Se i gatti scomparissero dal mondo – Kawamura Genki || Recensione

Autore: Kawamura Genki

Traduzione: Anna Specchio

Editore: Einaudi Super ET

Edizione: 2019

“Per ottenere una cosa, bisogna sacrificarne un’altra”. Un insegnamento che l’anonimo postino, protagonista di quest’opera, riceve dalla madre in tenera età, ma che ben presto segnerà la settimana più bizzarra della sua vita. Nonché una delle ultime.

Dopo la diagnosi di una malattia terminale, infatti, il protagonista viene travolto da una serie di emozioni talmente intense e diverse tra loro che gli risulta difficile persino pensare alla classica lista delle “dieci cose da fare prima di morire”. È tutto estremamente surreale e, come se non bastasse, il Diavolo in persona è venuto a trovarlo. Con una sgargiante camicia hawaiana addosso e incapace di fare l’occhiolino, il Diavolo gli fa un’offerta: un oggetto da far sparire da questo mondo in cambio di un giorno di vita in più. Ovviamente, l’oggetto in questione dovrà essere scelto proprio da chi propone questo scambio. Il giovane postino, quindi, non ha altra scelta: un giorno di vita in più è una proposta davvero invitante in una situazione come la sua, per cui accetta. E così spariscono prima i telefoni, poi i film, e ancora gli orologi. Ma i gatti? Se sparissero loro, significa che anche l’amato gatto del protagonista, Cavolo, non ci sarebbe più. Ne varrebbe davvero la pena?

Kawamura Genki, con ironia e semplicità, e persino un tocco di cultura pop, invita a riflettere sul valore che diamo alla nostra vita, specie quando viene messa alle strette, senza banalizzare. Benché la narrazione risulti, per la maggior parte, scorrevole e ricca di battute, sono tanti i momenti in cui la serietà si fa spazio per lasciare il segno, con affermazioni che a primo acchito suonano quasi scontate, ma che, se analizzate con un occhio più attento, sanno colpire nel profondo.

Se i gatti scomparissero dal mondo ha il valore di un caldo abbraccio quando ci si confronta con una realtà troppo grande e complessa, che pare non essere affrontabile da soli. Una realtà, però, che Kawamura ha saputo rendere accessibile a tutti con la sua maestria: primi amori, amicizie, affetti familiari sono solo alcuni dei nodi che si sciolgono nel momento in cui il protagonista compie un viaggio dentro sé stesso e si scopre, si conosce. La chiave di tutto, quindi, è la maturazione, il prendersi le proprie responsabilità, il confrontarsi con cosa – o chi – non c’è più ma che nonostante questo ha ancora un forte impatto sul quotidiano.

Un libro che difficilmente si riesce a posare, e soprattutto da rileggere più volte, quando la vita lo chiede.

Recensione di Alessandra Bertonazzi

雅-MIYAVI- || Takamori JSound

Bentornatə su Takamori!

Oggi, per la rubrica J-Sound, vi parliamo di 雅-MIYAVI-!

Continuate a seguirci per non perdere le prossime uscite!

La cucina degli incontri della signora Megumi – Yamaguchi Eiko || Recensione

Autore: Yamaguchi Eiko

Traduzione: Raffaele Papa

Editore: Rizzoli

Edizione: febbraio 2024

La cucina degli incontri della signora Megumi è il primo libro pubblicato in Italia dell’autrice Yamaguchi Eiko, vincitrice del Matsumoto Seichō Literary Prize. Questo romanzo di narrativa contemporanea tratta della storia di Tamazaka Megumi, una donna, ormai cinquantenne e vedova, che un tempo era stata una famosa indovina conosciuta con il nome di Lady Moonlight. A causa di una tragedia che toccherà la sua vita privata e la sua carriera, Megumi decide di dedicarsi alla cucina, diventando proprietaria di un shokudō, un modesto locale specializzato in oden, la tipica zuppa giapponese. Quali sono le motivazioni che hanno spinto la signora Megumi a cambiare drasticamente vita? Il piccolo ristorante è attraversato da una calorosa atmosfera familiare che invita i clienti abituali a condividere le loro storie e preoccupazioni, mentre sorseggiano il sakè e gustano i deliziosi piatti preparati da Megumi.

