Il signorino – Natsume Sōseki || Recensione

Autore: Natsume Sōseki

Titolo originale: 坊ちゃん (Bocchan)

Editore: Neri Pozza Editore, Vicenza

Traduzione: Antonietta Pastore

Edizione: 2014

Pubblicato originariamente nel 1906, “Il signorino è un romanzo di formazione di Natsume Sōseki, forse il più celebre autore giapponese dell’era moderna. Traendo forte ispirazione dalla propria vita personale, lo scrittore racconta la storia di un avventato ed irascibile giovane di Tōkyō, il quale si vede offrire un lavoro da insegnante nella piccola cittadina di Matsuyama, nell’isola di Shikoku. Le molte differenze culturali lo porteranno a scontrarsi con diversi personaggi, dagli studenti agli altri professori. La storia è umoristica e satirica, ma tratta anche i profondi temi del conflitto e della crescita personale.

Considerata tra le migliori opere dell’autore, non esiste programma scolastico giapponese dove questo romanzo non figuri. Dato l’uso di un linguaggio relativamente semplice ed immediato, questo libro offre un’opportunità agli studenti di giapponese, come quelli dei corsi di lingua Takamori, di cimentarsi con una prima lettura in lingua originale.

TRAMA

Il romanzo inizia con una riflessione del protagonista, Ishikawa Tatsugorō, chiamato più comunemente “Bocchan“. Questa parola significa appunto “signorino”, “padroncino” ed è il nome in cui viene chiamato dalla cameriera di famiglia, Kiyo, la quale è l’unica persona al mondo che prova ancora per lui un affetto sincero. Nonostante la sua famiglia sia appunto abbiente, egli viene tenuto in disparte dai familiari e considerato come un fallimento. Egli si sente quindi deluso dal suo lavoro e dalle persone che lo circondano, così decide di accettare un posto di insegnante in campagna, sperando in un nuovo inizio.

Fin da quando ero bambino, il temperamento irriflessivo che ho ereditato dai miei genitori mi ha causato un sacco di guai

“Quanto a mia madre, ripeteva sempre che ero un violento, un prepotente, temeva che sarei finito male. […] È già tanto che sia riuscito a evitare la galera.”

Botchan arriva così nella città di Matsuyama, nell’isola di Shikoku. Si rende presto conto che il luogo è molto diverso da Tōkyō ed è presto considerato come un outsider dai residenti locali. All’arrivo di Bocchan nella scuola, l’autore introduce diversi nuovi personaggi, facendo ampio uso di ironia. Egli vi assegna dei nomignoli basati sull’aspetto o su delle caratteristiche peculiari: troviamo, ad esempio, il preside, chiamato “Tanuki”, l’insegnante di inglese, “Camicia Rossa”, e l’insegnante di matematica, “Porcospino”. Le interazioni di Bocchan con i suoi colleghi evidenziano le assurdità e le stranezze della loro personalità. Quest’uso di umorismo è, in maniera abbastanza apparente, non solo una scelta stilistica dell’autore, ma anche un meccanismo di difesa del protagonista. Le esperienze di Bocchan a Matsuyama sono infatti segnate da scontri culturali e incomprensioni. Fatica ad adattarsi ai costumi e allo stile di vita rurale. Mentre Porcospino sembra l’unico a provare simpatia e solidarietà per il nuovo arrivato, Bocchan ha diverse occasioni per scontrarsi con i propri colleghi, in particolare con Camicia Rossa, dinamica che sarà, non a caso, centrale al culmine del romanzo.

Altrettanto fondamentale è il rapporto di Bocchan con i propri alunni. Gli studenti, infatti, si prendono spesso gioco di lui, facendogli scherzi, il che gli rende difficile stabilire la propria autorità di insegnante. La causa è spesso la sua origine: la differenza tra la capitale ed il piccolo paesino di provincia sembra a volte abissale e non intacca solo i costumi e i modi, ma soprattutto il linguaggio. Ci vorrà infatti molto tempo perché il protagonista riesca a formare un forte legame con in propri allievi, il quale si rivelerà ancora più forte grazie alle fatiche compiute.

Mentre Bocchan affronta le sfide del suo nuovo ambiente, subisce una profonda crescita personale. È costretto ad imparare importanti lezioni di vita sulla natura umana e sulla società. Il confronto con gli altri personaggi, che sia piacevole o spiacevole, gli fornisce appunto una guida e una prospettiva, portandolo a cambiare il modo in cui affronta la realtà che lo circonda. Bocchan, insegnante in una scuola, matura egli stesso si vede portare alla consapevolezza di non poter cambiare il mondo per soddisfare esclusivamente i suoi desideri. Il romanzo si conclude con Bocchan che guarda al futuro con un ritrovato senso di scopo.

ANALISI

Il personaggio di Bocchan è un insegnante giovane e inesperto. Nel corso della narrazione, si trova costretto ad affrontare e a riconsiderare innumerevoli aspetti che lo hanno sempre caratterizzato. Ciò, gli impone una crescita e uno sviluppo personale: le sue esperienze nella scuola di campagna lo aiutano a maturare e ad acquisire una comprensione più profonda della vita e della natura umana. Sono le interazioni e le relazioni di Bocchan con questi personaggi a modellare le sue esperienze e la sua crescita personale. Egli non è soltanto costretto alle prese con le sfide e le frustrazioni del suo nuovo ambiente, ma riflette soprattutto sulla propria identità, sui propri valori e principi.

