I have to buy new shoes (2012)

Titolo originale: 新しい靴を買わなくちゃ
Regista: Kitagawa Eriko
Uscita al cinema: 6 ottobre 2012
Durata: 115 Minuti

Sinossi
Il giovane fotografo Yagami Sen (Mukai Osamu) parte insieme a sua sorella Suzume (Kiritani Mirei ) per una vacanza a Parigi. All’arrivo, viene però abbandonato da quest’ultima, che scappa per fare una visita a sorpresa al suo ragazzo, Kango (Vai Ayano), artista giapponese ora residente nella città.
Quello che sembra un’infelice circostanza, si rivela ben presto un incontro fortunato per Sen che, nei pressi del fiume Senna, si imbatte in Teshigawara Aoi (Nakayama Miho), affascinante quanto malinconica editrice di riviste, quando, inciampando sul passaporto di lui, spezza il tacco della sua scarpa.
Obbligata nei confronti di Sen, che a seguito dell’incidente le ripara momentaneamente la scarpa, prima di fuggire a lavoro Aoi lascia il suo biglietto da visita al fotografo che ora deve recarsi all’ambasciata.

Quella che nasce come una gentilezza tra due sfortunati sconosciuti, si trasforma ben presto una premurosa affinità e tra il timido imbarazzo di entrambi, ma nell’audacia che solo il breve tempo di un viaggio può incoraggiare, Sen finisce per spendere il tempo a disposizione nella suggestiva città dell’amore in compagnia della solitaria ed esperta Aoi.

Con I have to buy new shoes, la sceneggiatrice e regista, Kitagawa Eriko, lascia ancora una volta la sua impronta nel cinema nipponico, affascinando con il suo aggraziato sguardo sull’amore.
La Kitagawa, senza mai cadere in banali cliché, fa della sua pellicola un tributo al romanticismo in tutte le sue dimensioni, celebrato dalla differenza tra Aoi e Sen, lei di una decina di anni più grande di lui. Una differenza che non diviene mai semplice ostacolo narrativo ma che arricchisce e caratterizza la reciproca attrazione.
I have to buy new shoes è una pellicola delicata, squisitamente montata che vanta di una sapiente fotografia, semplice e pulita, che riesce a evocare la più classica atmosfera parigina senza cadere in nessuna stucchevolezza. Accompagnata dalle melodie di compositori del calibro di Sakamoto Ryuuichi, la Nakayama affascina nel suo ruolo di Aoi tanto quanto la Parigi che passeggia sui suoi tacchi eleganti, gradevolmente equilibrata dal più giovane Mukai, nei panni dello spigliato ma affidabile Sen.
I have to buy new shoes è una commedia romantica dal gusto agrodolce, un film permeato di speranza e malinconia, che delicatamente avvolgono lo spettatore e lo accompagnano fino ai titoli di coda.

 

—Recensione di Claudia Ciccacci

Arashi

Gli Arashi (嵐) il cui nome significa letteralmente tempesta, sono una boy band giapponese composta da cinque membri: Satoshi Ohno, Shō Sakurai, Masaki Aiba, Jun Matsumoto e Kazunari Ninomiya. Il gruppo si è ufficialmente formato il 15 settembre 1999 ad Honolulu, nelle Hawaii. Sono diventati uno dei gruppi idol più famosi e apprezzati in Giappone e non solo, nel 2015 con 30 milioni di copie di dischi venduti, sono diventati la seconda boy band di maggior successo commerciale in Asia.

