16 Agosto 2020 | Film e Serie TV
Day and night, デイアンドナイト
(Giappone, 2019)
Regia: Michihito Fujii
Cast: Shinnosuke Abe, Masanobu Andō, Kaya Kiyohara
Genere: Drammatico, Crime
Durata: 134 minuti
La trama
Il film segue le vicende di Koji Akashi subito dopo il suicidio del padre, che improvvisamente sembra al figlio uno sconosciuto. La sua morte infatti getta sulla sua figura molte ombre al punto che Koji comincia a chiedersi chi fosse davvero, fino a mettere in dubbio la sua moralità. Il giovane comincia dunque a indagare sulla vita del padre, cercando chi lo conosceva e interrogandosi sulle azioni da lui compiute in vita. Arriva così a fare la conoscenza di Kitamura, il direttore di un orfanotrofio locale, che il padre di Koji sosteneva con il suo lavoro. Questa scoperta riaccende la speranza nel giovane, che comincia anch’egli a lavorare per gli orfani e per Kitamura, cercando di ripercorrere quelle che sembrano le orme migliori del genitore. Solo dopo qualche tempo il ragazzo si renderà conto che la struttura dell’orfanotrofio si regge su traffici criminali gestiti dallo stesso Kitamura. Koji dovrà allora decidere se entrare a far parte di questo meccanismo, come suo padre, per il bene dei bambini, o restare legato ai propri concetti netti e definiti di “bene” e “male”.
Moralità, conflitto interiore
Tutto il film si basa sulla dicotomia tra Bene e Male, Giusto e Sbagliato. Koji si tormenta interiormente sulla vita del padre, non riuscendo a capire se egli fosse una “brava” o una “cattiva” persona. I ricordi gli presentano un uomo buono, affettuoso e premuroso, ma le ultime azioni della sua vita sembrano invece ritrarre una spia e un criminale che ha lasciato la propria famiglia in balia dei propri nemici togliendosi la vita. Quale di questi due opposti profili corrisponde alla figura di suo padre?
Le pause, i lunghi silenzi e la lentezza delle scene concorrono alla profonda riflessività del film su temi complessi: la moralità, il bene e il male, ma anche il senso di colpa, la cura delle persone amate, il perdono e l’amore. Quanto ci si può allontanare dal Bene in vista di un “bene superiore”? Koji troverà la sua risposta attraverso la propria esperienza, muovendosi e rapportandosi con altri personaggi, come Kitamura, ma anche Nana, una ragazza dell’orfanotrofio ormai maggiorenne che deve fare i conti con il proprio futuro. È chiaro che però ogni scelta ha delle conseguenze e alla fine Koji dovrà rendere conto delle sue, confrontandosi con la persona che è diventato, con il passato di suo padre che non lo abbandona e con la legge.
— recensione di Giulia Zeni.
4 Agosto 2020 | News
Cineteca JFS!
Anche questa settimana l’Associazione Takamori vi fa compagnia raccontandovi un nuovo film. Quello che vi presentiamo oggi è Hush!, del 2001, diretto da Hashiguchi Ryōsuke.
Il film si concentra sul senso di insoddisfazione e delusione, causato dall’assenza di qualcosa nella vita. Tratta il tema dell’omosessualità ed è particolarmente apprezzato per la verosimiglianza dei personaggi, descritti dal regista come persone reali.
Tra i premi più importanti ricordiamo quelli per miglior film, miglior regista e, con Tanabe Seiichi, miglior attore, allo Yokohama Film Festival del 2003.
26 Luglio 2020 | Film e Serie TV
The Light Shines Only There, そこのみにて光輝く
(Giappone, 2014)
Regia: O Mipo
Cast: Ayano Gō, Ikewaki Chizuru, Suda Masaki
Genere: drammatico
Durata: 120 minuti
The Light Shines Only There è il secondo lungometraggio della regista giapponese, di origini coreane, O Mipo. Nel 2015 è stato selezionato come proposta del Giappone per essere nominato agli Oscar nella categoria Miglior film straniero, ma non è rientrato tra i cinque finalisti. Nonostante ciò ha avuto molto successo a livello sia internazionale sia locale, vincendo il premio di miglior film allo Yokohama Film Festival ed essendo scelto come miglior film del 2015 dall’acclamata rivista cinematografica Kinema Jumpo.
La trama
Il film racconta la storia di Tatsuo, trasferitosi sulla costa in seguito a un incidente di lavoro in una cava, nelle montagne dell’ Hokkaidō. Logorato dai sensi di colpa, Tatsuo passa le giornate a bere e a girovagare per la città. Tuttavia un giorno in una sala di pachinko incontra Takuji, un giovane in libertà vigilata, che lo invita a casa sua, nella periferia della città. La sua vitalità eccessiva e i suoi atteggiamenti infantili sono in forte contrasto con il luogo in cui vive, un edificio buio e spoglio nei pressi della spiaggia. Lì Tatsuo ha modo di conoscere la sua famiglia: il padre, malato; la madre, dai modi rudi; la sorella maggiore, triste e malinconica. L’attrazione tra i due è chiara fin dal primo sguardo, ma il loro rapporto è messo a dura prova dalle loro vite difficili, da cui tentano di fuggire nella speranza di un futuro migliore.
