20 Aprile 2022 | Registi
Bentrovati! Questa è Akushon!, la rubrica di associazione Takamori sui registi giapponesi. Oggi vi parliamo di Ōshima Nagisa!
Ōshima Nagisa nasce il 31 marzo 1932 a Kyoto. Già durante gli studi liceali inizia a stendere abbozzi di romanzi e a occuparsi di teatro, infatti pur laureandosi all’Università di Kyoto in diritto e scienze politiche, la sua passione per il cinema lo spinge ad entrare nella casa di produzione Shōchiku. Dopo un primo periodo come stagista al fianco di cineasti già affermati, esordisce come regista nel 1959, dirigendo il suo primo lungometraggio, Ai to kibō no machi (Il quartiere dell’amore e della speranza), che provoca contrasti con i dirigenti della Shōchiku soprattutto a causa del finale considerato troppo tragico. Sempre per la Shōchiku, gira nel 1960 altri due film controversi, entrambi all’insegna della violenza e talvolta a sfondo sessuale: Seishun zankoku monogatari (Racconto crudele della giovinezza) e Taiyō no hakaba (Il cimitero del sole). Sempre nel 1960 gira anche un terzo film, Nihon no yoru to kiri (Notte e nebbia del Giappone), realizzando un’opera politica incentrata sulle polemiche legate alla ratifica del trattato di sicurezza nippo-americano, mostrando dunque un radicalismo politico che ovviamente non fu visto positivamente. Per le tematiche trattate e per lo scarso successo di pubblico la Shōchiku decide di ritirare il film dalle sale, arrivando alla rottura definitiva dei rapporti col regista.
Negli anni successivi, Ōshima fonda una sua casa indipendente la Sōzōsha, dove può rappresentare più liberamente le contraddizioni e le tensioni della società giapponese del dopoguerra. Realizzerà film sulla seconda guerra mondiale, documentari per la televisione, film sulla criminalità e addirittura un film in costume per la Toei e un adattamento cinematografico di un fumetto. Finalmente, nel 1971, realizza uno dei suoi più grandi film: Tōkyō sensō sengo hiwa (Storia segreta del dopoguerra dopo la guerra di Tokyo). Ancora una volta, Ōshima mette in scena sesso, morte e frustrazione e il suo successo arriva anche in Europa. Dopo anni difficili in cui si vede costretto a chiudere la Sōzōsha, arriva la proposta di dirigere e coprodurre con A. Daumann Ai no korīda (Ecco l’impero dei sensi), film del 1976 che lo porterà al successo internazionale. Incentrato su una storia d’amore ossessiva, fu piuttosto d’impatto, essendo ispirato a un fatto di cronaca e anche per la presenza di reali rapporti sessuali tra gli attori. Il successo lo spinge nel 1978 a dirigere un secondo film che segue a tratti lo stesso genere, Ai no borei (L’impero della passione), più casto del precedente e caratterizzato da un mix di erotismo e atmosfere lugubri e spettrali. La pellicola lo porta a vincere il premio alla miglior regia al Festival di Cannes. Seguiranno fasi alterne di inattività e produzioni, in particolare si ricorda di Senjo no merii kurisumasu ‒Furyō, un dramma bellico a sfondo psicologico, girato con figure celebri quali David Bowie e Takeshi Kitano. Dopo un periodo di pausa per motivi di salute, il film che segna il suo ritorno al cinema è Taboo Gohatto, film storico incentrato sull’omosessualità, che viene presentato al Festival di Cannes del 1999 e che si rivelerà essere anche la sua ultima opera. Ōshima Nagisa muore il 15 gennaio del 2013 a Fujisawa. Questi ultimi quattro film li vedremo nel dettaglio nella seconda parte.
E con questo si conclude la prima parte del nostro approfondimento su Ōshima Nagisa. Potete trovare il nostro video a riguardo cliccando qui.
