Akushon! – i registi di JFS: Mitani Kōki parte 2

Benvenuti al secondo appuntamento con l’opera del regista Mitani Kōki. Questa è la rubrica Akushon, i registi di JFS! Si parte con la prima pellicola in ordine cronologico, Rajio no jikan!

Come è noto, Mitani è uno dei maggiori esponenti della commedia cinematografica giapponese, the King of Comedy, e questo film del 1997 ci mostra già alcuni tratti salienti della sua opera. E’ evidente come il regista sia interessato al mondo dei mezzi di comunicazione, non solo al cinema, ma anche a quello che per i giapponesi è stato, e per certi versi continua ad essere, un mezzo molto importante: la radio. Questa commedia ruota infatti attorno all’attività di uno studio radiofonico in cui un nuovo radiodramma comincia la sua messa in onda: la sceneggiatura è stata scritta da Suzuki, una giovane casalinga che con il suo manoscritto ha vinto un concorso che porterà in radio la sua romantica storia. Tuttavia, i capricci degli attori impongono al produttore Ushijima di effettuare alcuni piccoli cambiamenti ai nomi degli attori. La costante insoddisfazione degli attori stessi per la loro parte condurrà poi allo stravolgimento di quella che era l’essenza dell’intero scritto ideato dalla signorina Suzuki: il tutto, nel momento stesso in cui il dramma va in onda. Il film si configura come un omaggio al mondo dei radiodrammi, un intrattenimento oramai sconosciuto, e ci dona un importante dietro le quinte che mostra il lavoro di attori, produttori, tecnici di ogni tipo, tra cui spicca la figura del rumorista. Si nota comunque tra le righe anche una sana critica e insofferenza sia alle richieste esose di certi attori e interpreti, che ai produttori e alla loro spiccata attitudine alla censura.

The Uchōten Hoteru è un film del 2006, in cui il regista porta in campo una serie di volti conosciuti nell’ambito cinematografico nipponico, a partire dal noto attore Yakusho Kōji. Egli interpreta il ruolo dell’efficientissimo hotelier Shindo, alle prese con l’organizzazione della festa di Capodanno dell’hotel, cui partecipano volti noti delle alte sfere politiche ed economiche, così come altri invitati di riguardo. Nello sviluppo della trama, la matassa si forma e poi si dipana con un continuo incrocio delle storie dei protagonisti, individuali o di coppia che siano. Pietra angolare di questo intreccio è proprio il manager Shindo, il quale, nello svolgersi sempre più rocambolesco della serata, avrà una parte più o meno preponderante negli affari dei clienti e dei dipendenti dell’hotel. Il richiamo dell’ambientazione e di alcuni riferimenti, come i nomi delle suite dell’albergo, è indirizzato al film del 1932 “Grand Hotel” di Edmund Goulding, cui rende omaggio. Nonostante la durata del film di Mitani superi le due ore, esso procede ad un ritmo elevato che raramente consente di distogliere l’attenzione dal continuo complicarsi degli eventi. E’ questo incalzare di scene una dietro l’altra che ci spinge a chiederci come i personaggi potranno cavarsela dagli impacci di una serata che sembrerebbe avviata verso un grande flop.

Per concludere, vi parliamo di Za Magikku Awaa, opera di Mitani del 2008. In un’ambientazione che si rifà principalmente agli Stati Uniti delle grandi famiglie mafiose degli anni ’20, la storia prende il via dallo scagnozzo Bingo, la cui relazione con la partner del proprio boss, la signorina Mari, lo porta a un passo dall’esecuzione. Bingo si salva momentaneamente cercando di convincere il boss Tesshio che lui stesso conosce il più famoso sicario del tempo, Della Togashi, e viene mandato perciò alla sua ricerca. Per salvarsi da questo pasticcio, Bingo attira lo sfortunato attore Murata e lo convince a interpretare il famigerato killer. Rispettando l’ordine cronologico degli eventi e con i lunghi takes tipici della sua tecnica registica, Mitani ci mostra l’importanza del suo background teatrale, primo ambiente formativo che l’ha condotto poi al grande schermo. I suoi personaggi assumono un comportamento spesso istrionico, che contribuisce però a esaltarne la capacità attoriale e mette in buona luce la scelta di un cast che frequentemente è di alto livello.

Grazie per averci guardato, speriamo vi sia piaciuto il nostro breve approfondimento su Mitani Kōki, per guardare il nostro video basta cliccare qui. Se volete, potete seguirci sui canali social di Takamori. Ci rivediamo alla prossima puntata di Akushon, i registi di JFS! A presto!

