Titolo: The Midnight Samurai

Titolo originale: たそがれ清兵衛

Regista: Yamada Yōji

Uscita al cinema: 2 Novembre 2002

Durata: 129 minuti

 

La Trama

Seibei Iguchi è un samurai di basso rango del Clan Unasaka che dopo la morte della moglie per tubercolosi si trova ad affrontare mille difficoltà quotidiane; infatti, deve crescere e accudire le due figlie di 5 e 10 anni e curare la vecchia madre affetta da demenza senile, ed è costretto a sfuggire alla vita sociale e la compagnia degli amici guadagnandosi così il nome di “Seibei il Crepuscolo”. Tuttavia le cose cambiano quando Seibei rincontra dopo tanti anni un’amica d’infanzia, Tomoe, sorella di un suo vicino tornata a casa dopo il divorzio da un prepotente Samurai più anziano di lei. Egli a seguito di un litigio con il fratello di Tomoe, si troverà a sfidare a duello Seibei, subendo un’umiliante sconfitta. A seguito di ciò un anziano samurai si avvicinerà a Seibei, portandolo a riavvicinarsi alla sua vecchia vita da guerriero.

Il Crepuscolo del Samurai

Narrato in retrospettiva dalla figlia adulta del protagonista, il cui voice-over mai invadente scandisce l’incedere della trama e poi la chiude su una nota di ineluttabile amarezza, The Twilight Samurai è un film profondamente umano sull’amore corrisposto ma impedito dalle circostanze, tutto giocato su un senso pudicissimo del romanticismo e sulla gravità della violenza, mai cinematografica ma essenziale e realistica anche grazie all’uso reiterato della profondità di campo, che dona alle scene prossimità ma anche distacco.
Tutto com’è incentrato su un uomo piegato, ma mai schiacciato, sotto il peso dei suoi doveri, sia istituzionali che privati, sia professionali che affettivi, è un’opera che della figura del samurai esalta la disciplina ma anche la dolcezza, la poesia, un’opera in grado di aggiungere sempre qualcosa in più ai propri personaggi con ogni dialogo o sguardo: che sia un’emozione o un pensiero, un timore o una diffidenza, Yamada Yōji è attentissimo a trasmettere sensazioni e aspettative attraverso ogni inquadratura. Ben più interessato ai sentimenti che all’azione il regista delinea un’epica del quotidiano e un’esaltazione della vita – anche di fronte alla morte – senza trascurare nulla dell’esistenza di un uomo, dai grandi rimpianti alle piccole gioie, dalle fatiche alle leggerezze.
Arriva addirittura a tratteggiare, con estrema padronanza del mezzo filmico, un passato sempre fuori campo e un futuro già scritto che però non si vedrà mai.

—recensione di Massimo Magnoni.