Atarayo || Takamori J-Sound

L’Associazione Takamori è lieta di presentare J-Sound, la nuova rubrica dedicata agli artisti e alla musica giapponese!

In questo primo episodio vi parleremo degli Atarayo, band giapponese fondata nel 2019 che conta, ad oggi, due album in studio e svariati singoli pubblicati. Il sound, variabile dal rock al pop punk, accompagna l’inconfondibile voce della frontman Hitomi. Ascolto consigliato l’EP del 2021 夜明け前 (Yoakemae), che contiene il brano più celebre del gruppo, 10月無口な君を忘れる (Jūgatsu Mukuchi na Kimi wo Wasureru).

Grazie mille per l’ascolto!

King Gnu – Ceremony || Recensione

Parlando di J-pop e J-rock non si possono non citare i King Gnu, una tra le band giapponesi emergenti più di successo dell’ultimo decennio. Nascono nel 2013 dalla mente del chitarrista e voce principale del gruppo Tsuneda Daiki, che battezzò la band dapprima con il nome “Mrs.Vinci”, salvo poi nel 2017, con il graduale inserimento degli attuali altri tre membri del gruppo, cambiarne il nome in King Gnu.

Il gruppo aveva già acquisito un certo successo con I precedenti album Tokyo Rendez-Vous (2017) e Sympa (2019) ma è con il loro ultimo album Ceremony uscito nel 2020, che il gruppo compie il vero salto qualitativo, arrivando in quell’anno a piazzarsi sesti nella classifica degli album più venduti in Giappone, e decimi a livello di vendite mondiali.

L’album, così come la loro musica, è un misto eclettico di vari generi musicali tra cui J-rock, J-pop, Pop rock, elettronica, che permettono al gruppo di spiccare per la loro creatività e originalità nel creare arrangiamenti musicali unici e sperimentali che emanano una forte energia e vivacità.

Ceremony nello specifico è composto da 12 tracce, di cui una intro e una outro. Tra queste spiccano diversi brani tra cui:

  • Teenager Forever, dal tono vibrante, energico, scanzonato, analizza temi legati all’adolescenza e alla transizione verso l’età adulta, caratterizzati da numerose incertezze verso il futuro e verso le proprie capacità di affrontarlo. La canzone però invita, con il suo tono leggero e scanzonato, a soppesare meno tali preoccupazioni e a focalizzarsi invece sul presente e sulle piccole cose, che dopotutto, sono ciò che veramente ci possono rendere felici.
  • Hakujitsu (白日), in assoluto la hit per eccellenza del gruppo con oltre 162.300.00 ascolti su Spotify, e non a caso, visto che è probabilmente il vero fiore all’occhiello di Ceremony, che mescola un sound emotivo, ma allo stesso tempo coinvolgente, energico e incredibilmente catchy, e che rappresenta un’ode all’ottimismo invitando l’ascoltatore a guardare al futuro con speranza e positività, nonostante gli ostacoli che inevitabilmente ci saranno e i rimpianti passati.
  • Hikōtei (飛行艇), dal sound più potente e ambizioso dei brani precedentemente citati, invita l’ascoltatore ad alzarsi metaforicamente in volo, come un idrovolante, lasciandosi trasportare dal vento e dal vasto cielo, metaforicamente rappresentati come un’opportunità di libertà e realizzazione personale che si può attuare solo esplorando l’ignoto e abbracciando le incertezze del futuro. L’invito è quello di “Rock your life” ovvero di vivere la propria vita con passione ed entusiasmo, abbracciando la vita e ciò che comporta senza timore delle proprie imperfezioni e di godere sia dei successi che dei fallimenti.

In generale i King Gnu rappresentano una pietra miliare del panorama J-rock e J-pop contemporaneo, rientrando sicuramente di pieno merito tra le band giapponesi emergenti più interessanti degli ultimi anni. Per tale ragione invitiamo i nostri lettori a farsi un favore e a fiondarsi subito all’ascolto, nonché invitiamo a “Rock your life”! In pieno stile King Gnu.

