Mizoguchi Kenji Parte 2 || Akushon! – I registi di JFS


Eccoci al secondo appunta su Mizoguchi Kenji e la sua filmografia! Questa è Akushon, la rubrica dei registi di JFS. Seguiteci!

Naniwa erejī (“Elegia di Osaka” del 1936) ci mostra, in una Osaka degli anni ’30 ancora divisa tra una concezione tradizionalista e conservatrice e uno slancio verso il moderno e il progressista, la storia di Ayako, giovane operatrice telefonica presso un’azienda farmaceutica. Nonostante sia fidanzata, per pagare i debiti del padre Ayako accetta di diventare l’amante del proprio capo in cambio del denaro necessario. Quando la relazione si interrompe a causa della scoperta della moglie del capo, Ayako deve far fronte a un altro problema; il fratello ha infatti bisogno di denaro per potersi laureare. Così, Ayako diventa amante di un’altra figura dell’azienda, alla quale cerca con l’inganno di estorcere denaro sufficiente da poter aiutare il fratello e sposarsi col proprio fidanzato. 
Scoperti, vengono arrestati per truffa e poi per fortuna rilasciati dopo essersi scusati. Il finale tuttavia non è positivo: la famiglia di Ayako infatti la ripudierà, e la costringerà ad allontanarsi.
Come tipico delle opere del regista, la donna non è una figura fautrice del proprio destino, ma ne è piuttosto travolta, sottomessa agli obblighi che derivano semplicemente dall’esser donna. Il motore primo dei suoi guai sono gli errori del padre, ai quali può porre rimedio solo annullandosi in un sacrificio che tuttavia verrà accolto con ingratitudine. 

Zangiku monogatari, traducibile in italiano come “Storia dell’ultimo crisantemo”, è un film drammatico del 1939, tratto dal romanzo di Muramatsu Shofu. Ci troviamo in epoca Meiji, e il giovane Kikunosuke è l’erede del maestro del teatro kabuki Kikugoro, nella prestigiosa famiglia Onoe. Purtroppo egli è tutt’altro che talentuoso e ben presto anche a causa del suo inaccettabile amore per la serva Otoku, viene allontanato dalla famiglia. Da qui inizia la sua faticosa strada verso l’affermazione professionale: inizialmente entra in compagnie teatrali meno prestigiose, ma nel frattempo riesce a riunirsi con Otoku con il quale inizia una relazione. Proprio grazie alla sua buona influenza, Kikunosuke inizia ad affrontare il lavoro con maggiore costanza e impegno, migliorando a tal punto da riuscire ad ottenere un grande successo, che gli permette di ricongiungersi con la sua famiglia, a discapito però della sua relazione con Otoku. Nella pellicola ciò che risulta più evidente è la netta differenza tra il personaggio di Kikunosuke e Otoku. Il primo è inetto e passivo, non riesce a prendere mai alcuna decisione, ad eccezione di quella di ribellarsi alla propria famiglia, per poi affidarsi completamente ad Otoku, sfruttando il suo sostegno per risollevarsi. La seconda invece è l’esatto opposto, intelligente e forte di carattere, agisce attivamente rinnegando anche le regole della società in nome dei propri sentimenti, divenendo la vera eroina, e discostandosi dal modello di donna vittima ricorrente nelle opere di Mizoguchi.

Sanshō Dayū (in italiano “L’intendente Sansho”) è un film del 1954 ambientato durante il Periodo Heian. La tragica storia narrata vede la famiglia di un governatore disfarsi dopo che questi viene destituito perché considerato troppo poco severo dai suoi superiori. Durante un viaggio, infatti, i banditi li attaccano e li rapiscono, vendendo la moglie come prostituta e i due figli come schiavi all’Intendente Sanshō. I due piccoli, chiamati Zushiō e Anju, sono vittime di ogni tipo di sopruso, ma si ripromettono di rimanere uniti e di riuscire un giorno a fuggire per riunirsi con la propria famiglia.
Anni dopo, decidono di tentare la fuga: la povera Anju, alle strette, pur di non farsi prendere si suicida. Zushiō, invece, trova rifugio presso un monastero dove, per una serie di fortunati eventi, riesce a ottenere una intercessione da parte del figlio del Primo Ministro, fattosi monaco. Dopo aver incontrato il Ministro stesso, questi lo nomina Governatore proprio della contea in cui Zushiōera tenuto come schiavo. In collera per la morte della sorella, egli vieta la schiavitù nella contea ed esilia Sanshō e i suoi uomini e concludendo l’opera dando le dimissioni.
Questo film mette in scena un’opposizione tra la giustizia e il potere, capriccioso e brutale con gli indifesi e gli umili, servile con i superiori. In particolare, ancora una volta è centrale la figura salvifica della donna, che alla fine sfugge dall’oppressione di cui è vittima.