Se vi abbiamo incuriosito con la vita e la carriera di questo regista, ci vediamo Mercoledì prossimo con la seconda parte!
7 Aprile 2022 | Proiezioni
Ciao a tutt* e bentornat* sul nostro canale. Oggi vi presentiamo l’ultimo film della rassegna AFS Spring 2022 in collaborazione con Asia Institute, A Taxi Driver di Jang Hoon.
Seoul, maggio 1980. Kim Man-seob è un tassista indebitato con una figlia a carico e, alla ricerca di soldi per pagare l’affitto decide di ‘rubare’ a un collega un cliente speciale, il giornalista tedesco Jürgen Hinzpeter. Quest’ultimo è disposto a pagare 100.000 won pur di essere portato a Gwang-ju, città blindata teatro della violenta repressione militare che segnò la storia della Corea del Sud.
Arrivati a Gwang-ju grazie a curiosi escamotage, i due si trovano davanti uno scenario agghiacciante: fonti giornalistiche oscurate, violenza militare e decine di vittime.
La pellicola affronta il delicato tema della rivolta messa in atto dagli dell’Università Nazionale Chonnam di Gwang-ju che si trasformò in un bagno di sangue segnando la storia recente della penisola coreana. A partire dal marzo 1980 le manifestazioni contro la legge marziale imposta dalla dittatura iniziarono ad aumentare e, dopo una prima repressione militare, le proteste aumentarono in particolare a Gwangju dove i civili, soprattutto studenti e professori, vennero violentemente messi a tacere.
Il film è stato presentato nel 2017 alla 35esima edizione del Torino Film Festival e fra i numerosi premi ricordiamo quelli per miglior film all’Asian World Film Festival e ai Blue Dragon Awards e quelli per miglior attore al Fantasia Film Festival e ai Seoul Awards.
Vi aspettiamo quindi il 12 aprile alle 21 al Cinema Rialto con A Taxi Driver. Potete acquistare i biglietti cliccando qui. Il trailer invece è disponibile qui.
Per rimanere aggiornati sulla vendita dei biglietti e sugli altri film della nuova rassegna, seguiteci sui nostri canali.
3 Aprile 2022 | Film e Serie TV
Titolo: Hit me anyone one more time
Titolo originale: 記憶にございません
Regista: Mitani Kōki
Uscita al Cinema: 13 settembre 2019
Durata: 127 minuti
LA TRAMA
Siamo nel Giappone contemporaneo, in un momento dimenticabile per la politica giapponese. Infatti, il governo in carica, in questo momento, è considerato il peggiore di sempre, soprattutto a causa dell’attuale Primo Ministro Kuroda Keisuke (Nakai Kiichi), considerato il peggior primo ministro della storia. Keisuke è una persona rude, altezzosa e superba e chi più ne metta, ma un giorno a seguito di un discorso viene colpito in testa da una pietra perdendo la memoria. Da questo momento, il Primo ministro, con l’aiuto dei suoi segretari Nozomi Banba (Koike Eiko) e Isaka (Dean Fujioka), decide di cambiare e diventare un perfetto Primo Ministro. Per fare questo però è necessario mantenere all’oscuro tutti quanti, compresa la moglie Satoko (Ishida Yuriko) e il figlio Atsuhiko (Hamada Tatsuomi), riguardo la sua condizione di amnesia. Questo fatto scaturisce situazioni di imbarazzo e comicità e queste stesse situazioni porteranno il Premier a prendere decisioni avventate che a volte però saranno salvifiche per il suo Paese.
LA COMMEDIA
Questa volta Mitani Kōki ha deciso di portare al cinema una tipologia di commedia che sorprendentemente noi italiani conosciamo bene: la commedia degli equivoci. Infatti, tutta la pellicola e la maggior parte delle scene comiche presenti sono basate su equivoci creati dalla condizione di Keisuke. Bisogna però precisare che ogni fraintendimento creato da questa perdita di memoria è diverso e dinamico con risvolti sempre unici nel loro genere. Il regista, infatti, cerca in ogni scena di essere sempre originale rispettando comunque le caratterizzazioni forti e variegate dei suoi personaggi, senza rinunciare però a quella verve macchiettistica che tanto è cara alla commedia.
