15 Giugno 2022 | Film e Serie TV
L’Associazione Takamori è lieta di presentarvi The Ravine of Goodbye, film drammatico giapponese del 2013 diretto da Ōmori Tatsushi.
Tratto dall’omonimo romanzo di Yoshida Shūichi, Sayōnara Keikoku, in inglese The Ravine of Goodbye, è un film drammatico diretto da Ōmori Tatsushi uscito nelle sale giapponesi il 22 Giugno 2013.
Il corpo di un bambino è stato ritrovato assassinato in un bosco e i sospetti ricadono tutti sulla madre del piccolo, Satomi, interpretata da Suzuki Anne, che durante un raid di giornalisti di fronte alla sua abitazione viene arrestata dalla polizia. Nel frattempo i vicini, Shunsuke e Kanako, interpretati da Ōnishi Nobumitsu e Maki Yōko, sembrano essere dei semplici spettatori della vicenda senza attrarre l’idea di essere coinvolti e fanno del loro meglio per evitare la folla di giornalisti in strada continuando con la loro vita.
Mentre la polizia continua ad indagare sulla vicenda, emergono voci riguardo una relazione sentimentale tra Shunsuke e la vicina Satomi.
Lo staff di un magazine incarica il reporter Watanabe, interpretato da Ōmori Nao, di scavare nel passato di Shunsuke dentro il quale scoprirà una serie di eventi oscuri accaduti nella vita dell’uomo che capovolgeranno totalmente la vicenda.
Screenplay di un romanzo di altissimo livello che riesce ad intrecciare visivamente passato e presente con un’ottima abilità narrativa. La presenza di Maki Yōko rende la pellicola ancor più di qualità per il modo in cui interpreta Kanako.
Il tentativo, ben riuscito, di Ōmori è sicuramente quello di portare una storia nella quale è evidente che il messaggio sia l’impossibilità di rimarginare ferite che scavano troppo a fondo.
La pellicola ha partecipato agli Hōchi Film Awards nel 2013 e ai Japanese Academy Prize nel 2014 vincendo in entrambi i casi il premo di migliore attrice protagonista grazie ad uno delle più talentuose attrici dell’industria cinematografica giapponese, Maki Yōko.
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1 Giugno 2022 | Film e Serie TV
L’Associazione Takamori è lieta di presentarvi Tōkyō Tower, un film drammatico giapponese del 2007 diretto da Matsuoka Jōji.
Titolo originale: 東京タワー 〜オカンとボクと、時々、オトン〜
Regista: Matsuoka Jōji
Uscita al cinema: 14 Aprile 2007
Durata: 142 Minuti
Tratto dall’omonimo best-seller autobiografico di Lily Franky, Tokyo Tower si apre raccontando la storia di Nakagawa Masaya, vero nome dell’autore interpretato da Odagiri Jō, partendo dall’infanzia di quest’ultimo, nella quale vede il padre, un artista eccentrico affetto da problemi con l’alcool, picchiare la madre Eiko.
A seguito di quest’evento Eiko decide di lasciare il marito e di portare il piccolo Masaya via con sé dove grazie al suo duro lavoro riuscirà a far vivere al figlio un’infanzia normale.
La pellicola è riuscita a vincere 5 premi al Japan Academy Prizes quali miglior film, miglior regia, screenplay dell’anno, migliore attrice protagonista e miglior attore non protagonista. Ha inoltre ricevuto nomination quali miglior attore protagonista, migliore attrice protagonista e miglior attore non protagonista alla seconda edizione degli Asian Film Awards.
Il film trova un ottimo connubio tra malinconia e momenti leggeri riuscendo, con un ottimo lavoro di scrittura, a dipingere un sincero rapporto madre-figlio.
Tokyo Tower si snoda tra i flashback del protagonista andando a raccontare una storia di vita comune le quali vicende scavano nella complessità di cosa voglia dire crescere e di come sia giusto farlo anche nei momenti più duri.
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18 Maggio 2022 | Film e Serie TV
L’Associazione Takamori è lieta di presentarvi Rentaneko, un film drammatico giapponese del 2012 diretto da Ogigami Naoko.