Il loro singolo di debutto, l’omonimo “A-RA-SHI”, uscì il 3 novembre del 1999 e venne scelto come tema per l’ottava Coppa del Mondo di pallavolo, ottenendo così una grande esposizione internazionale grazie poi anche alla loro esibizione dal vivo durante la cerimonia d’apertura. Questo evento segna l’inizio del loro successo commerciale, nel 2001 s’imbarcano nel loro primo tour in Giappone. Dal 2006 i loro singoli e album vengono pubblicati al di fuori del Giappone, ricevendo un grande successo soprattutto in Corea del Sud, il loro concerto qui viene deciso infatti per opera di 1500 fans che si radunarono presso l’Aeroporto Internazionale di Incheon dove la band stava tenendo una conferenza stampa. Il 21 febbraio 2007, viene lanciato il nuovo singolo “Love so sweet”, che verrà poi utilizzato come sigla di apertura della serie televisiva Hana Yori Dango Returns, arrivando alla prima posizione della classifica Oricon dei singoli più venduti in Giappone. Anche il diciannovesimo singolo del gruppo “We can make it!”, pubblicato qualche mese dopo, debutta in classifica direttamente alla prima posizione. Un altro episodio estremamente positivo con il mondo cinematografico avviene con la serie televisiva Yamada Tarō monogatari, ispirato all’omonimo manga, lo stesso Kazunari Ninomiya sarà il protagonista insieme anche a Shō Sakurai. La sigla musicale del drama, “Happiness” cantata dalla band è l’ennesimo singolo a debuttare in prima posizione. Il loro successo è quindi ormai più che consolidato, portando la band, il 5 settembre 2008 ad esibirsi in quello che sarà il loro più grande concerto all’aperto, presso il National Stadium di Tokyo. Inoltre ancora una volta un loro singolo, precisamente il ventiduesimo “Truth/Kaze no Mukō e” ricopre la prima posizione nella classifica annuale Oricon, seguito dal singolo “One love”, questa è la prima volta dal 1989 che un gruppo piazza due singoli contemporaneamente nei primi due posti.

La carriera ventennale di questa band può essere sintetizzata nel numero complessivo di album, singoli e video venduti in Asia a settembre del 2019, ovvero 54 milioni. A giugno dello stesso anno infatti insieme all’annuncio di una pausa a partire dal 2021 la band ha pubblicato la compilation celebrativa “5×20 All the BEST!!1999-2019” che risulterà l’album più venduto del 2019 scalzando artisti del calibro di Taylor Swift. Debuttano al primo posto in Australia, Canada, Messico, Olanda, Nuova Zelanda, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti. Un altro straordinario traguardo raggiunto prima di una pausa, voluta soprattutto dal leader Satoshi Ohno che già dal 2017 aveva espresso il desiderio di abbandonare la band per dedicarsi ad una vita meno frenetica e piena di impegni.

 

—Recensione di Delia Pompili.

L’uccello che girava le viti del mondo – Murakami Haruki

Autore: Murakami Haruki

Titolo originale: ねじまき鳥クロニクル

Editore: Giulio Einaudi Editore

Traduzione: Antonietta Pastore

Edizione: 2013

Pagine: 832

In un sobborgo di Tōkyō il giovane Okada Tōru ha appena lasciato volontariamente il suo lavoro e si dedica alle faccende di casa. Due episodi apparentemente insignificanti riescono tuttavia a rovesciare la sua vita tranquilla: la scomparsa del suo gatto, a cui la moglie era molto affezionata, e la telefonata anonima di una donna dalla voce sensuale. Inizia allora la ricerca del gatto nel quartiere residenziale, dove è presente una casa disabitata nel cui giardino si alza una statua di pietra raffigurante un uccello.

Tōru si accorgerà presto che oltre al gatto, dovrà cercare Kumiko stessa. Lo spazio limitato del suo quotidiano diventerà il teatro di una ricerca in cui sogni, ricordi e realtà si confondono e che lo porterà a incontrare personaggi sempre più strani: dalla prostituta psicotica alla sedicenne morbosa, dal politico diabolico al vecchio e misterioso veterano di guerra. Tutti questi personaggi segnano il percorso di Tōru e lo accompagnano durante la ricerca del gatto e della moglie Kumiko.