NON SOLO RISATE
Nonostante tutto, il film non ha come unico scopo quello di far ridere il proprio pubblico. Ogni personaggio ha una sua evoluzione e alla fine del film nessuno di questi è uguale a com’era all’inizio. Inoltre, Mitani Kōki ci da anche varie rappresentazioni dei funzionari, mostrandoci come essi siano degli esseri umani come tutti in grado di sbagliare, di essere comprensivi ma anche dei poco di buono con in mente soltanto potere e denaro. Insomma, in fin dei conti il regista cerca di dare una rappresentazione della varietà sociale giapponese dentro il governo, alleggerendo il tutto con una brillante vena comica che dona alla pellicola una completezza da manuale.
—Recensione di Massimo Magnoni.
30 Marzo 2022 | Registi
Ciao a tutti! Siamo ad Akushon!, la rubrica dei registi dell’associazione Takamori. Continuiamo a parlarvi del nostro ultimo regista, Sasabe Kiyoshi!
Nel 2006 esce al cinema il film Sea without Exit, Deguchi no nai Umi nell’originale, dove Sasabe mette in scena il copione redatto da un altro noto regista, Yamada Yōji, e basato sul romanzo originale omonimo di Yokoyama Hideo. La storia ruota attorno alla figura di Namiki Kōji, un astro nascente del baseball liceale che gioca nel ruolo di pitcher. Appena entrato all’università Meiji, il giovane giocatore si infortuna e grazie all’aiuto e alla solidarietà dei suoi compagni di squadra, ritornerà in campo con un nuovo colpo, un magic pitch che sarà la sua firma nelle partite che seguono il suo stop. Ma siamo agli albori del secondo conflitto mondiale e la guerra irrompe con tutta la sua forza nella vita di questi professionisti in erba. Kōji e altri compagni vengono arruolati nella marina e si preparano tramite un duro addestramento ad andare incontro alla morte che li attende sottoforma di kaiten, una sorta di siluro pilotato fisicamente dai soldati verso il proprio obiettivo. Nei panni del protagonista troviamo Ichikawa Ebizō, noto attore di teatro kabuki, che impersona lo studente Kōji come un ragazzo pacato e serio. Nella pellicola, più che all’azione si dà rilievo alle emozioni dei personaggi, alle intense lotte interiori che da un lato li vorrebbero legati alla vita e a ciò che essa dona, ma che dall’altro li richiama al forte senso del dovere verso la patria, nel tentativo di capovolgere l’esito di una guerra che non sta dando i frutti sperati.
E’ il 2016 quando nei cinema si proietta per la prima volta Yaeko no Hamingu, che racconta con lievi discrepanze la storia realmente accaduta a Minami Nobutaka, un educatore totalmente dedicatosi alla cura della moglie affetta da una forma di Alzheimer precoce, mentre lui stesso si sottoponeva a chirurgia per un tumore allo stomaco. In questo i protagonisti si chiamano Seigo e Yaeko, rispettivamente preside di una scuola e maestra di musica, che vivranno gli ultimi dodici anni della vita di lei con il lungo e pesante fardello della malattia. Yoko si separa piano piano dalla musica e dal mondo delle parole, iniziando a emettere piccoli, brevi suoni per evocarle senza poterle più pronunciare. L’implicazione del marito nella cura di lei è totale e lentamente assorbe anche quella delle due figlie della coppia per poi finire a incidere anche sulla comunità che li circonda. Il tutto viene raccontato a partire dalla morte di Yaeko attraverso una lunga serie di flashback che ripercorrono la storia della malattia e le vicende che la coppia attraversa nell’apprendere questa nuova, difficile convivenza con la patologia. Il regista Sasabe mette così sotto i riflettori una storia ben nota, ossia quella della difficoltà della presa in cura delle demenze, specialmente in una popolazione come quella giapponese. Pare che essa difatti entro il 2025 sarà composta per più di un terzo da individui over-65, mettendo dunque in evidenza la difficoltà della sfida sociale e demografica che attende il Sol Levante.