Concludiamo con Akasen chitai, ovvero “La strada della vergogna”, ultima opera del regista uscita nel 1956. La pellicola racconta la storia di cinque donne, prostitute in una casa di piacere del quartiere di Yoshiwara, intente a cercare di migliorare la propria disastrosa condizione di vita sia familiare che economica. Yumeko deve affrontare l’arrivo a Tokyo di suo figlio, del quale si vergogna per la professione che ha dovuto intraprendere per mantenerlo; Yasumi, sovrastata dai debiti, è disposta a ricorrere a qualsiasi cosa pur di estinguerli; Yorie che con l’arrivo di un pretendente presto si ritroverà in una situazione ancora più difficile della precedente; Hanae è costretta a prendersi cura da sola del figlio piccolo e del marito disoccupato, e infine c’è Mickey in fuga dal padre, per tentare di ottenere una propria indipendenza economica, ma con scarso successo. Il tutto accade proprio quando il governo giapponese si appresta a promuovere una legge che vieti la prostituzione, che però poi non viene emanata. La pellicola ci offre in maniera profondamente realistica e dolorosa, il ritratto della condizione della donna nel dopoguerra, con sfondo i bassifondi di Tokyo. Le donne di questo mondo vivono ai margini delle società, schiave della loro condizione e del denaro, unica cosa che può permettere loro di riottenere la libertà perduta. 

E anche per questo regista siamo giunti alla fine! Se volete approfondire le vite e le opere di altri registi giapponesi non vi resta che continuare a seguirci con Akushon!

Masquerade Night || Recensione

Titolo originale: マスカレード・ナイト
Regista: Suzuki Masayuki
Anno: 2021
Genere: Thriller detective
Durata: 2h 9min

Masquerade Night, film del 2021 di Suzuki Masayuki, è il sequel di Masquerade Hotel del 2019. Il primo film narrava l’infiltrazione sotto copertura di Nitta Kosuke, agente di Polizia, presso l’hotel Cortesia di Tokyo per catturare un serial killer. Qui, verrà aiutato e si scontrerà con la consierge dell’Hotel Yamagishi Naomi, venendo a creare una contrapposizione tra i metodi della Polizia, disposta a usare le maniere forti pur di catturare l’assassino, e gli ideali dell’Hotel stesso, che mette al primo posto il benessere degli ospiti.

Il secondo film riprende sin dal primissimo istante i meccanismi del primo: una donna viene uccisa in un modo piuttosto singolare, ovvero folgorata e vestita in stile Lolita; poco dopo, una lettera anonima viene consegnata alla Polizia, dichiarando che l’assassino colpirà ancora e che il teatro del crimine sarà proprio l’Hotel Cortesia durante il ballo in maschera di fine anno. In un istante, viene deciso di utilizzare la stessa strategia del film precedente, facendo infiltrare nuovamente Nitta tra lo staff dell’Hotel per catturare l’assassino entro la mezzanotte e impedire così il delitto.

Dove la prima pellicola si era presa tempo per caratterizzare i personaggi, costruire l’antitesi fra i caratteri dei protagonisti e generare una reale tensione nella storia creando una situazione al tempo stesso paradossale, drammatica e divertente, Masquerade Night invece liquida il tutto in quattro e quattr’otto, con il capo della Polizia che dice semplicemente a Nitta che dovrà infiltrarsi nuovamente nell’Hotel. In un istante e senza nessuna build up, è come se stessimo assistendo a un prolungamento dello scorso capitolo, con variazioni minime che riescono comunque a salvare il film il tanto che basta per renderlo piacevole, nonostante gran parte del merito vada al carisma degli attori, alla fluidità della sceneggiatura e alla sapiente regia.