A poco a poco Tōru dovrà risolvere i conflitti della sua vita passata di cui nemmeno sospettava l’esistenza. Una realtà a meta tra sogno e introspezione, come se la vita fosse uno specchio multidimensionale. Il romanzo è una storia tra le storie, difficile individuare cosa è reale e cosa è onirico, anche perché ritengo che i fatti realmente vissuti dal protagonista non siano poi così normali e consueti. I personaggi sembrano usciti dalla fantasia di un cantastorie, l’ambientazione e i luoghi sono a tratti vividi e a tratti evanescenti. Il protagonista vive tra: l’angoscia, della perdita e la ricerca, e l’interesse nel conoscere i vari personaggi, reali o immaginati che siano. Una ragazzina con la quale affronta discorsi surreali, storie nella storia appartenenti quasi ad una “realtà” introspettiva piuttosto che realmente accaduta. Un intrigante romanzo che illumina quelle zone d’ombra in cui ognuno nasconde segreti e fragilità.

 

—Recensione di Marta Bonfiglio.

 

Before we vanish (2017)

Titolo originale: 散歩する侵略者

Regista: Kurosawa Kiyoshi

Uscita al cinema: 16 Settembre 2017

Durata: 129 Minuti

Singolare approccio all’invasione aliena, Before We Vanish (Sanpo Suru Shinryakusha) di Kurosawa Kiyoshi è un’ulteriore conferma del punto di vista unico e decisamente sopra le righe del regista, con tutti i suoi pro e i suoi contro. Il film, è infatti incentrato su una narrazione assai dilatata, ricolma di elementi strani, assurdi e grotteschi, con dettagli della trama piuttosto oscuri. In Before We Vanish la logica spesso è accantonata, ma sono seguiti i giorni appena antecedenti alla conquista definitiva della Terra, con annessa distruzione di massa da parte di una razza extraterrestre, e la verosimiglianza non è proprio la priorità.

Siamo in Giappone, tre esploratori da un altro pianeta approdano sulla Terra per studiare più da vicino la razza umana e, per far ciò, s’impossessano del corpo di altrettanti individui, due ragazzini e un uomo, di cui riproducono perfettamente le sembianze, ma che hanno ormai smarrito ogni loro ricordo, sentimento, o umanità. Per condurre quindi la loro “indagine preliminare” sul campo, i replicanti alieni necessitano ovviamente di una guida, essendo del tutto ignari dei costumi terrestri. Seguiamo anzitutto le peripezie di Kase Narumi che d’improvviso pare preso da un inspiegabile delirio e, inizia a vagare  per i campi, invadere le propietà dei vicini facendo domande assurde, o a dialogare con cani che in tutta risposta lo mordono. Intanto, disperata, la moglie cerca di capire le origini di tale apparente stato confusionale e di gestirlo, mentre si barcamena tra scadenze di lavoro e un capo particolarmente esigente.

Molti sono gli elementi lasciati volutamente in sospeso in Before We Vanish. L’aspetto forse migliore e sicuramente più geniale del film è infatti l’aver preso un motivo piuttosto ritrito dell’immaginario sci-fi, l’invasione extraterrestre, e l’averlo trattato in maniera del tutto differente: non è tutto assunto come verità data, ma i personaggi credono inizialmente che sia tutto frutto un delirio di pochi visionari, ossia gli alieni stessi, con ovvio effetto comico. Non siamo quindi davanti al solito racconto di attacchi d’astronavi dallo spazio e della coraggiosa reazione della razza umana, finalmente raccoltasi in un unico esercito per combattere l’invasore da lontani universi.

L’epicentro narrativo fantascientifo è difatti solo uno spunto per una riflessione filosofica, su alcuni dei principali assunti antropologici dal punto di vista di qualcuno che è del tutto estraneo alla vita sul globo terracqueo e quindi non dà assolutamente per assodato quello che invece noi riteniamo ovvio. Che cos’è la famiglia e qual è la natura dei legami tra consanguinei? Cosa significa lavoro e perché siamo disposti a sacrificare sull’altare della carriera tanta parte della nostra felicità? Infine, soprattutto, cos’è l’Amore? Sono posti tali quesiti con l’innocenza di un bambino, e molti sono coloro che vengono interrogati. Il risultato, però, non è nulla di pedante o banale, ma il susseguirsi di situazioni quasi farsesche, pervase del black humor che contraddistingue Kurosawa Kiyoshi.