Nel 2011 viene proiettato nelle sale per la prima volta “Tsure ga utsui ni narimashite”, localizzato come “my SO has got depression”. Mikio è un giovane impiegato in una azienda informatica sposato con una giovane mangaka di nome Haruko. Dopo un periodo di strani dolori, ansie e timori, Mikio decide di farsi visitare scoprendo di essere depresso. La pellicola ruota intorno alla storia di come la coppia gestirà la condizione di Mikio, che sarà determinante per molti dei progetti sia suoi che della moglie, nel bene e nel male. Durante tutto il percorso che i due intraprendono, Haruko purtroppo faticherà a trovare la sua strada come disegnatrice ma un evento in particolare le farà capire che la sua ispirazione era proprio sotto il suo naso. Il taglio registico di Sasabe Kiyoshi in questa pellicola non è molto persistente poiché tratta dal manga omonimo, ma si può notare come in ogni situazione cerchi di non far passare nessuno dei personaggi come vittima assoluta, ma cerchi sempre di dare una rappresentazione complessa e schietta delle emozioni, delle scelte e dei comportamenti dei personaggi.
Come ultima pellicola abbiamo deciso di presentarvi Tōkyō Nanmin del 2014. La pellicola racconta la storia di Tokieda Shu, uno studente universitario che ha perso la madre e viene mantenuto dal padre. Un giorno il padre lo abbandona e si ritroverà a dover pagare tutte le spese da solo, non riuscendoci. Questo gli costerà l’espulsione dall’università e come se non bastasse verrà anche sfrattato da casa sua, ritrovandosi a dover vivere negli internet point della frenetica Tokyo. Per sopravvivere Shu si immischierà in un giro mafioso, che gli permetterà di guadagnare e conoscere tante nuove persone, ma allo stesso tempo lo costringe ad una vita criminale e pericolosa finché non conoscerà la donna che gli riporterà la voglia di impegnarsi per tornare a vivere come prima. Anche qui il regista non risparmia nessun personaggio, rappresentandoli tutti, positivi e negativi che siano, in maniera complessa e senza renderli piatti.
E con questo siamo giunti alla fine del nostro approfondimento su Sasabe Kiyoshi. Potete guardare il nostro video qui. Vi aspettiamo tra due settimane con un nuovo approfondimento con Akushon!
29 Marzo 2022 | News
Lo sguardo fiero, i lineamenti accennati, l’eleganza nel contrasto tra rosso e nero: è la donna disegnata da Lorenzo Mattotti protagonista del manifesto della dodicesima edizione del Ca’ Foscari Short Film Festival che si svolgerà dal 4 al 7 maggio 2022 in forma “diffusa” a Venezia, mantenendo come sede principale lo storico Auditorium Santa Margherita.
Per il terzo anno lo Short si avvale del prezioso contributo di Lorenzo Mattotti proseguendo la collaborazione con grandi artisti italiani che da sempre contraddistingue i manifesti del festival. L’illustrazione di quest’anno si va ad aggiungere ai “ritratti d’autore” che hanno caratterizzato le ultime edizioni e ancora una volta è uno sguardo femminile rivolto al futuro, come quello degli studenti che dopo due anni terribili vogliono tornare a guardare all’avvenire con speranza e che saranno la linfa vitale del festival, coinvolti in tutte le fasi della sua realizzazione. Ma l’illustrazione vuole essere anche un omaggio al cinema, con tonalità e atmosfere che richiamano le interpretazioni della celebre attrice cinese Gong Li, e alle donne, sempre più presenti in tutte le sezioni del festival, a testimoniare il cambiamento dell’industria cinematografica.