Akushon! – i registi di JFS: Mitani Kōki

Siamo di nuovo qui, ad Akushon!, la rubrica dei registi di JFS. Oggi vi introduciamo brevemente la vita e l’opera di uno dei più noti registi in ambito comico, Mitani Kōki.

Mitani nasce 60 anni fa in uno dei quartieri centrali della capitale giapponese, Setagaya, e nella sua carriera ha ricoperto con notevole successo vari ruoli ad alto contenuto artistico, dal drammaturgo allo sceneggiatore, dall’attore al regista. Interessato fin dall’infanzia alle serie televisive e agli spettacoli di burattini in onda sull’emittente NHK, recepisce anche un forte influsso dal cinema hollywoodiano degli anni ’50 e ’60, molto apprezzato nel suo ambiente familiare, come egli stesso ha più volte affermato. Comincia poi la sua formazione accademica nell’ambito teatrale all’Università Nihon, applicandosi allo studio delle arti drammatiche e imbastendo un piccolo gruppo di teatro denominato Tokyo Sunshine Boys. Prima di tutto sceneggiatore, ambito in cui conosce il successo nel ’94 con l’opera Furuhata Ninzaburō, girerà poi la sua prima pellicola alla fine degli anni ’90. A questa seguiranno diversi lavori, anche commissionati dalla stessa NHK, che non mancheranno di vederlo alle prese con musical, serie TV di ambientazione storica, film e opere teatrali.

Nel 1998 Mitani dirige Rajio no jikan, una storia che ruota attorno alla messa in onda di un radiodramma, un tipo di opera molto diffusa in Giappone prima dell’arrivo della televisione. Questo film è stato premiato come miglior sceneggiatura dall’ Accademia giapponese di Cinema e poi insignito del Premio della Giuria al Festival del Cinema di Berlino. Nel 2006 è il turno di The Uchōten Hoteru, che narra le disavventure dello staff e dei clienti di un hotel di lusso nell’attesa della mezzanotte di Capodanno. Infine, vi proponiamo Za Majikku Awaa (The Magic Hour), che vede un piccolo truffatore alle prese con la rabbia di un gangster, per rientrare nelle grazie del quale gli prometterà di mettere a contratto per lui un famoso sicario.

Speriamo di avervi introdotto quanto basta questa figura tra le più popolari nel cinema comico del Sol Levante, vi diamo perciò appuntamento alla prossima settimana con la continuazione di questo episodio! Intanto, potete guardare il nostro video qui e potete seguirci sui nostri canali social che trovate in descrizione. Ci vediamo alla prossima puntata!

Achille e la tartaruga (2008)

Titolo originale: アキレスと亀
Regista: Takeshi Kitano
Uscita al cinema: 20 settembre 2008
Durata: 119 min

La Trama

Machisu è nato da una famiglia benestante ma rimane presto orfano di entrambi i genitori. Quando il padre si suicida dopo il fallimento della propria azienda, la matrigna lo manda a vivere con una coppia di zii che lo maltrattano, sino a quando lo mettono in un orfanotrofio. Da adolescente Machisu studia presso una scuola d’arte e trova il proprio stile di pittura sfidato dai lavori più sperimentali e concettuali dei compagni di studio. Tuttavia, Machisu riesce a stringere amicizia con un’altra studentessa, Sachiko, che è un “partner che capisce”. I due si sposano e nasce loro una figlia. Con il tempo, l’ossessione di Machisu di raggiungere gli standard dell’arte contemporanea aumenta sempre di più sino a sopraffarlo e annullare la sua esistenza, lasciandolo insensibile a tutto quanto avviene attorno, inclusa la morte della figlia e l’essere lasciato dalla moglie. Mentre le persone che lo circondano muoiono e se ne vanno, Machisu prova come meglio può a tenere il passo con le attese degli esperti d’arte, rimanendo senza un soldo e divenendo sempre più patetico.