Sayoko, interpretata da Ichikawa Mikako, è una giovane che vive con numerosi gatti in casa; non è sposata, non ha amici e l’unica parente mostrata nella pellicola è la nonna che l’ha cresciuta fin da bambina, deceduta da 2 anni lasciandole in ereditá i gatti.
Rimasta sola e sapendo di attrarre animali meglio di quanto farebbe con le persone decide di affittare i felini trasportandoli su un carretto lungo la sponda di un fiume e annunciandoli utilizzando un megafono.
Il film è stato presentato in anteprima all’International Film Festival di Stoccolma e, tra i vari, ha partecipato al Far East Film Festival di Udine e al Busan Film Festival.
A differenza di numerose altre pellicole che esplorano la solitudine come parte della vita moderna, Rentaneko è particolarmente semplice ma non banale, portando avanti lungo tutta la durata dell’opera un semplice messaggio – “non c’è nulla di meglio di un gatto per quando ci si sente soli”.
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1 Maggio 2022 | FEFF
Come già accennato, ci troviamo a Udine per il Far East Film Festival e abbiamo deciso di portarvi con noi parlandovi delle proiezioni alle quali assisteremo. Essendo il festival un importante trampolino di lancio per cineasti riconosciuti ed emergenti dell’estremo Oriente, vi parleremo anche di pellicole esterne al panorama cinematografico giapponese. Le proiezioni della nostra quarta e ultima giornata vi porteranno tra le montagne della Corea del Sud e sul luogo del terremoto e dello tsunami che hanno colpito il Giappone nel 2011.
ONE DAY YOU WILL REACH THE SEA, Nakagawa Ryūtarō – Giappone, 2022
Il triplice disastro dell’11 marzo 2011 ha portato con sé molte vittime tra cui Utsuki Sumire. In One day you will reach the sea, Kotani Mana racconta questa storia al pubblico con grande dolcezza e malinconia, dando la possibilità ad altri sopravvissuti di testimoniare dei loro cari persi durante la tragedia. Il regista Nakagawa Ryūtarō dà sfogo in questo modo anche alla sua esperienza personale. Colpito da una perdita connessa al disastro nei suoi anni universitari, mostra una profonda empatia nella pellicola che usa come strumento per dare nuova vita alle vittime e una voce ai sopravvissuti.
Inserendo una vicenda personale, sebbene di fiction, Nakagawa riesce a processare il dolore condiviso, e a mostrare i lati più fragili dei personaggi, rappresentando dopo quasi 7 anni quello che negli anni immediatamente successivi al disastro, è stato troppo difficile da raccontare.
Kotani Mana e Utsuki Sumire, sono due personaggi nettamente diversi, così come lo sono le attrici. Già al tempo del casting, è stata prestata molta attenzione alle loro diverse caratteristiche: una forte vitalità e un fascino dolce ed espressivo che insieme non possono che funzionare. Nel film vediamo come dal primo giorno di college in cui si sono conosciute, il rapporto delle ragazze si approfondisce, fino a raggiungere sentimenti che superano una semplice amicizia. Tali sentimenti tuttavia non sono mai espressi nella loro interezza, e questa amarezza accompagna gli spettatori e Mana , in un commovente percorso in nome di Sumire per trovare finalmente chiusura.
In questa pellicola dalle triplici componenti di fiction, animazione e vita reale, il regista cerca una reazione nello spettatore, che viene a contatto con la storia e con il ricordo doloroso in modo più diretto di quanto sia possibile in Giappone. Nakagawa infatti riflette anche sulla presenza di luoghi ed elementi storici concreti che circondano la realtà italiana , spesso assenti invece in un contesto giapponese. Cerca quindi di analizzare la diversa risposta che una pellicola forte come questa può essere data da pubblici ben diversi, augurandosi allo stesso tempo una distribuzione sempre più capillare, probabilmente non lontana grazie ad un buonissimo feedback iniziale
CONFESSION, Yoon Jong-seok – Corea del Sud, 2022
Come film di chiusura della ventiquattresima edizione è stato scelto Confession, di Yoon Jong-seok.
Un giovane businessman viene condannato per l’omicidio della sua amante. Dopo essersi visto ritirato il mandato di arresto per ritornare a processo, un’avvocata di successo decide di sentire che cosa ha da dire, svelando l’oscurità che si cela dietro il presunto killer. Yoon Jong-seok in questa prima italiana ci mostra un labirinto di specchi costruito sulla base di flashback e ricostruzioni ipotetiche, senza mai abbandonare l’affascinante grammatica del thriller-noir che molto bene si adatta alla rappresentazione di questo intricato caso di omicidio a porte chiuse.