Lorenzo Mattotti ha fatto parte del collettivo Valvoline di Bologna che ha rivoluzionato il fumetto italiano dalle pagine di ‘Alter Alter’, dove ha pubblicato alcuni dei lavori che lo hanno reso celebre, come Il Signor Spartaco (1982) e Fuochi (1984). Da sempre a stretto contatto con il cinema, ha realizzato i disegni che collegano gli episodi del film collettivo Eros, per poi contribuire al Pinocchio di Enzo D’Alò e passare infine alla regia con il film d’animazione La famosa invasione degli orsi in Sicilia, presentato a Cannes. Mattotti ha inoltre un legame speciale con Venezia, città dove ha trascorso i suoi anni universitari e alla quale ha dedicato Venezia. Scavando nell’acqua (2011), oltre ad aver realizzato i manifesti della Mostra del Cinema delle ultime quattro edizioni. Nel 2021 ha ricevuto il Premio “Gran Maestro del Fumetto”, sorta di Oscar alla carriera conferito da Lucca Comics & Games.
Come sempre il programma affiancherà al Concorso Internazionale – trenta tra i migliori cortometraggi prodotti nelle scuole di cinema e università di tutto il mondo – una ricca serie di retrospettive, focus, omaggi, concorsi collaterali e masterclass. Tra queste ultime, torna (virtualmente) a Venezia uno dei grandi amici del festival, il regista giapponese di culto Tsukamoto Shin’ya (Tetsuo, Kotoko) che per l’occasione presenterà in anteprima il suo romanzo Un serpente di giugno, tratto dall’omonimo film del 2002, in uscita negli stessi giorni per la casa editrice Marsilio con la traduzione di Francesco Vitucci. Un romanzo di violenza e compassione, un thriller di pulsioni contrastanti nel quale la timida Rinko sarà portata a riscoprire la propria sessualità. In questo speciale incontro, Tsukamoto, che già in occasione della scorsa edizione dello Short aveva ripercorso la sua carriera cinematografica, racconterà il suo percorso letterario – forse meno conosciuto ma altrettanto interessante – permettendo al pubblico di entrare nel processo creativo dell’autore nei diversi campi dell’espressione artistica.
Anche quest’anno lo Short, realizzato con la collaborazione di Fondazione di Venezia, può contare su una serie di partner d’eccezione a cominciare da quelli storici, ovvero Fondazione Ugo e Olga Levi e NH Venezia Rio Novo, a cui si sono affiancati dallo scorso anno il Museo Nazionale del Cinema di Torino, la piattaforma italiana di cinema on demand ‘breve’ WeShort, la più antica azienda produttrice di prosecco Carpenè-Malvolti e le Giornate della Luce di Spilimbergo, festival dedicato ai maestri della fotografia del cinema italiano.
Dopo il successo delle passate edizioni, lo Short torna inoltre in versione diffusa per riaffermare il profondo legame con la città di Venezia, la sua cittadinanza e le sue istituzioni culturali. Oltre alla storica location dell’Auditorium Santa Margherita, cuore pulsante della manifestazione, sarà infatti possibile assistere a una selezione dei programmi della dodicesima edizione anche in musei, fondazioni e centri culturali dislocati in tutta la città. Tra le location aderenti all’iniziativa ci saranno anche: la Fondazione Querini Stampalia, il Museo d’Arte Orientale – Ca’ Pesaro, la Casa del Cinema del Comune di Venezia, la Fondazione Bevilacqua La Masa, l’NH Venezia Rio Novo e la Fondazione Ugo e Olga Levi.
Il programma completo della dodicesima edizione verrà svelato dal direttore artistico e organizzativo Roberta Novielli durante la conferenza stampa di presentazione del festival che si terrà ad aprile.
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