I personaggi hanno una caratterizzazione ben definita, e nella loro disperazione risultano sinceri e reali. Tra tutti a spiccare è Chinatsu, grazie alla brillante interpretazione di Ikewaki Chizuru. Tra lei e Tatsuo si sviluppa un rapporto di mutua comprensione, germogliato dai lunghi scambi di sguardi, carichi di tensione e desiderio. Il loro dolore, che li rende irrimediabilmente fragili e umani, è il loro punto di incontro. Se i dialoghi sono scarni e rivelano l’inettitudine dei protagonisti, la fotografia, con i suoi colori cupi, trasmette in maniera puntuale le emozioni dei personaggi. Proprio quando sembra non esserci più speranza per loro, l’arancione del tramonto nella scena conclusiva scalda lo schermo, suggerendo che un mondo migliore da qualche parte c’è.
— recensione di Giorgia Caffagni
21 Luglio 2020 | News
Cineteca JFS!
Anche questa settimana l’Associazione Takamori vi fa compagnia raccontandovi un nuovo film. Quello che vi presentiamo oggi è Air Doll, del 2009, diretto da Koreeda Hirokazu.
“Air Doll” è una pellicola dallo sviluppo inaspettato, che sullo sfondo di una moderna metropoli, fa luce su tematiche attuali ed evidenzia l’importanza di emozioni e sentimenti. Secondo il regista, il film fa riflettere sulla vera natura umana e sulla solitudine causata dalla vita urbana. Ma soprattutto, pone un’interessante domanda allo spettatore: cosa significa essere umani?
12 Luglio 2020 | Film e Serie TV
Love Letter, ラブレター
(Giappone, 1995)
Regia: Iwai Shunji
Cast: Nakayama Miho, Toyokawa Etsushi
Genere: drammatico, sentimentale
Durata: 117 minuti
Caro Fujii Itsuki, come stai?
Io sto bene…
Love Letter racconta la storia di Watanabe Hiroko, una giovane donna di Kobe che ha perso il fidanzato due anni prima, in un incidente in montagna. La sua sofferenza è evidente fin dalla prima inquadratura, in cui la vediamo stesa sulla neve mentre trattiene il respiro, cercando di comprendere come si sia sentito Fujii Itsuki al momento della sua morte.
Mentre sfoglia il suo annuario scolastico, trova il suo vecchio indirizzo di Otaru, in Hokkaidō, e gli scrive una lettera nel tentativo di superare il proprio dolore. Inaspettatamente riceve una risposta da una donna con il suo stesso nome (interpretata dalla stessa attrice, Nakayama Miho), che era in classe con lui al liceo. Inizia tra le due una fitta corrispondenza, in cui condividono svariati essays writing service aneddoti e ricordi del defunto Fujii Itsuki. La storia si svolge quindi su due piani narrativi: gli anni del liceo, mostrati come un tempo felice, che non sarà possibile riavere indietro, e il presente, carico di nostalgia per quel passato che non c’è più. Nel ripercorrere i propri ricordi, la Fujii Itsuki del presente inizia a guardarli in maniera diversa, scoprendo qualcosa di nuovo, ma potrebbe essere troppo tardi.
Il film è una riflessione sul significato della memoria e sulla caducità della vita. Mentre le nostre storie rimangono invariate, la percezione che ne abbiamo può cambiare nel tempo. Ci sono casi in cui ricordare è estremamente doloroso, ma dei ricordi ci si nutre, servono per crescere e per andare avanti. Il modo in cui si affronta il passato non è lo stesso per tutti, e a volte è necessario trovare percorsi alternativi, come nel caso di Hiroko. I toni malinconici vengono ripresi anche dalla splendida colonna sonora: i personaggi si ritrovano a canticchiare per tutto il film Aoi Sangoshō di Matsuda Seiko, canzone che a quei tempi in Giappone era in cima alle classifiche.
Degno di nota è anche il titolo: se inizialmente sembra fare riferimento alla lettera d’amore spedita da Hiroko per superare la sua perdita, lo spettatore si renderà poi conto che le lettere d’amore sono molteplici, tra cui una ai tempi d’oro del periodo Showa, quando l’economia era all’apice, e il film stesso, che nella sua semplicità è una lettera d’amore al cinema.
Nonostante l’evocativa ambientazione invernale e il tema della perdita di una persona amata, è fortemente percepibile il calore nei rapporti tra i personaggi e il senso di catarsi provato dalle due donne nel guarire dai loro traumi del passato, rivelandosi un film che scalda il cuore.
— recensione di Giorgia Caffagni.
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