Le riprese e la produzione della pellicola, seconda opera del regista sudcoreano, sono terminate due anni fa ma, per lo svuotamento delle sale dovuto alla pandemia ne è stato posticipato il rilascio. Confession, infatti, entra per la prima volta in sala al Teatro Nuovo di Udine, mentre, rimane inedito in patria.
Il film è una rivisitazione del mystery thriller spagnolo Contratiempo distribuito in Italia da Netflix nel 2017. Nonostante lo snobismo col quale i remake vengono visti dalla critica cinematografica, in Corea del Sud questo genere sta raggiungendo livelli sempre più alti e questo film ne è la conferma. Nell’adattamento, racconta Yoon, fra le difficoltà incontrate c’è stata la perfezione e l’attenzione ai dettagli dell’opera originale ma per il regista non era importante arrivare a un prodotto in linea con la versione spagnola ma presentare angolature e punti di vista assenti in quest’ultima. Fra le altre difficoltà, come trovare il giusto rapporto fra lo spazio e il tempo della narrazione, la più bizzarra è stata che, nonostante il film si dipani in un’unica nevosa notte invernale, la stagione delle riprese è la stata forse la meno nevosa dell’esperienza del regista.
Presente all’incontro era anche Won Dong-yeon, produttore acclamato al botteghino sudcoreano, che con grande sagacia ha presentato il regista di cui va molto fiero. È stato proprio Won a entrare in contatto con l’originale spagnolo durante un viaggio aereo Bruxelles-Seoul e, tornato in patria, consapevole del potenziale della sceneggiatura ne ha comprato i diritti. Il suo ironicamente millantato fiuto per i soldi gli ha anche permesso di mettere insieme un cast d’eccezione: So Ji-seob e Kim Yunjin, il presunto colpevole e la presunta avvocata sono una coppia in grado di creare una potente tensione che tiene lo spettatore incollato allo schermo. Fra gli attori presente anche Nana attrice e cantante, ex-componente del gruppo After School, che nel film ha modo di mostrare un’ampio spettro di emozioni grazie alle varie versioni della scena del delitto create dal potere performativo delle parole degli altri due.
L’incontro, poi, si è spostato sul cinema sudcoreano in generale e soprattutto sul suo futuro. Sia il regista che il produttore riconoscono l’impatto dei premi dati a Parasite, prima a Cannes nel 2019 e poi da parte dall’Academy nel 2020, e a Squid Game ai SAG Awards di quest’anno, ma anche quanto la fama in realtà non sia volta a raggiungere una conoscenza veritiera della cultura coreana ma a dare un’immagine distorta dal Paese. Il successo di questi prodotti ha comunque cambiato il punto di vista del pubblico che volge sempre di più l’attenzione al panorama sudcoreano. Il produttore Won si è anche espresso sul futuro della distribuzione di prodotti cinematografici che, a suo parere, si dividerà in due: i film blockbuster ricchi di effetti visivi e sonori manterranno le regolari uscite sui grandi schermi mentre prodotti più artistici e studiati preferiranno la distribuzione via streaming.
Entrambi hanno salutato la stampa annunciando lavori in corso di produzione, Won continuerà con adattamenti, soprattutto da Webtoon, mentre Yoon si rimetterà all’opera per tornare al più presto a Udine.
Così si conclude la nostra esperienza al Far East Film Festival di Udine, vi ringraziamo per averci seguiti. A presto!
30 Aprile 2022 | FEFF
Venerdì 29 aprile al Far East Film Festival di Udine è stato il Kitano’s day, un’intera giornata dedicata alla figura poliedrica di Kitano Takeshi. Durante la giornata è stato proiettato Citizen K, un biopic sul regista diretto da Yves Montmayeur e uno dei più grandi capolavori di Beat Takeshi: Sonatine. Inoltre, Kitano Takeshi si è collegato in diretta dal Giappone per ricevere il Gelso D’oro, un premio alla sua straordinaria carriera.