Recensione di Giuliano Defronzo

Fetch || Recensione

Artista: Melt-banana
Anno: 2013
Formazione: Yasuko Onuki (voce), Ichiro Agata (chitarra, effetti)


Fetch è il settimo album che sancisce il ritorno alle scene dei Melt-banana: una delle band cardine della scena Japanoise a cavallo tra il millennio che, già dai primi anni, ha catturato l’attenzione degli appassionati occidentali. Il gruppo ricompare dopo sei anni dall’uscita di “Bambi’s Dilemma”, che costituisce una sorta di partentesi catchy della loro discografia. I motivi per questa lunga pausa sono principalmente due: alcuni tour all’estero, come quello negli Stati Uniti con i Tool, i Melvins e Lou Reed; ma soprattutto il disastro della centrale nucleare di Fukushima. Sebbene l’evento non abbia avuto delle ripercussioni evidenti sulla vita dei musicisti, la cantante Onuki ha affermato che quell’evento ha provocato un blocco creativo nella scrittura delle canzoni e di conseguenza ha ritardato la lavorazione in studio. Per quest’occasione il duo di Tokyo effettua un ritorno alle origini, agli stessi Melt-banana che negli anni ‘90 si sono fatti conoscere nel panorama underground internazionale.
Il disco, pubblicato dall’A-ZAP Records, è composto da dodici tracce che variano da una durata di un minuto e mezzo a quasi cinque minuti, sperimentando in questo modo sulla forma canzone.
Il primo brano, che è anche il più streamato sulle piattaforme, è “Candy gun”: si apre con un lungo intro della chitarra di Agata, che simula il rumore delle onde del mare, in puro stile noise e shoegaze, per poi essere infranto dal cavalcante groove di basso.
Altri brani degni di nota sono “My missing link”, la sesta traccia, che spicca per le atmosfere dark e inquiete (“Where to find that peaceful factor?”) e “Zero”, una ballata dance dalle venature post- punk con cui si conclude il disco.
Ci viene presentato un noise-core caotico e frenetico, che riprende il filo del discorso lasciato in sospeso con “Cell-scape” (2003); ma questa volta il sound complessivo è più pensato ed elaborato, con una produzione che si dimostra di alto livello rispetto ai precedenti dischi.
Agata sperimenta ulteriormente con l’effettistica della sua chitarra: in molte tracce sovrappone tre riff apparentemente inconciliabili costruendo un disorientante muro sonoro che avvolge la canzone, in linea con l’industrial-rock degli anni ‘80.
Batteria e basso, programmati al computer dallo stesso Agata, creano improvvisi cambi di dinamica: il flow si spezza e ricomincia ripetutamente dando un senso di allegra instabilità e, talvolta, di apnea. Se la batteria è una raffica di spari che alterna rullate a frenate brusche, il basso è forse lo strumento che più si preoccupa di riallacciarsi all’hardcore-punk classico dei Fugazi e dei Black Flag, e allo stoner-rock dei Fu Manchu.
La voce di Onuki contribuisce a dare un’anima selvaggia a tutto il disco con il suo timbro squillante e alieno.

Per quanto può essere assurda la musica che il duo propone, l’ascoltatore viene inevitabilmente catturato e coinvolto nel loro turbine nevrotico e gioioso.
In sostanza i Melt-Banana si rinnovano, si evolvono per rimanere sempre coerenti con sé stessi, riconfermando così il posto che gli spetta nella scena j-rock.

Recensione di Martino Ronchi

Dios || Recensione

Per parlare del gruppo musicale “Dios” è fondamentale introdurre il chitarrista giapponese e membro fondatore del gruppo Ichika Nito, chitarrista divenuto famoso sui social grazie al suo stile estremamente tecnico a cui unisce il suo grande gusto melodico e la sua capacità di riempire gli spazi creando l’illusione con la sua chitarra di star suonando più strumenti contemporaneamente, creando a tratti atmosfere quasi da musica classica. Ichika Nito, che grazie al suo successo online è arrivato ad essere un chitarrista affiliato al marchio giapponese di chitarre e bassi Ibanez (アイバニーズ, Aibanīzu ), è oggi una delle influenze maggiori per tanti chitarristi in tutto il mondo.