In particolare, Bocchan è costretto ad affrontare un significativo scontro culturale tra lo stile di vita urbano a cui è abituato e i modi tradizionali e rurali delle persone della zona. Ciò offre l’opportunità per un ritratto satirico e critico della società giapponese, in particolare nella rappresentazione del sistema educativo e delle interazioni tra le diverse classi sociali. Dietro alle osservazioni e ai commenti del protagonista si cela infatti il pensiero dell’autore: Sōseki, attraverso il personaggio di Bocchan, intendeva criticare la natura rigida e spesso ipocrita del sistema educativo giapponese dell’epoca Meiji. Vengono così portati alla luce l’inefficacia di alcuni metodi di insegnamento e la prevalenza di favoritismi e corruzione che permeano il sistema.

Sōseki utilizza vari personaggi e situazioni nel romanzo per criticare la prevalenza dell’ipocrisia e dell’inganno nella società, ritraendo ad esempio personaggi che si presentano in un modo ma si comportano diversamente in privato, riflettendo una generale mancanza di onestà e autenticità. Tutto questo attraverso l’abile uso dell’umorismo e dei differenti registri linguistici. Leggendo il romanzo in lingua originale, si notano infatti diverse espressioni dialettali che servono a porre distanza tra i personaggi. Tutto questo evidenzia le distinzioni di classe e le difficoltà che qualcuno come Bocchan, che non proviene da un ambiente estraneo, deve affrontare quando si muove nel panorama sociale. Sōseki esplora lo scontro

tra i valori tradizionali giapponesi e le influenze occidentali, che stavano diventando più importanti durante il periodo Meiji. Botchan si trova spesso in contrasto con i costumi e le tradizioni locali, riflettendo la tensione tra modernità e tradizione nella società giapponese.

Nonostante i temi così complessi, lo sguardo introspettivo rende la lettura estremamente fruibile. Ciò è supportato dalla narrazione in prima persona, la quale rende l’esposizione più personale ed il rapporto tra lettore e narratore più intimo.

Nel complesso, “Il signorino” è un romanzo umoristico e satirico che esplora temi dello scontro culturale, crescita personale e complessità delle relazioni umane. Offre un ritratto spiritoso e divertente del viaggio alla scoperta di sé di un giovane uomo mentre affronta le sfide della vita in una cittadina rurale nel Giappone di epoca Meiji. È un’opera classica della letteratura giapponese che offre sia una narrazione divertente che un’esplorazione stimolante di vari temi, rilevanti non solo al tempo, ma per ogni persona alla ricerca di una versione migliore di sé.

recensione di Lorenzo Bonfatti

Natsume Sōseki – Il signorino (2007)

Il signorino

Autore: Natsume Sōseki

Titolo originale: 坊ちゃん

Editore: Neri Pozza Editore

Traduzione: Antonietta Pastore

Edizione: 2007

Pagine: 159

Il signorino è un romanzo del famoso scrittore Natsume Sōseki, pubblicato per la prima volta in Giappone nel 1906, e in Italia nel 2007 da Neri Pozza.
Per quest’opera, Sōseki prende spunto dalla sua personale esperienza da insegnante in una scuola media dello Shikoku, una regione che non era stata eccessivamente travolta dall’ondata di modernizzazione Meiji.

Ci troviamo a Tokyo nei primi anni del Novecento in una famiglia composta da padre, madre, due figli maschi e una domestica. Mentre il figlio maggiore è lodato dai genitori per il suo temperamento mite e per la sua dedizione negli studi, il figlio minore è considerato come la pecora nera della famiglia. Quest’ultimo è infatti molto impulsivo oltre che sfacciatamente sincero in una società che predilige l’apparenza e l’ipocrisia.

L’unica persona a mostrare affetto per il ragazzo è la domestica Kiyō che, essendo cresciuta in un Giappone più genuino, riconosce la sua franchezza e lo crescerà insegnandogli l’importanza di questa qualità ormai rara. Sarà proprio Kiyō ad affidargli il tenero nomignolo di bocchan ovvero “signorino”. Inizialmente il signorino si dimostrerà scontroso anche con la domestica ma poco a poco tra i due si creerà un rapporto speciale.

Col tempo sia il padre che la madre passano a miglior vita lasciando il signorino con una magra ereditá. Nel frattempo, su pressioni di Kiyō, riesce a completare gli studi e a ottenere un posto come insegnante di matematica in una scuola di provincia. Lontano da Tokyo e lontano da Kiyō, sarà per il giovane insegnante difficile ambientarsi nella sua nuova realtà. Il suo carattere si scontrerà ben presto con i rozzi abitanti della cittadina in cui lavora, i colleghi insegnanti sbruffoni e ipocriti e gli studenti dispettosi.

Come in altre sue opere, Sōseki presenta una critica al processo di modernizzazione giapponese. In questo romanzo, in particolare, rimpiange una moralità perduta in favore di un maggiore opportunismo tra la gente. Coloro che hanno abbracciato in pieno l’occidentalizzazione ,come i professori della scuola in cui lavora il signorino, sono descritti quasi tutti come persone che si riempiono di belle parole ma che sono pronte a pugnalare alle spalle chiunque.

Il tono usato da Sōseki però non é affatto moraleggiante. Il signorino é caratterizzato da toni satirici e ironici a partire da come il protagonista decide di affibbiare dei nomignoli canzonatori ai colleghi (il pomposo preside Tasso, l’irascibile Porcospino o il doppiogiochista Camiciarossa ecc…).

—recensione di Riccardo Avarello.