CITIZEN K, Yves Montmayeur – Francia, 2021
C’è chi se lo ricorda come comico irriverente, chi come buffo conte protettore del suo castello e chi come spietato yakuza. La figura di Kitano Takeshi è indubbiamente poliedrica e in Citizen K il regista Yves Montmayeur cerca di dare una visione il più completa possibile dell’artista tramite le sue stesse parole. Il cineasta francese, infatti, dopo un emozionante incontro con Kitano dove questi si commosse per i complimenti sul suo film Hanabi, decide di appassionarsi a questa figura e sviscerarne la vita e la carriera.
Kitano Takeshi nasce a Umejima nel 1947 ma subito dopo si trasferirà ad Adachi, una zona povera di Tokyo occupata dagli Americani. Dopo un’infanzia passata nella povertà e una carriera universitaria alla università Meiji si trasferirà ad Asakusa dove conoscerà due cose cose che caratterizzeranno la sua intera esperienza sul grande schermo: il mondo dell’intrattenimento comico e le faide tra famiglie della yakuza. La sua carriera inizia come uomo dell’ascensore in un cabaret francese, per poi passare nel ’74 al manzai con il duo comico “Two beats”, da dove prenderà il nome di “Beat Takeshi”. Dopo la comparsa nel film di Ōshima Nagisa, però, si rende conto che il pubblico giapponese lo considera soltanto un comico e qualsiasi ruolo egli interpretasse non sarebbe stato preso sul serio ed è qui che incomincia la sua carriera da regista di gangster movie.
Nel 1994 la sua vita purtroppo verrà segnata da un tragico incidente che gli trasfigura il volto. Da questo momento la sua carriera prende una svolta diversa da prima, riconsidera tutti quanti i concetti di morte e violenza, portando anche l’attrice nonché amica Kishimoto Kayoko a preoccuparsi seriamente di sue possibili intenzioni suicide che si rispecchiano nella sua produzione del periodo.
Insomma, Citizen K ci mostra la vera natura del maestro, che nel tempo si è dedicato a svariate forme d’arte e che non si prende mai troppo sul serio, ma con una visione cinematografica e attoriale ben precisa che ha affascinato, paradossalmente, prima il pubblico europeo e in seguito il pubblico del sol levante.
SONATINE, Kitano Takeshi – Giappone, 1993
Quasi trent’anni dopo la sua uscita, nel 1993, Sonatine di Kitano Takeshi è assurto al ruolo di capolavoro. Tuttavia, questo film di gangster deliberatamente ritmato e girato in modo lirico, che mescola violenza selvaggia e assurde bravate, sempre sottolineate dall’elegiaca colonna sonora di Joe Hisaishi, disorientò e irritò un buon numero di spettatori all’epoca.
Il fim parla della storia di Murakawa (Kitano), laconico sottocapo di una gang che con i suoi subalterni viene spedito a Okinawa a supporto di un alleato locale in un conflitto tra bande. Ma non appena egli arriva sull’isola (la versione giapponese delle Hawaii), i suoi uomini vengono presi di mira e ammazzati. Dopo aver ottenuto in qualche modo vendetta in una sparatoria, il protagonista si ritira su una spiaggia isolata con gli uomini rimasti per riorganizzarsi – e riposarsi. Alla fine, dopo che i componenti della banda sono stati decimati e sono rimasti solo Murakawa e un giovane chimpira (apprendista gangster), il protagonista si rende conto di essere stato usato e tradito, e finalmente si rivolta contro i suoi nemici distribuendo pallottole come un angelo vendicatore.
Il finale, col suicidio di Murakawa, va controcorrente per il genere e sottolinea quanto Kitano sovverta le convenzioni di genere durante tutto il film. Per quanto sia un uomo di poche parole, Murakawa non è il tradizionale protagonista dal cuore puro, ma si pone a una certa distanza da quelli che lo circondano, osservandoli in modo guardingo e impassibile, e quando deve attaccare i suoi nemici li uccide senza il minimo sprazzo di emozione o cenno di paura. Durante la lunga e idilliaca parentesi della gang sulla spiaggia, però, Murakawa svela un’altra sfaccettatura: giocoso e malizioso, capace di autoriflessione, se non di rammarico.
Inoltre, siamo fieri di comunicarvi che la pellicola è stata tradotta e sottotitolata dai nostri tirocinanti in occasione del Far East Film Festival.
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