Nel 2021, il chitarrista, insieme al cantante Tanaka (precedentemente noto come Boku no Lyric no Bōyomi), e all’eclettico musicista, compositore e beat maker Sasamomaly, forma il gruppo musicale Dios, che unisce J-pop, parti vocali rappate, J-rock, influenze R&B, creando uno stile ricco, variegato e moderno.

Il trio rilascia nel 2022 il proprio primo album CASTLE, che affronta varie tematiche relative alla sfera delle emozioni e relazioni umane, in cui spicca la voce al contempo delicata e potente del cantante Tanaka. Il lavoro presenta arrangiamenti di stampo pop spesso semplici ma efficaci, con cui contrastano le impressionanti parti di chitarra molto tecniche di Nito, che riesce a non perdere mai il grande senso melodico che lo contraddistingue. I suoni moderni di Sasamomaly concludono e riempiono il lavoro, rendendo sempre freschi ed estremamente orecchiabili i pezzi dell’album.

I video musicali del gruppo offrono un’esperienza audiovisiva dinamica e mai banale, come si può riscontrare nel loro primo singolo Runaway (逃避行) il cui video musicale è pubblicato su YouTube cliccando qui

Il gruppo, giovane e che ha finora rilasciato un solo album con i propri relativi singoli, non può che lasciare agli ascoltatori grandi aspettative per il loro futuro.

Recensione di Calogero Frangiamone

Yonezu Kenshi (米津玄師) – Stray Sheep

Abbiamo già introdotto Yonezu Kenshi come pilastro del J-pop e, più estensivamente, dello scenario coinvolgente la musica giapponese, nella recensione del suo singolo, Lemon, rilasciato nel 2018 (articolo completo nel link a piè di pagina), che lo vede già occupare una posizione importante nella produzione pop del tempo. A testimonianza di ciò, il video musicale brano di più rilievo dell’album – al quale conferisce il nome stesso – Lemon, si trova a oggi vicino agli 800 milioni di visualizzazioni, rendendolo così il video più visto nella storia della musica giapponese.

Il successo di Lemon, però, non è stato determinato da un boom virale che lo ha fatto balzare alle stelle della scena pop, bensì è stato il frutto di un processo graduale che lo ha visto scalare le classifiche ottenendo il primo posto con Bremen nel 2015, e registrare il milione di copie vendute con Bootleg nel 2017. Il successo di Bootleg fu tale che Yonezu limitò la sua attività al rilascio di singoli (tra cui, appunto, Lemon) e alla produzione di sigle per serie televisive e cartoni animati, insieme alla produzione di brani per altri artisti, come Suda Masaki (菅田将暉) nella composizione di Machigaisagashi (まちがいさがし). 

La sua esponenziale ascesa lo porta alla posizione di musicista giapponese più popolare nel panorama musicale moderno, e la conferma definitiva la troviamo nella pubblicazione del suo quinto (settimo se consideriamo la produzione con il nome d’arte Hachi)  e ultimo album, Stray Sheep, pubblicato nel 2020.

Come si può evincere dal titolo, l’intero album segue le linee principali che hanno caratterizzato la sua produzione – come passo andante, ricercatezze ritmiche e testi di elogio all’amore e al cambiamento – ma non è una progressione naturale, una parabola uniforme: è infatti un album in cui vi sono sia rimandi al passato, con l’inclusione di brani come Lemon, Flamingo, Uma to Shika (馬と鹿) e Umi no Yuurei (海の幽霊), ma anche un affacciarsi a un nuovo sé – il quale ha ancora tanto da comunicare con la sua arte – con distorsioni dissonanti e composizioni sperimentali a livello sia di arrangement che di contenuti.