All’interno dell’opera si possono trovare ricche descrizioni, estremamente dettagliate, dei piatti proposti dal ristorante: ostriche al curry, bistecca di taro, bambù con vongole saltate al burro, riso con salsa, tamagoyaki ripieni e infine l’oden, il piatto speciale che tutti i clienti amano. Il cibo viene utilizzato come veicolo letterario per la conoscenza della cultura giapponese: in Giappone l’arte culinaria denominata washoku ha una tradizione molto antica, legata all’alternarsi delle stagioni. I due elementi fondamentali sono l’estetica e l’armonia degli ingredienti; Megumi sperimenta diverse combinazioni e solo quando è soddisfatta procede ad inserire il nuovo piatto nel menu stagionale del suo ristorante. Così come nelle opere di Ogawa Ito e Banana Yoshimoto, anche Yamaguchi Eiko decide di far emergere il potere collettivo della cucina giapponese.

Inoltre, Megumi è una donna caratterizzata da una spiccata sensibilità che decide di mettere a disposizione le sue “doti” per aiutare gli altri, siano quelle culinarie o quelle da indovina. I clienti che popolano il suo locale instaurano un forte legame con lei: raccontano eventi di vita privata, chiedono consigli, e cercano tutti di sentirsi in qualche modo meno soli tra le mura di questo caloroso ed intimo shokudō.

Yamaguchi Eiko, tramite la sua scrittura ricca di particolari, è in grado di offrire al lettore delle vere e proprie fotografie mentali di ciò che descrive: è come se si potessero percepire direttamente le sensazioni provate da chi sta assaporando i piatti del menu della signora Megumi.

Recensione di Ludovica Vergaro

Shōso Strip – Shiina Ringo || Recensione

Considerata una dei più importanti musicisti del Giappone contemporaneo, Shiina Ringo è un’artista caratterizzata dalla sua profonda conoscenza di svariati strumenti e generi musicali, e la capacità di fonderli con maestria ed eleganza. Il suo secondo album intitolato “Shōso strip” e uscito nel 2000 è uno dei dischi più rappresentativi della sua versatilità artistica. Scritto quando l’autrice aveva solo 21 anni e composto di 13 tracce, l’album spazia da pop rock tradizionale a pezzi elettronici e sperimentali, riuscendo comunque a mantenere un’identità forte e coesa.

Il primissimo brano, “Kyogen-shō”, cattura immediatamente l’attenzione grazie alla chitarra elettrica distorta, il flauto campionato e la batteria che entra in scena con una certa prepotenza. Anche la voce di Shiina Ringo stessa fa di tutto per farsi notare con una performance carica di energia; il timbro squillante della sua voce si addice perfettamente al caos sonoro che l’accompagna. La canzone successiva, “Yokushitsu”, capovolge completamente l’atmosfera, presentandosi come un pezzo quasi completamente elettronico e da una composizione molto più eterea e non convenzionale.

L’alternarsi di pezzi più convenzionali e pezzi più sperimentali è una costante dell’intero disco. “Gips” e “Honnō” sono tra i brani più vicini ad un tipico stile pop, ma neanche in questi Shiina può resistere dal distorcere batteria, chitarra e anche la propria voce. “Identity” e “Stoicism” si presentano invece come due completi opposti: Se la prima è un vero e proprio pezzo Noise rock dalla forte aggressività e slancio ritmico, la seconda è una breve traccia elettronica a tratti inquietante, dove la voce della cantante si ritrova travolta di effetti sonori, quasi come se fosse un sintetizzatore.

Il settimo brano, “Tsumi to batsu”, divide l’album in due metà e si fa riconoscere per la sua unicità rispetto alle tracce restanti. Dal punto di vista strumentale è abbastanza in linea con il resto del disco, ma si distingue per lo stile e per la performance di Shiina. Rifacendosi al titolo (In italiano “Delitto e castigo”), ci viene proposto una sorta di ballata rock stile anni ‘70 e Shiina canta con un’enfasi e un tono drammatico assente dal resto dell’album. Sentendola, si può facilmente immaginarla come una scena di un film poliziesco, tanto che è carica di tensione.

In conclusione, “Shōso Strip” è un album incredibilmente vario ma che riesce con successo a raccogliere tutte le capacità di Shiina ringo come compositrice e polistrumentista in un singolo disco di 55 minuti.

Recensione di Biagio Furno