 

—Recensione di Massimo Magnoni.

 

Lee Seiko

LA BIOGRAFIA IN BREVE
Lee Seiko (nata a Tokyo) è una soprano che ha iniziato i suoi studi musicali all’età di quattro anni nella città di Tokyo. Come membro dell’NHK Children’s Choir per dieci anni ha viaggiato in diversi tour di beneficenza, tra cui un tour di concerti nell’Europa orientale.
Si è laureata alla Tokyo Metropolitan Art High School (con specializzazione in musica) e alla Tokyo National University of Fine Arts (Tokyo Geidai). Dopo la laurea ha viaggiato negli Stati Uniti, dove vive dal 1996, ed è apparsa in produzioni operistiche internazionali tra cui Carmen , Macbeth e La traviata.
I suoi tour di concerti l’hanno inoltre portata in molti dei luoghi più importanti del mondo, tra cui il Lincoln Center di New York , il Manhattan Center e il Madison Square Garden , il Makuhari Messe, lo stadio Shin Koguki-kan in Giappone e lo Stadio Olimpico di Seoul nel 1992, dove si è esibita per 120.000 persone come parte del il primo Festival Mondiale della Cultura e dello Sport. Si è esibita inoltre per molti dignitari mondiali, tra cui lo stesso imperatore giapponese.

IL CANTO DELL’ATTIVISMO
Al di là della sua carriera di concertista, Lee ha mostrato una profonda preoccupazione per le questioni della pace mondiale e dei diritti umani, seguendo il motto “costruire ponti tramite la musica”.
Ha pubblicato il suo primo CD Songs of Peace e nel 2005 ha pubblicato il suo secondo CD, “Liberation-Songs of My Spiritual Country” dedicato all’iniziativa di pace per sanare l’inimicizia tra il Giappone e la Corea del Sud, ed ha viaggiato molto in Giappone e Corea per promuovere la guarigione e la riconciliazione di questi due paesi attraverso la musica.
Lee Seiko è anche presidentessa del Seiko Lee Project, un’organizzazione senza scopo di lucro, e ha contribuito a numerose attività sociali e di beneficenza, inclusi progetti di riconciliazione in Ruanda, Zambia, Africa occidentale e Guinea Bissau.
La cantante è inoltre apparsa frequentemente sul palco delle Nazioni Unite in concerti per la pace mondiale.

“HEALING THROUGH MUSIC”
A partire dal 2008, Lee ha tenuto una serie di concerti in Asia per promuovere la consapevolezza del cancro al seno per la Japan Association of Breast Cancer and Thyroid Sonology (JABTS). Questi concerti del Nastro Rosa che ora hanno luogo a Yokohama e Yamato hanno avuto inizio in Nepal per poi svolgersi principalmente in Giappone (ricordiamo le esibizioni al Dokkyo Medical University Hospital e allo Yamato Seiwa Hospital). Nell’ottobre 2011 ha poi presentato i concerti del Nastro Rosa al Dokkyo University Medical Hospital accompagnata da Michael Bukhman, e a novembre ha riproposto il concerto nella sua città natale di Shibuya al Masao Koga/Keyaki Hall Music Memorial Hall.
Dopo il terremoto e lo tsunami in Giappone del 2011, Lee ha tenuto numerosi concerti di beneficenza, nelle città giapponesi di Tokyo, Tochigi e Shiga , così come a New York, Ohio e Los Angeles, sostenendo come poteva i soccorsi.
Oltre ad essere una abilissima cantante di opera, che si è esibita in più di 25 paesi, cantando in ben 23 lingue diverse, Lee Seiko mostra una estrema sensibilità e una grande attenzione ai problemi sociali a lei vicini ma anche lontani, presentandosi come avvocato di pace e cercando, tramite il suo canto, di unire tutto il mondo.

 

—recensione di Paolo Segala.