra in compagnie teatrali meno prestigiose, ma nel frattempo riesce a riunirsi con Otoku con il quale inizia una relazione. Proprio grazie alla sua buona influenza, Kikunosuke inizia ad affrontare il lavoro con maggiore costanza e impegno, migliorando a tal punto da riuscire ad ottenere un grande successo, che gli permette di ricongiungersi con la sua famiglia, a discapito però della sua relazione con Otoku. Nella pellicola ciò che risulta più evidente è la netta differenza tra il personaggio di Kikunosuke e Otoku. Il primo è inetto e passivo, non riesce a prendere mai alcuna decisione, ad eccezione di quella di ribellarsi alla propria famiglia, per poi affidarsi completamente ad Otoku, sfruttando il suo sostegno per risollevarsi. La seconda invece è l’esatto opposto, intelligente e forte di carattere, agisce attivamente rinnegando anche le regole della società in nome dei propri sentimenti, divenendo la vera eroina, e discostandosi dal modello di donna vittima ricorrente nelle opere di Mizoguchi.
Sanshō Dayū (in italiano “L’intendente Sansho”) è un film del 1954 ambientato durante il Periodo Heian. La tragica storia narrata vede la famiglia di un governatore disfarsi dopo che questi viene destituito perché considerato troppo poco severo dai suoi superiori. Durante un viaggio, infatti, i banditi li attaccano e li rapiscono, vendendo la moglie come prostituta e i due figli come schiavi all’Intendente Sanshō. I due piccoli, chiamati Zushiō e Anju, sono vittime di ogni tipo di sopruso, ma si ripromettono di rimanere uniti e di riuscire un giorno a fuggire per riunirsi con la propria famiglia. Anni dopo, decidono di tentare la fuga: la povera Anju, alle strette, pur di non farsi prendere si suicida. Zushiō, invece, trova rifugio presso un monastero dove, per una serie di fortunati eventi, riesce a ottenere una intercessione da parte del figlio del Primo Ministro, fattosi monaco. Dopo aver incontrato il Ministro stesso, questi lo nomina Governatore proprio della contea in cui Zushiōera tenuto come schiavo. In collera per la morte della sorella, egli vieta la schiavitù nella contea ed esilia Sanshō e i suoi uomini e concludendo l’opera dando le dimissioni. Questo film mette in scena un’opposizione tra la giustizia e il potere, capriccioso e brutale con gli indifesi e gli umili, servile con i superiori. In particolare, ancora una volta è centrale la figura salvifica della donna, che alla fine sfugge dall’oppressione di cui è vittima.
Concludiamo con Akasen chitai, ovvero “La strada della vergogna”, ultima opera del regista uscita nel 1956. La pellicola racconta la storia di cinque donne, prostitute in una casa di piacere del quartiere di Yoshiwara, intente a cercare di migliorare la propria disastrosa condizione di vita sia familiare che economica. Yumeko deve affrontare l’arrivo a Tokyo di suo figlio, del quale si vergogna per la professione che ha dovuto intraprendere per mantenerlo; Yasumi, sovrastata dai debiti, è disposta a ricorrere a qualsiasi cosa pur di estinguerli; Yorie che con l’arrivo di un pretendente presto si ritroverà in una situazione ancora più difficile della precedente; Hanae è costretta a prendersi cura da sola del figlio piccolo e del marito disoccupato, e infine c’è Mickey in fuga dal padre, per tentare di ottenere una propria indipendenza economica, ma con scarso successo. Il tutto accade proprio quando il governo giapponese si appresta a promuovere una legge che vieti la prostituzione, che però poi non viene emanata. La pellicola ci offre in maniera profondamente realistica e dolorosa, il ritratto della condizione della donna nel dopoguerra, con sfondo i bassifondi di Tokyo. Le donne di questo mondo vivono ai margini delle società, schiave della loro condizione e del denaro, unica cosa che può permettere loro di riottenere la libertà perduta.
E anche per questo regista siamo giunti alla fine! Se volete approfondire le vite e le opere di altri registi giapponesi non vi resta che continuare a seguirci con Akushon!
Masquerade Night, film del 2021 di Suzuki Masayuki, è il sequel di Masquerade Hotel del 2019. Il primo film narrava l’infiltrazione sotto copertura di Nitta Kosuke, agente di Polizia, presso l’hotel Cortesia di Tokyo per catturare un serial killer. Qui, verrà aiutato e si scontrerà con la consierge dell’Hotel Yamagishi Naomi, venendo a creare una contrapposizione tra i metodi della Polizia, disposta a usare le maniere forti pur di catturare l’assassino, e gli ideali dell’Hotel stesso, che mette al primo posto il benessere degli ospiti.
Il secondo film riprende sin dal primissimo istante i meccanismi del primo: una donna viene uccisa in un modo piuttosto singolare, ovvero folgorata e vestita in stile Lolita; poco dopo, una lettera anonima viene consegnata alla Polizia, dichiarando che l’assassino colpirà ancora e che il teatro del crimine sarà proprio l’Hotel Cortesia durante il ballo in maschera di fine anno. In un istante, viene deciso di utilizzare la stessa strategia del film precedente, facendo infiltrare nuovamente Nitta tra lo staff dell’Hotel per catturare l’assassino entro la mezzanotte e impedire così il delitto.
Dove la prima pellicola si era presa tempo per caratterizzare i personaggi, costruire l’antitesi fra i caratteri dei protagonisti e generare una reale tensione nella storia creando una situazione al tempo stesso paradossale, drammatica e divertente, Masquerade Night invece liquida il tutto in quattro e quattr’otto, con il capo della Polizia che dice semplicemente a Nitta che dovrà infiltrarsi nuovamente nell’Hotel. In un istante e senza nessuna build up, è come se stessimo assistendo a un prolungamento dello scorso capitolo, con variazioni minime che riescono comunque a salvare il film il tanto che basta per renderlo piacevole, nonostante gran parte del merito vada al carisma degli attori, alla fluidità della sceneggiatura e alla sapiente regia.
Se a livello di trama, infatti, l’unico elemento degno di nota è il pressante countdown alla mezzanotte, inframezzato dalla presentazione dei vari personaggi e sospettati, il film è costruito in modo impeccabile, dai costumi alla fotografia, e ci porta a seguire le vicende con interesse e attenzione.
Assistiamo così all’evolversi della vicenda, con la Polizia che identifica due figure chiave nell’indagine, ovvero l’assassino, pronto a colpire nuovamente, e l’informatore anonimo che ha avvisato le forze dell’ordine e che sarà presente all’Hotel durante il ballo in maschera, con l’intenzione di ricattare l’omicida. Vari ospiti sono sospetti: Urabe, un uomo che sembra avere legami con l’ultima vittima; Sono, un uomo fedifrago accompagnato da moglie e figlio e che è in realtà solito incontrarsi al Cortesia Hotel con la propria amante, presente anch’ella alla serata; Kusakabe, un abbiente e viziato prepotente che potrebbe star utilizzando un nome falso; Nakane, una signora che ha prenotato una stanza per lei e il marito, il quale sembra tuttavia non esistere.
La Polizia lavora febbrilmente per schedare con discrezione tutti e 500 gli ospiti presenti, consci che da quando inizierà la festa tutti indosseranno una maschera e sarà impossibile identificarli. Il difficile equilibrio tra il proseguo delle indagini e il preservare il benessere e la privacy degli ospiti è tutelato dal lavoro di squadra di Nitta e Yamagishi, che non esiteranno a rischiare la vita per arrivare a scoprire la verità e a fermare il colpevole.
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