Durante la pellicola sorgono molte situazioni leggermente umoristiche, ma il film non punta in ogni momento a grasse risate. Le scene dell’artista “di mezza età” (interpretato da Kitano) che convince la moglie solidale a realizzare la sua arte sono anzi lunghe, e diventano progressivamente crudeli. Inoltre, Achille e la Tartaruga a volte risulta un po’ confusionario e incoerente, similmente alle altre due parti della trilogia, da cui differisce a causa delle prime due parti del film, divertenti e accessibili al pubblico. La terza parte del film, tuttavia, spesso ricade in una serie di sketch comici scollegati tra loro e dal resto del film.
Un’arte pericolosa

Kitano infilza la cultura dell’arte moderna globale e si prende gioco anche del suo stesso lavoro.
Questo film sul mondo dell’arte moderna, afferma che quasi tutti gli artisti contemporanei hanno interpretato male il valore artistico e la creatività cercando solo la fama e il successo commerciale.
È un racconto crudele dell’arte, come spiega l’autore, una parabola dell’artista “maledetto”, che, come Achille, resta indietro e non riesce a raggiungere mai la tartaruga del successo e della perfezione, finendo per logorarsi.

Inoltre, tramite questa passione, Machisu affronta le situazioni dolorose che la vita gli pone, con uno sguardo oggettivo, come se gli eventi fossero semplicemente qualcosa da rappresentare su tela. L’artista passa dalle vicende drammatiche a momenti di ilare leggerezza, come se fossero solo spennellate di colore su una tela scura, mostrando una distanza quasi inquietante.

 

—recensione di Paolo Segala.

Yōkame no semi (2011)

Yōkame no semi, in inglese Rebirth, è un film drammatico del 2011 diretto da Narushima Izuru e ispirato al romanzo omonimo della scrittrice Kakuta Mitsuyo.

Spinta a rinunciare al proprio bambino a seguito della fine del rapporto extra-matrimoniale con Takehiro, Kiwako decide di rapire la bambina che l’uomo ha avuto con la propria moglie. Così, la donna inizia a crescere da sola la neonata, che ribattezza Kaoru, col desiderio di vivere la maternità che le era stata portata via.

Solo dopo 4 anni Erina viene ritrovata dalle autorità in una sperduta isola del sud del Paese e riportata ai genitori che però non riesce a riconoscere come tali. Con una madre ormai estraniata dal proprio ruolo e un padre sempre più distante, la giovane non è in grado di trovare pace e decide presto di lasciare casa per vivere da sola. È l’incontro con Chigusa, una giornalista freelance curiosa di conoscere il suo passato, che la porterà a rivivere il suo doloroso vissuto e a ritornare nei luoghi della sua infanzia.

Fra i numerosi premi ricordiamo quello per miglior film e regista alla 35esima edizione del Japanese Academy Prize e quello per migliore attrice ai Cinema Junpo Awards.

I continui salti temporali e la profondità dei personaggi permettono alla pellicola di approfondire la psicologia dei personaggi non catalogabili nelle dicotomiche etichette di ‘buono’ o ‘cattivo’. Comprendiamo il dolore di Kiwako nel rapire una bambina non sua e i profondi traumi che accompagneranno Erina per tutta la vita ma che le permetteranno anche di trovare un nuovo entusiasmo per il suo futuro di madre.

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Zatōichi: The Last (2010)

Zatōichi: The Last è un film del 2010, diretto da Sakamoto Junji e basato sull’opera letteraria di Shimozawa Kan, Zatōichi Monogatari e nel 2011, la pellicola è stata proiettata alla sesta edizione dell’Ōsaka Asian Film Festival

La storia segue le vicende di un samurai non vedente, Zatōichi, che ritorna nella sua città natale per condurre una vita ordinaria. Ma, ben presto, sarà costretto a riprendere in mano la spada e tornare a combattere.

La città del protagonista è in pericolo a causa di un gruppo di yakuza, che vogliono trasformarla in un porto e sfruttare gli abitanti per ricavare denaro. Zatōichi usa le sue abilità per difendere il villaggio, ma in questo modo, la sua identità viene svelata, e lui dovrà subirne le conseguenze.

Gli abitanti si rivolgono a Zatōichi per chiedergli di aiutare il suo villaggio, come ha fatto con altri. Così, nel corso della sua avventura, il samurai si trova a lottare contro la yakuza, ma qualcosa non va come previsto. Infatti, non solo dovrà superare il suo tragico passato, ma anche affrontare numerose difficoltà, senza mai perdersi d’animo.

Zatōichi: The Last vi offrirà un piccolo viaggio nel mondo samuraico giapponese, facendovi esplorare il genere cinematografico del jidaigeki. Il protagonista ne uscirà vittorioso? Se ha suscitato il vostro interesse, e volete conoscere nuovi registi e film dal Giappone, seguiteci sui nostri canali, link in descrizione!”. Potete guardare il nostro video qui, vi aspettiamo!