AssociazioneTakamori è lieta di annunciarvi il secondo film della rassegna AFS primaverile, in collaborazione con Asia Institute, Martedì 21 febbraio al Cinema Rialto.
“Under the open sky” narra la storia di Mikami, un ex membro della Yakuza, che esce dal carcere dopo aver scontato 13 anni di prigione. Nonostante i suoi tentativi di reintegrarsi nella società, resta difficile per Mikami staccarsi dai propri valori e trovare un buon lavoro.
Feel the Wind (in originale Kaze ga tsuyoku fuiteiru) è un film del 2009 basato sull’omonimo libro dell’autrice Miura Shion del 2006. Il film gira attorno alla Hakone Ekiden, che generalmente si tiene tra il 2 e il 3 di gennaio, durante il quale i concorrenti devono correre da Tokyo fino a Hakone.
Il film tratta di Kurahara Kakeru (Hayashi Kento), un prodigio della corsa, che viene invitato da Kiyose Haiji (Koide Keisuke) a vivere nello stesso dormitorio chiamato Aotake dopo essere scappati correndo da un ristorante senza pagare. Durante una cena per festeggiare il nuovo arrivato, si scopre che in realtà l’Aotake è la sede del club di corsa, e che Kiyose li ha scelti per cercare di partecipare all’Hakone Ekiden, una staffetta di livello universitario, e Kurahara era il decimo inquilino che mancava per poter partecipare. Nonostante lo scetticismo dei compagni, e soprattutto di Kurahara che vede l’impresa come impossibile, i dieci ragazzi cominciano ad allenarsi per poter finalmente prender parte alla gara e realizzare il sogno di Kiyose.
La pellicola si focalizza principalmente sulla corsa, mostrandone la capacità liberatoria, ma anche l’immensa solitudine che ne deriva. Kiyose tenta di dimostrare a Kurahara che ciò che importa davvero nella corsa non è la velocità, ma la forza, e che invece di scappare dai propri problemi si può usare questo sport per correre verso un obiettivo. Inoltre, il film cerca esplora come Kurahara era da solo anche nella vita oltre che nella corsa, e come seguire Kiyose l’abbia aiutato a connettere anche con gli altri membri del gruppo, e a capire che ognuno di loro ha trovato un modo di gestire i problemi attraverso la corsa. Questa connessione tra i personaggi è brillantemente dimostrata attraverso l’uso della staffetta, in quanto il passaggio del testimone collega tutti loro, dall’inizio alla fine della gara.
Nonostante il largo cast di personaggi e il focus particolare su Kurahara e Kiyose, ognuno dei dieci protagonisti riceve un momento per brillare e avere l’attenzione su di sé, dando il film un senso di completezza e realizzazione dei personaggi.
L’album di cui vi parleremo oggi non è in alcun modo riassumibile in poche semplici parole. Kagayaki (2014) è un viaggio sensoriale e come tale deve essere considerato. Non è un classico album puramente musicale, è un portale che concede all’ascoltatore di immergersi totalmente nei suoni, nella natura e nella cultura della più profonda tradizione rurale giapponese.
Takagi Masakatsu, l’autore dell’album, all’epoca della suarealizzazione era già conosciuto come un artista e compositoreaffermato, avendo realizzato nel corso della sua carriera ben 16 album, tra cui la colonna sonora del film d’animazione “Wolf Children” (2012) e del film documentario dello Studio Ghibli “Ilregno deisogni e dellafollia” (2013).
Fino ad allora Takagi Masakatsu aveva sempre vissuto nella suacittà natale di Kyoto, tuttavia nel 2013, un anno prima dellarealizzazione di Kagayaki, si trasferisce per la prima volta in un paese rurale delle montagne giapponesi, nella prefettura di Hyōgo. Qui l’artista decide di vivere la vera vita tradizionalegiapponese, in comunione con l’intera comunità del villaggionel quale si ritrova immerso. Come è forse intuibile, l’albumKagayaki è il diretto figlio di questo nuovo trascorso emotivo e spirituale dell’artista.
È un ascolto musicale che racchiude in sé questo rinnovato senso di comunione con la tradizionalità giapponese e la natura, includendo all’interno dell’album registrazioni di quotidianità, canti tradizionali, bambini che giocano, il frinire delle cicale giapponesi, l’acqua dei fiumiciattoli che scorre indisturbata, il rumore delle piante mosse dal vento, il tutto unito ad una musicalità festiva e celebrativa tipica, fatta di strumenti tradizionali in commistione a strumenti più classici come il pianoforte, strumento principale di Takagi Masakatsu e pertanto ricorrente all’interno di tutto l’ascolto.