Se a livello di trama, infatti, l’unico elemento degno di nota è il pressante countdown alla mezzanotte, inframezzato dalla presentazione dei vari personaggi e sospettati, il film è costruito in modo impeccabile, dai costumi alla fotografia, e ci porta a seguire le vicende con interesse e attenzione.

Assistiamo così all’evolversi della vicenda, con la Polizia che identifica due figure chiave nell’indagine, ovvero l’assassino, pronto a colpire nuovamente, e l’informatore anonimo che ha avvisato le forze dell’ordine e che sarà presente all’Hotel durante il ballo in maschera, con l’intenzione di ricattare l’omicida. Vari ospiti sono sospetti: Urabe, un uomo che sembra avere legami con l’ultima vittima; Sono, un uomo fedifrago accompagnato da moglie e figlio e che è in realtà solito incontrarsi al Cortesia Hotel con la propria amante, presente anch’ella alla serata; Kusakabe, un abbiente e viziato prepotente che potrebbe star utilizzando un nome falso; Nakane, una signora che ha prenotato una stanza per lei e il marito, il quale sembra tuttavia non esistere.

La Polizia lavora febbrilmente per schedare con discrezione tutti e 500 gli ospiti presenti, consci che da quando inizierà la festa tutti indosseranno una maschera e sarà impossibile identificarli. Il difficile equilibrio tra il proseguo delle indagini e il preservare il benessere e la privacy degli ospiti è tutelato dal lavoro di squadra di Nitta e Yamagishi, che non esiteranno a rischiare la vita per arrivare a scoprire la verità e a fermare il colpevole.

— Recensione di Chiara Coffen

As The Gods Will || Rassegna AFS Fall 2022

L’Associazione Takamori è lieta di annunciarvi il ritorno al Cinema Rialto col nostro secondo appuntamento Martedì 25 Ottobre.


As the Gods Will è un thriller d’azione diretto da Miike Takashi e uscita nelle sale giapponesi nel 2014 e basato sull’omonimo manga scritto da Kaneshiro Muneyuki.
Shun Takahata, interpretato da Fukushi Sōta, vive una vita normale da studente delle superiori, noiosa e monotona, ma la sua giornata sta per cambiare: la testa del suo professore esplode e al suo posto compare una bambola Daruma che obbliga Shun e i suoi compagni di classe a giocare a “Daruma ga koronda” (un gioco molto simile a “Un, due, tre, stella!”), con la regola aggiuntiva che prevede la morte per i perdenti.
Presto scoprirà che tutte le scuole stanno subendo lo stesso trattamento.

Vi ricordiamo che per acquistare i biglietti potete cliccare qui o visitare il link https://www.circuitocinemabologna.it/film/15622?ref_date=2022-10-25

Mizoguchi Kenji || Akushon! I registi di JFS

Ciao a tutti! Questa è Akushon!, la rubrica di Associazione Takamori sui registi giapponesi. Oggi parliamo di Mizoguchi Kenji!