Il brano che apre il sipario è Campanella, per il cui titolo adotta la traslitterazione カンパネルラ; non è un caso, visto che fa riferimento all’omonimo protagonista di Una notte sul treno della Via Lattea (銀河鉄道の夜), capolavoro della letteratura giapponese scritto da Miyazawa Kenji – autore affermatissimo nella letteratura del periodo Shōwa di grande influenza folcloristica locale. Troviamo un Yonezu migliorato non solo dal punto di vista composizionale, ma anche tecnico: il suo range vocale va su e giù in finestre brevissime come una molla, gestisce magistralmente falsetti e mostra eccezionale padronanza di tecniche come l’increspatura nella nota più alta della canzone. Il brano è incredibilmente stratificato ritmicamente, con una ricchezza di strumenti e di suoni sia tratti dalla natura – scenario importante del brano con i riferimenti al deserto del Thal in Pakistan, le conifere, il mare e gli uccelli – sia “artificiali”, con sintetizzatori, interferenze elettroniche ed elementi solenni come le campane. 

La canzone inoltre sposta il punto di vista da cui viene raccontata la storia di Miyazawa: il protagonista principale non è più il narratore, Giovanni, ma il colpevole, Zanelli, che ha causato la morte di Campanella gettandolo nel fiume, rivoluzionando l’esperienza dell’ascoltatore/lettore e aprendo una finestra che si staglia sul sé più intimo. Yonezu stesso infatti ci dice:

  • È una canzone incentrata su Campanella, ma il cantante non è Giovanni, semmai Zanelli. Zanelli è un prepotente e la causa diretta della morte di Campanella. Una parte di me prova molta empatia per Zanelli. Quando gli esseri umani commettono errori, direttamente o indirettamente, possono causare la morte di qualcuno. Penso che ogni tipo di scelta sia collegata alla morte altrui. Per riferirmi all’attualità, è possibile che io sia portatore di una malattia senza saperlo e che involontariamente infetti qualcuno, facendolo ammalare gravemente e morire. Ogni tipo di scelta può portare alla potenziale morte di qualcuno. Credo che Zanelli sia uno che ha assistito di persona a tutto questo. È stato direttamente coinvolto nella morte di Campanella e vive trascinandosi dietro questa ferita. Credo che questo si colleghi alla mia natura autopunitiva. 

Un altro pezzo che ha riscontrato enorme successo è Flamingo, uscito come singolo nel 2018 e riportato nell’album. È un pezzo bizzarro ed eccentrico, caratterizzato da una trama annebbiata e linguaggio oscuro, con l’inserzione di suoni riecheggianti onomatopee; la linea vocale ondula dall’alto verso il basso come una funzione trigonometrica, e nella composizione vi è una forte componente funk.

Troviamo anche la self-cover di un pezzo scritto per l’emittente televisiva NHK e successivamente diventato tema delle Olimpiadi di Tokyo 2020, Paprika, reinterpretata e ricomposta secondo la componente folk già riscontrata in Flamingo;  Kanden (感電), colonna sonora del dorama Netflix MIU404, in cui la pluralità di strumenti, il ritmo agile e un orecchiabile ritornello la rendono uno dei pezzi di stampo pop più interessanti; Yasashii hito (優しい人), la quale interrompe come un fulmine a ciel sereno – con il suo stampo intimistico nella forma di una ballata povera di strumenti ma ricca di spiritualità – l’andamento dell’album.

Sullo stampo della ballata intimistica, infine, troviamo Canary (カナリヤ), pezzo di chiusura che sottolinea l’importanza del cambiamento nella nostra lunga vita in quanto esseri umani ed evidenziando come, anche in amore, è giusto abbandonarci al fiume inarrestabile della naturale evoluzione degli eventi, prendendo consapevolezza di come anche i sentimenti possano cambiare; il cambiamento porta dolore, ma è giusto accettarlo come parte di noi.

Stray Sheep è quindi il ritratto di una profonda sensibilità e il frutto di un’evoluzione sia graduale, ma anche inaspettata dell’anima in quanto essere umano e musicista di Yonezu; l’ascolto lascia quindi un senso di completezza per tutte le aree emotive toccate, lasciando anche la curiosità di assistere al coronamento dell’evoluzione inaugurata dalle componenti dissonanti e sperimentali.

Recensione di Giovanni Varia