L’unione peculiare di questi tratti fanno sì che chiunque ascolti Kagayaki ne sia in qualche modo trasportato all’interno dellavita tradizionale e festiva di quella piccola comunità giapponeseluminosa e vibrante.
È un album che racchiude momenti di vita quotidiana e che come tale è fatta di momenti più lenti, e di momenti più vivaci. L’album infatti non presenta un ritmo costante, apparendo più come una raccolta di registrazioni di vita comune che come un vero e proprio album musicale, ma ciò non deve trarre ininganno, poiché è proprio questa caratteristica a rendere tale opera così unica nel suo genere.
Tra le canzoni più memorabili dell’album segnaliamo Ooharu, dove il timido inizio di pianoforte viene a mano a mano accompagnato da canti e persone in festa, in un climax che va sempre in un crescendo. Troviamo poi la serie delle canzonidelle feste utagaki, dove in particolare la seconda traccia, Utagaki #2, risalta più di tutte con la sua forza, presentando una commistione peculiare tra strumenti tradizionali e più classici come il pianoforte e il violoncello.
Kagayaki racchiude dentro di sé una intera comunità, fatta di persone, canti, celebrazioni, dialoghi, ed è proprio per questoche l’ascolto di tale opera è capace di essere così immersiva nelsuo ascolto. Fatevi quindi un favore e immergetevi per 1h e 15min in questo mondo che pare essere uscito da una vera e propria favola giapponese.
L’associazione Takamori è lieta di annunciarvi il ritorno al Cinema Rialto con il primo appuntamento della rassegna primaverile Asian Film Selection Martedì 7 febbraio alle ore 21:00, in collaborazione con Asia Institute e circuito cinema Bologna.
Il film che vi proponiamo per cominciare la rassegna è Samurai’s Promise, in originale Chiritsubaki, un dramma storico del 2018, diretto da Kimura Daisaku. Il film è basato su un romanzo di Hamuro Rin dallo stesso nome, pubblicato nel 2012 da Kadokawa.
Il film parla di Uryu Shinbei, un samurai esiliato dopo aver denunciato la corruzione di un suo superiore. Sua moglie, ormai in fin di vita, gli chiede di ritornare nel loro paese per vedere lo sfiorire delle camelie al posto suo. Tuttavia, al suo ritorno, Uryu Shinbei scopre che i tumulti politici che ha lasciato dopo il suo esilio non sono ancora risolti, e vi rimarrà coinvolto nuovamente.
La pellicola è stata molto ben ricevuto dalla critica e dal pubblico, e ha vinto il gran premio speciale della giuria al festival mondiale del cinema a Montreal.
Vi aspettiamo in numerosi al cinema il 7 Febbraioalle ore 21:00 e, come di consueto, vi aspettiamo prossimamente sui nostri canali social e sulla nostra homepage takamori.it.
Matsuda Aoko esordisce nel 2013, inizialmente traduttrice, e in questa serie di racconti “Nel paese delle donne selvagge” (in originale Obachantachi no irutokoro) ci porta all’interno del folklore giapponese riscritto in chiave moderna. L’autrice infatti reinterpreta leggende, storie della tradizione e commedie del teatro kabuki con protagoniste femminili stigmatizzate, traslandole nel mondo di oggi e dandone una visione femminista. I 17 racconti che inizialmente ci sembrano slegati tra loro rivelano con il proseguire della lettura una cornice che li collega. Matsuda Aoko afferma:
“Quando sono diventata adulta, mi sono anche resa conto di come queste vecchie storie riflettessero e incoraggiassero le persone a interiorizzare visioni misogine nei confronti delle donne, dato che la maggior parte delle volte queste storie erano scritte e raccontate da uomini. Quindi, pur amandole molto, ho sempre avuto sentimenti contrastanti nei loro confronti e, scrivendo Nel paese delle donne selvagge, ho voluto creare uno spazio in cui tutti i fantasmi femminili potessero divertirsi e trovare nuove vite.”
Ci racconta infatti una società ancora maschilista dove però le protagoniste riescono a liberarsi e ad esprimere il loro io più profondo abbracciando la propria natura attraverso i personaggi della tradizione. Inoltre, i racconti si delineano in stili diversi tra cui possiamo trovare la lettera, ma anche la narrazione in prima persona, possono avere un tono comico e nello stesso tempo drammatico senza risultare confusionari. I veri fantasmi raccontati in questa raccolta sono quelli in realtà creati dalla società capitalista e patriarcale come: i luoghi di lavoro dove le donne vengono continuamente sottovalutate, le critiche rivolte ad una madre single e il mondo industriale della bellezza che cresce grazie all’odio delle donne verso se stesse.
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