Nato a Tokyo nel 1898 da una famiglia povera, Mizoguchi Kenji, è uno dei registi giapponesi più celebri della prima metà del ‘900, alla pari di Kurosawa Akira e Ozu Yasujirō (dei quali abbiamo parlato nei video precedenti). Le sue opere sono caratterizzate da scelte stilistiche peculiari, movimenti complessi della macchina da presa e un repertorio vasto di tecniche cinematografiche.
Mizoguchi ebbe un’infanzia molto travagliata, e a segnarlo profondamente fu l’allontanamento della sorella che venne venduta come geisha. Si diplomò al liceo artistico, ed ebbe modo di lavorare come illustratore pubblicitario, ma finalmente nel 1920 iniziò a lavorare come attore e poi come aiuto regista per la Nikkatsu.
Dopo aver preso parte a più di trenta film, la maggior parte i cosiddetti film shinpa, ovvero “nuova scuola”, nel 1923 ha finalmente la sua chance di esordire come regista, ma verrà notato dalla critica solo 1933 pubblica la prima pellicola ad essere notata dai critici: Taki no shiraito (Il filo bianco della cascata), tratto da un testo dello scrittore Izumi Kyōka. Il tema dominante di quest’opera, nonché delle opere future del regista, sono la sfera femminile e la condizione della donna.
Nel 1936 inizia una collaborazione, che durerà per tutta la sua carriera, con lo sceneggiatore Yoda Yoshikata, e insieme pubblicano Naniwa hika e Gion no shimai, un film che affronta il tema della contraddizione della società giapponese dell’epoca. Durante la guerra si dedicò ai geidō mono, le “bibliografie di artisti”, di cui fa parte Zangiku monogatari del 1939, uno dei suoi capolavori stilistici.

Diviso in due parti, la prima nel 1941 e la seconda l’anno successivo, esce la nuova versione del Genroku chūshingura, una pellicola epico samuraica, nella quale non rinuncia a far risaltare ancora una volta le figure femminili e i temi a lui cari.
Con l’occupazione americana, durante il dopoguerra pubblica pellicole riguardanti l’oppressione e la liberazione della donna, sia dal punto di vista sociale, così quello sessuale, come in Oyūsama, film del 1951 e in Saikaku ichidai onna del 1952. E ancora Ugetsu monogatari, Sanshō dayū e Chikamatsu monogatari nei successivi due anni. Nonostante Mizoguchi avesse sempre avuto un interesse nei confronti dell’occidente, in questi film si nota anche l’attenzione del regista per la tradizione culturale del proprio paese, in quanto tutti i titoli elencati derivano da opere classiche giapponesi.
Negli anni Cinquanta la fama di Mizoguchi si espande anche in Europa, venendo premiato con il Leone d’argento alla Mostra del cinema di Venezia per i titoli Ugetsu monogatari nel 1953 e Sanshō dayū nel 1954.
La produzione filmografica del regista si conclude con Akasen chitai, pellicola del 1956 nel quale ancora una volta affronta il tema della prostituzione, denunciandone lo sfruttamento ed emarginazione di cui la donna è oggetto.
Il tema dominante delle opere di Mizoguchi è la condizione femminile, oppressa da una società prettamente patriarcale sia prima che dopo la guerra. Se da una parte egli denuncia lo sfruttamento e l’emarginazione della donna, dall’altra il regista ha una concezione palesemente trascendentale che lo porta a mitizzarla, rappresentandola paradossalmente ancora una volta come un oggetto, sebbene di culto e ammirazione. 

E con questo si conclude la prima parte del nostro approfondimento su Mizoguchi Kenji. Se vi abbiamo incuriosito con la vita e la carriera di questo regista, ci vediamo tra due settimane con la seconda parte!

Kioku ni Gozaimasen || Rassegna AFS Fall 2022

L’Associazione Takamori è lieta di annunciarvi il ritorno al Cinema Rialto col nostro primo appuntamento Martedì 11 Ottobre!

Per acquistare i biglietti cliccate qui o visitate il link https://circuitocinemabologna.it/film/15621 in cui troverete tutte le informazioni utili per la prevendita!

Kioku ni gozaimasen è una commedia diretta da Mitani Kōki uscita nel 2019 nelle sale giapponesi.

Keisuke Kuroda si sveglia in un letto d’ospedale con un’amnesia totale, verificatasi dopo l’attacco con un sasso da parte di un cittadino infervorato.
Poco dopo scopre da Isaka, il suo segretario, che in realtà è il primo ministro del Giappone, e che il suo tasso di gradimento è praticamente inesistente.
Keisuke, pur non ricordandosi assolutamente nulla, cerca di mantenere segreta la notizia e di aumentare la propria popolarità, mediante riforme necessarie e corrette.

Vi aspettiamo in numerosi Martedì 11 Ottobre al Cinema Rialto con Kioku ni gozaimasen!